Brembo

Intervista a Ricky Brabec, vincitore Dakar moto 2020

di Andrea Ettori
AndreaEttori
Pubblicato il 3 Febbraio 2020 - 10:00
Tempo di lettura: 4 minuti
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Intervista a Ricky Brabec, vincitore Dakar moto 2020
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P300.it ha avuto l’onore di intervistare Ricky Brabec, vincitore dell’edizione 2020 della Dakar per quanto riguarda la categoria moto. Una vittoria storica perché, oltre ad essere la prima in assoluto di uno statunitense nel raid più importante del mondo, ha segnato il ritorno al successo di Honda dopo 31 anni e la fine della striscia di successi targati KTM che durava dal 2001.

Vincitore di due tappe sulle 11 effettivamente disputate, il 28enne californiano ha conquistato la leadership della classifica generale con il successo nella terza frazione e da quel momento non l’ha più lasciata, precedendo Pablo Quintanilla di 16’26” e Toby Price di 24’06”.

Ringraziamo HRC e Ricky per l’intervista, che vi proponiamo di seguito, e auguriamo loro un’ottima stagione 2020.

Ricky, dopo qualche giorno sei riuscito a realizzare l’impresa che hai compiuto?
“Ancora non ci credo, è stato piuttosto facile e penso che abbiamo svolto un grande lavoro. Più è facile e meglio è, ma ho anche speso molto tempo ad allenarmi al caldo nel Deserto del Mojave…”.

Come è stata l’accoglienza al tuo ritorno a casa?
“Grandiosa. Ero a casa mia, stavo dormendo e una trentina di persone sono venute a cercarmi insieme. Ho percepito molto affetto da parte di tutti”.

Come cambierà la tua vita questo successo alla Dakar?
“La vittoria alla Dakar non cambierà la mia vita, non permetterò che questo accada. Si tratta solo di una corsa. Abbiamo vinto, abbiamo completato il nostro lavoro, tutto quello che possiamo fare è rimetterci all’opera per vincere ancora”.

In che modo si vince una Dakar, a livello di preparazione?
“C’è molta più preparazione di quanto non si dica. Si lavora molto duramente nel deserto, ma anche al computer con i roadbook. Spendiamo molto tempo sulla moto. Si lavora su molti fattori per vincere una Dakar, non è come allenarsi su una moto da cross; nel deserto si prova, si studia il roadbook e si spende anche molto tempo lontano da casa”.

Come ti senti ad avere vinto una corsa storica come la Dakar, in particolar modo con Honda?
“La sensazione è bellissima. Ho interrotto la striscia di successi KTM, sono stato il primo statunitense a vincere la Dakar, peraltro su una Honda”.

Come hanno reagito i giapponesi alla tua vittoria?
“I giapponesi sono rimasti molto soddisfatti. Anche più di me singolarmente, perché ormai era l’ottavo anno che ci provavano”.

Quali sono le maggiori differenze tra i percorsi sauditi e quelli sudamericani?
“L’Arabia Saudita è più ‘vuota’, più desolata. In Sud America c’era più assistenza, quindi direi che in Arabia Saudita eravamo tutti più alla pari”.

In cosa ritieni di essere stato migliore rispetto ai tuoi avversari?
“Non saprei dirlo con precisione. Mi sono goduto i percorsi tra le rocce e le strade ad alta velocità, mentre magari altri ne sono rimasti più intimiditi. Sono stato molto veloce su percorsi sconosciuti, quelli rocciosi sono decisamente i miei preferiti”.

Quanta pressione hai avvertito durante le varie tappe, giorno dopo giorno?
“Non troppa a dire la verità. Ho solo cercato di mantenere la calma e di arrivare alla fine”.

Il dramma di Paulo Gonçalves ha sconvolto tutti: come hai reagito a questo momento difficile, come amico e come pilota?
“Abbiamo reagito come avrebbe voluto Paulo: siamo andati avanti a correre, lui ha provato diverse volte a vincere la Dakar, una vittoria Honda sarebbe stata l’esito migliore. Credo che lui, da lassù, sia rimasto davvero contento per la nostra vittoria”.

Quali sono i tuoi obiettivi per il resto del 2020 e per il 2021?
“Per il 2020 non ho obiettivi particolari, per il 2021 ovviamente vogliamo tornare a vincere la Dakar”.

Si ringrazia Federico Benedusi per la collaborazione.

Immagine copertina: dakar.com


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