Il nome di Johnny Cecotto evoca in noi appassionati un motorsport eroico e sostanzialmente irripetibile. Il venezuelano è stato il prototipo perfetto del pilota vincente a due e quattro ruote, capace di scrivere la storia sia del motociclismo che soprattutto dell’automobilismo.
Nel secondo degli speciali che P300.it sta dedicando alla stagione 1983 di F1 (qui il primo, riguardante la Race of Champions di Brands Hatch), lo stesso Cecotto ci racconta quella che è stata la sua annata d’esordio in F1, esattamente 40 anni fa, alla guida della Theodore. Un campionato che lo ha visto raccogliere l’unico punto iridato della carriera nella massima formula e che ha dimostrato le sue qualità di guida anche con le quattro ruote.
Ci racconti come eri entrato in contatto con il team Theodore?
“Morris Nunn mi ha chiamato personalmente a fine stagione di F2 per chiedermi se volessi correre in F1 con la sua squadra”.
Avevi percorso solo 30 giri nei test prima di Rio perché la macchina era rimasta bloccata in aeroporto, cosa ricordi di quella incredibile situazione?
“Ovviamente non ero preparato bene per la gara e mi ricordo che durante i primi giri a Rio sono rimasto impressionato dalla velocità della F1!”.
A Rio hai fatto una bellissima gara, superando anche la Ferrari di Arnoux: parlaci di quell’esordio.
“Come dicevo, non ero ben preparato ma sono stato ugualmente molto contento della gara”.
A Long Beach sei andato a punti nonostante dei problemini al cambio, che soddisfazione hai provato?
“Ero felice dopo le qualifiche del venerdì, avevo addirittura fatto il quarto tempo. Purtroppo il sabato dopo due giri ho stretto troppo una curva, toccando un muretto, ho piegato una sospensione e siccome la pista era più veloce del venerdì sono partito ultimo. In gara ho rimontato fino al quarto posto ma ho perso la terza marcia e con fatica sono arrivato sesto, ma comunque contentissimo della gara“.
Cosa ricordi di quel 1983 e che tipo di F1 era per te?
“Purtroppo la squadra era alla fine della sua storia e non aveva nessun budget per andare avanti, non riuscendo nemmeno a finire la stagione. L’ambiente della F1 allora era molto gradevole e avevo tanti amici!”.
Immagine: Kurt Oblinger
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