Intervista a Daryl Beattie, l’uomo che sfidò Doohan e Honda con la Suzuki

Interviste
Tempo di lettura: 6 minuti
di Andrea Ettori @AndreaEttori
5 Aprile 2023 - 11:29

Nel corso degli ultimi anni vi abbiamo spesso proposto interviste a protagonisti del mondo del motorsport a due e quattro ruote. I nostri approfondimenti cercano di raccontare attraverso le parole dei piloti, o degli addetti ai lavori, pagine di storia che partono da anniversari o avvenimenti particolari.

Questa volta il protagonista della nostra intervista è l’australiano Daryl Beattie, pilota della classe 500 a metà anni ’90 e vincitore anche di una 8h di Suzuka. A 30 anni, nel 1993, l’australiano coglieva sul leggendario tracciato di Hockenheim la sua prima vittoria nella classe regina del “vecchio” Motomondiale in sella ad una moto altrettanto leggendaria, ovvero la mitologica Honda NSR griffata Rothmans e spinta dal mostruoso motore “big bang”.

Beattie ha corso negli anni dove il binomio America-Australia dominava la 500 ma soprattutto ha ereditato i gradi di capitano nel team Suzuki dopo il ritiro tra le lacrime, nella sala stampa del Mugello nel 1995, di Kevin Schwantz. Quella stagione, nonostante la pressione ereditata a sua volta da Schwantz e dopo un 1994 complicatissimo con Yamaha, è stata la migliore nella carriera di Beattie. Un testa a testa per buona parte del campionato contro sua maestà Mick Doohan che ancora oggi viene ricordato dagli appassionati.

Quel secondo posto nel mondiale è un risultato eccezionale nella carriera di Beattie, impreziosito anche dalla differenza tecnica tra la Honda di Doohan e la sua Suzuki a favore ovviamente del numero 1. In questa intervista leggerete diversi passaggi della carriera del pilota australiano.

30 anni fa vincesti la tua prima gara a Hockenheim. Cosa ricordi di quella corsa?
“I miei primi ricordi di Hockenheim sono la velocità con cui affrontavamo la prima curva e le scie a 320 km/h, nonostante a quei tempi le alte velocità rendessero dura la vita delle gomme. Non era un circuito molto tecnico, ma era sempre una bella esperienza. Da quello che ricordo, Itoh usò il motore a iniezione in quella gara”.

Spiegaci in dettaglio che “bomba” fosse la Honda NSR nel biennio 1992-1993.
“Nel 1992 corsi con la NSR 500 in Giappone, ma la mia prima stagione nel mondiale fu il 1993. Quando arrivai, sia Gardner che Doohan avevano un set-up di telaio personalizzato e io preferii quello di Mick. Devo dire che lui e Jeremy Burgess fecero funzionare la NSR molto bene, a livello di cilindri e scarichi, tirarono fuori una buona velocità di punta e la resero anche più guidabile. La moto a iniezione era più difficile da guidare, accelerare quando non c’era il massimo del grip era complicato e non venne utilizzata a lungo”.

Cosa rappresentò per te la vittoria alla 8h di Suzuka? Contribuì a cambiare qualcosa nella tua carriera?
“Suzuka è stata speciale per diverse ragioni. Ai tempi correvo con HRC in Giappone e quello era un po’ come un circuito di casa, vincere la 200km e la 8h in seguito fu davvero speciale e sentii di avere ripagato Honda per avermi messo in sella”.

Perché hai lasciato Honda?
“Lasciai Honda dopo avere concluso il mio primo mondiale al terzo posto perché loro volevano farmi correre sulla RC45 in SBK. Mi dissero che per loro era importante avere una nuova moto vincente nel mondiale SBK e volevano che fossi io a portarla al successo. Io però lo sentivo come un passo indietro per la mia carriera, quindi passai al team di Kenny Roberts. Che disastro!”.

Che tipo di “shock” è stato passare dalla Honda del 1993 alla Yamaha del 1994?
“Della YZR mi piacquero la distribuzione della potenza e la maneggevolezza, ma non mi sono mai trovato a mio agio con la gomma Dunlop anteriore e ho fatto davvero tanta fatica a trovare confidenza. A Le Mans ho perso tutte le dita del piede sinistro e da quel momento la stagione è andata sempre peggio. Riguardandomi indietro, fu una pessima scelta per la mia carriera”.

Ti aspettavi un 1994 così difficile?
“Pensavo che il 1994 sarebbe stato grandioso, con un team molto competitivo. Credo che dopo l’incidente di Rainey a Misano nel 1993 la squadra abbia faticato a ritrovare la strada, la versione 1994 della YZF venne accantonata dopo dei test off-season molto difficili. Decisero di ritornare alla moto 1993”.

Come nacquero i contatti con Suzuki?
“Fu proprio Schwantz ad avviarmi al contatto con Suzuki. Sono tornato alle gomme Michelin e ho avuto un grande gruppo di persone attorno a me. Mi sono sentito a casa con quei ragazzi”.

Cosa ci puoi dire di quel 1995? Per quanto tempo hai pensato di poter contendere il titolo a Doohan?
“Nel 1995 mi sono sentito in forma come non mai, abbiamo iniziato molto bene la stagione. Il ritiro di Kevin a inizio campionato fu uno shock, ma la squadra è rimasta concentrata. Avevamo a disposizione un buon pacchetto e fino al mio errore ad Assen, quando mi ruppi una clavicola in prova, siamo riusciti a dare battaglia a Doohan e a Honda”.

La versione 1995 della Suzuki è effettivamente la miglior moto che tu abbia guidato? Che caratteristiche aveva?
“La miglior moto in assoluto per me resta la Honda del 1993. La Suzuki era una buona moto, difettava di un po’ di cavalli”.

Negli anni seguenti hai patito diversi problemi fisici, cosa ricordi delle strutture Suzuki in quel periodo?
“Per il 1996 pensavamo di poter davvero vincere il campionato, dopo un 1995 competitivo. Suzuki lavorò duramente per trovare maggior potenza. Questo, però, portò a tutti gli effetti al mio ritiro. Svilupparono una nuova tipologia di pistoni ma in diversi test questi patirono delle rotture e io rimediai alcuni grossi incidenti ad alta velocità, riportando anche commozioni cerebrali. Solo la caduta del Paul Ricard fu colpa mia. Mi fratturai delle ossa del cranio e un polso, oltre alla perforazione di un polmone. Poi ebbi difficoltà di equilibrio, venni operato alle orecchie in Australia perché scoprii di avere riportato anche una frattura all’orecchio medio”.

Che attività ricopri oggi?
“Gestisco il sito www.darylbeattieadventures.com.au con un buon supporto da parte di Honda Australia e Michelin, nonché di sponsor di lunga data dai tempi delle corse. Mi sono sposato per la seconda volta e devo dire che mi trovo molto meglio. Mio figlio ha 22 anni e fa il pilota di aerei, ho avuto anche una figlia che ora ha sei anni. Mi sento davvero fortunato! Grazie per avere pensato a questa intervista, mi sento un po’ ‘rovinato’ dopo tutti questi anni! Un saluto a tutti i fans italiani”.

Immagini: Box Repsol, Dieter Gerhards, Yamaha Media Center

Leggi anche

Tutte le ultime News di P300.it

È vietata la riproduzione, anche se parziale, dei contenuti pubblicati su P300.it senza autorizzazione scritta da richiedere a info@p300.it.

LE ULTIME DI CATEGORIA
Lascia un commento

Devi essere collegato per pubblicare un commento.

COLLABORIAMO CON

P300.it SOSTIENE

MENU UTENTE

REGISTRATI

CONDIVIDI L'ARTICOLO