Intervista esclusiva a Wayne Rainey: tra carriera, MotoGP e USA

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Tempo di lettura: 8 minuti
di Andrea Ettori @AndreaEttori
24 Gennaio 2021 - 10:00

Un altro grande personaggio del motorsport si racconta a P300.it. Ecco l’intervista a Wayne Rainey

Wayne Rainey è un personaggio entrato nella leggenda del motociclismo e del motorsport grazie ai tre titoli mondiali conquistati nei primi anni ’90 nella classe 500cc. Vincitore di 24 gare, ha lasciato un segno indelebile non solo nel motociclismo americano ma anche in quello europeo.

Rainey, nel momento migliore della sua carriera, ha alzato il livello di concentrazione e guida senza errori che il suo predecessore, Eddie Lawson, aveva portato nel mondiale ottenendo grandi risultati. Dotato di un mix di eleganza e aggressività probabilmente unico nella storia, Rainey ha battuto campioni del calibro di Kevin Schwantz, Michael Doohan, Wayne Gardner e lo stesso Lawson.

La caduta di Misano nel 1993 ha purtroppo stroncato la carriera di uno dei più grandi piloti della storia, privandoci di un talento eccezionale. La seconda vita di Rainey, prima come team manager e poi come presidente del MotoAmerica, ruolo che ricopre anche oggi dopo aver festeggiato i 60 anni di età, ha dimostrato ancora una volta come anche l’uomo sia di grandissimo livello e spessore.

In questa intervista a 360° tra carriera, attualità e Stati Uniti che Rainey ha gentilmente concesso a P300.it, scoprirete qualcosa di più sul tre volte campione del mondo della classe 500cc.

Grazie per l’intervista, è un onore. Come stai e com’è la situazione del Covid in California?
“Sto bene. Ovviamente il mondo è un posto molto differente rispetto a prima del Covid, ma al di là di tutto io, la mia famiglia e anche il MotoAmerica siamo andati avanti e le cose sarebbero potute andare molto peggio”.

Quanto è stato difficile organizzare la stagione 2020 del MotoAmerica e cosa ti aspetti dal 2021?
“Siamo stati il primo campionato motociclistico a ripartire nel 2020 e questo è stato molto bello. Ovviamente la stagione è stata molto difficile dal punto di vista dell’organizzazione ma sono fiero che si sia riusciti a completare un campionato completo mantenendo il paddock in salute. Credo che le cose andranno meglio nel 2021. Con i vaccini a disposizione, credo che gli spettatori possano essere invogliati a tornare a seguire eventi sportivi. Non torneremo alla normalità per un po’, ma penso che torneremo ad avere spettatori ad ogni nostro evento e che le gare torneranno ad essere percepite come prima”.

Quanto ti ha fatto piacere il tributo ricevuto da Toni Elías, che ha portato in gara un casco simile al tuo?
“È stato un bel gesto da parte di Toni. Presumo di essere stato uno dei suoi eroi di gioventù ed è bellissimo vedere la vita che è riuscito a costruirsi in America. È stato un grande acquisto per il MotoAmerica, ha portato un sacco di attenzione in più al nostro campionato”.

Come giudichi il futuro del movimento motociclistico americano? C’è un pilota particolare su cui punteresti l’attenzione?
“Il nostro piano di portare piloti verso il campionato del mondo sta iniziando a pagare i dividendi. Garrett Gerloff è uno dei migliori piloti di Superbike del mondo e anche quest’anno sarà protagonista nel mondiale. E Cameron Beaubier, cinque volte campione americano, raggiungerà Joe Roberts in Moto2, quindi siamo felici di come stanno progredendo le cose. Abbiamo un sacco di ottimi piloti nel nostro campionato e molti giovani stanno crescendo all’interno del nostro sistema. Non c’è davvero un pilota su cui punterei l’attenzione, perché credo che questa sarà una stagione molto serrata tra molti contendenti, vedremo se ci saranno uno o due piloti in grado di fare grande passo avanti”.

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31 anni fa hai vinto il tuo primo mondiale in 500cc, qual è il primo ricordo di quella stagione?
“Il 1990 è stata la mia terza stagione in 500cc. Era il primo anno della sponsorizzazione Marlboro e il mio compagno di squadra era Eddie Lawson, il campione in carica. Yamaha produsse una moto molto buona, era il mio terzo anno su quella moto e venne sviluppata sulle mie indicazioni. Era fatta su misura per me e quando passammo alle gomme Michelin come tutti gli altri team riuscimmo ad essere veloci da subito. Eravamo sempre in lotta per la vittoria e iniziai la stagione con un paio di vittorie consecutive. Se non ricordo male, arrivai sul podio in tutte le gare a parte una. Fu una stagione incredibile, vincemmo il titolo a tre gare dalla fine, una sensazione che non dimenticherò mai”.

C’è un episodio riguardante i tuoi tre mondiali che non hai mai potuto raccontare ma che puoi raccontare ora?
“Si passa attraverso molti episodi che di per sé non sono importanti, ma che sommati formano il ‘dramma’ di competere per dei titoli mondiali. A volte la moto era buona, altre ho dovuto fare la differenza io. Devi avere un team che creda in te e devi credere a tua volta in te stesso. Le 500cc sono moto indimenticabili, era facilissimo commettere errori. La cosa di cui vado più fiero è l’essere stato il pilota più costante in quegli anni, fino al mio incidente”.

Quale pensi che sia stato il miglior Wayne Rainey di sempre?
“Credo quello del 1993, il mio ultimo anno. Avevo già vinto tre mondiali e tutti in maniera differente. In quell’anno non avevamo sempre il pacchetto migliore e dovetti passare anche attraverso qualche infortunio, ma riuscii a capire appieno di cosa avevo bisogno come pilota e di cosa avevo bisogno per tenermi sempre motivato e per essere il migliore. Ci sono state occasioni, in quegli anni, in cui sono rimasto lontano dai migliori o in cui non disponevo del pacchetto migliore e mi incitavo ad essere competitivo, a volte ad un livello tale che quasi riuscivo a percepire l’adrenalina, la assaporavo. Fu un’esperienza strana”.

Quanto era sentita la sfida tra Yamaha, Honda e Suzuki a quel tempo?
“Tutte le Case, che vincessero o meno il campionato, erano in una fase continua di sviluppo in vista dell’anno successivo. A volte chi perde il campionato ha un vantaggio per la stagione dopo, perché chi vince ha una sorta di obiettivo sulla propria schiena e tutti lavorano duramente per togliergli il titolo. Vincere tre mondiali di fila significa avere un bersaglio molto grande sulla schiena. Questo ha portato le altre Case a lavorare sempre più duro e i risultati si sono visti.

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C’era una grande competitività, tutti volevano vincere. Per esempio Honda ha vinto il mondiale 1989 e non ci è più riuscita fino al 1994, ma poi lo ha vinto per cinque anni di fila. La sostanza è che tutti lavoravano molto sodo ma noi siamo stati capaci di vincere costantemente in un’epoca in cui era difficile farlo. Tutti e tre i costruttori volevano assolutamente vincere e ogni anno era una sfida serrata, contro Doohan siamo arrivati alle ultime due gare e anche nel 1993 contro Schwantz e Suzuki”.

Quanto sei stato realmente vicino a firmare per Cagiva nel 1993?
“Ho avuto una trattativa molto seria con Cagiva, ho visitato anche la loro fabbrica e ho avuto modo di osservare il loro lavoro e l’impegno che ci mettevano. Dettai loro le mie condizioni, dando una deadline. Per loro era dura, perché tutto questo implicava un impegno davvero grande, ma non rispettarono la scadenza e così io andai avanti con Roberts e Yamaha. Mi chiamarono il giorno successivo, ma era tardi. Risposi che avevo già firmato l’accordo con Kenny. Sì, arrivammo veramente vicini”.

Come giudichi l’attuale livello della MotoGP e cosa pensi di ciò che sta accadendo a Marc Márquez?
“Credo che la MotoGP abbia raggiunto un alto livello di competitività l’anno scorso perché il pilota migliore ha subito un infortunio. Spero che Márquez possa tornare dall’infortunio e a gareggiare ai vertici, ha un grande talento ed è molto divertente da vedere, credo inoltre che gli altri piloti abbiano bisogno di un obiettivo come lui da raggiungere. È diventato lo standard con cui gli altri devono confrontarsi”.

Pensi che Valentino Rossi possa tornare ad essere protagonista quest’anno con il team Petronas?
“Valentino ha corso per tanto tempo e con grande successo, non ho dubbi che possa continuare ad essere protagonista. In qualche modo riesce sempre a trovare stimoli e un cambio di team potrebbe essere ciò di cui ha bisogno per tenere alta la motivazione per questa stagione e anche oltre, se dovesse continuare. La sua esperienza è ineguagliabile, non riesco a pensare che con il nuovo team possa non avere successo”.

Conosci molto bene il mondo Yamaha, che idea ti sei fatto dei loro ultimi risultati e delle difficoltà che hanno avuto?
“Non sono così dentro l’ambiente per conoscere dettagli di cosa sia successo nel team e dei problemi tecnici che hanno avuto, ma le moto attuali sono davvero molto tecnologiche e sofisticate. Possono utilizzare solo un certo numero di motori e se durante la stagione si scopre una componente fragile può diventare un disastro, questo è successo in Yamaha. Hanno recuperato verso fine stagione, ma questi problemi potrebbero essere costati il mondiale costruttori”.

C’è un pilota in cui ti rivedi?
“Lo scorso anno, senza Márquez, si sono visti tanti piloti vicini tra loro e credo che Mir mi abbia un po’ rispecchiato, è salito sul podio con grande costanza ma adesso deve iniziare anche a vincere delle gare”.

Vuoi lasciare un messaggio a tutti i fans italiani che ancora ti amano e ti ricordano con affetto?
“Conservo con grande affetto ricordi della mia carriera di pilota e delle mie gare in Italia. I fans italiani sono tra i migliori al mondo e hanno grande passione per il motorsport”.

Ringraziamo Wayne Rainey per l’intervista concessaci e gli auguriamo buona fortuna per la nuova stagione del MotoAmerica.

(Si ringrazia Federico Benedusi per la collaborazione) .

Immagini: Twitter / SBK e Twitter / MotoAmerica

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