Innalzarsi sopra l’odio

di Alyoska Costantino
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Pubblicato il 2 Settembre 2017 - 21:00
Tempo di lettura: 4 minuti
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Innalzarsi sopra l’odio

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Lo slogan “Rise Above Hate” lo vidi per la prima volta sei anni fa, in un mondo forse sconosciuto ai più che leggeranno quest’articolo: quello del wrestling, spesso aspramente criticato da chi lo conosce poco o nulla ma che, in alcuni casi, può dare messaggi importantissimi anche per la vita di tutti i giorni. A lanciare codesto slogan è stato quello che era, ed è ancora, la star di quel mondo, che tutti hanno sentito nominare almeno una volta: John Cena. Avevo quattordici anni la prima volta che vidi quella t-shirt nera con scritte rosse, bianche e blu, ma il significato credo di averlo capito solo in questi ultimi anni.

Fazioni, fanatismo, anche ossessione a volte. Ecco cosa ho visto, a malincuore, nelle ultime annate di motociclismo, di MotoGP. Un vero e proprio scontro, quasi una guerra fatta di parole e colpi (metaforici) di tastiera, che si consuma ormai da 680 giorni, ovvero dall’intervista in cui Rossi a Sepang ha riportato un comportamento anomalo di Marquez nella precedente gara a Phillip Island. Il conflitto tra i due si è congelato da più di un anno oramai, rimanendo avversari in pista ma non più nella vita. Ma mentre i due fenomeni sotterravano l’ascia di guerra, i loro “sostenitori”, chiamiamoli così, avrebbero continuato la loro piccola e personale guerra, che tanto piccola però non era.

E così, basta un infortunio di Valentino in enduro e una presunta, quanto falsa, presa in giro di Marquez che posta una banalissima foto su Twitter con la sua moto da cross per scatenare una vera e propria bomba a orologeria, il cui timer aveva però cominciato a ticchettare parecchio tempo prima. Gente che schiuma rabbia, gente che insulta, che pesta i piedi per il nulla. E a rincarare tremendamente le cose, ci pensano pure alcune figure di spicco che gridano alla “vendetta”, a una punizione esemplare per Marquez fatta dallo stesso Valentino: la perdita del mondiale, a vantaggio dell’unico italiano in lizza oramai per il titolo della classe regina, Andrea Dovizioso.

Quando ieri, durante il podcast Stop&Go di P300, ho postato la domanda ai cari Benedusi ed Ettori riguardo a un possibile “biscottone all’italiana”, ero sicuro che la risposta dei miei due colleghi sarebbe stata la stessa mia: molto improbabile, se non impossibile. Io, conservando un minimo di malizia, pongo le chance sotto l’1% per questa cosa, ma augurare che succeda nuovamente un altro scandalo simile al mondo dello sport secondo me è pazzesco, stupido e ingiusto. E se credete che nessuno possa arrivare a tanto, v’invito caldamente a cliccare sul seguente link, per dimostrarvi fino a che punto certa gente si può spingere per fanatismo… e non solo per quello. E si ha persino il coraggio di dire “fallo per te, per la vendetta, per l’Italia, per entrare ancora di più nella storia”. Ma per favore!

Le notizie di Rossi infortunato o di Rossi vs. Marquez oramai sembrano quasi diventate un mezzo per avere click e visual facili, per far scattare semplicemente reazioni in chi legge e non per dare delle informazioni legittime. Non che tutte siano false o che pongano questioni oramai superate, certamente, ma se anche fosse sotto al 5%, la cosa sarebbe inconcepibile. Posso capire coloro che urlano e sbraitano sui forum, i momenti anche di rabbia iniziale, ma a tutto c’è un limite.

E volete sapere secondo me quale dovrebbe essere il limite? Quello di smetterla, di smetterla di generare altro odio. Il mondo ne ha già abbastanza, e aumentarlo per questioni simili, ma anche tante altre, non è necessario. Smettiamola con gli hashtag #cadilo per sperare in un Iannone striker su chi non ci piace nelle varie gare, basta col porre questioni vecchie di quasi dieci anni come Glock che rallenta a Interlagos nel 2008, basta col fare i superiori verso gli altri quando si cerca solo di discutere su qualcosa, basta anche con le varie lotte tra veri e propri clan di squadre di calcio… sono cose che fanno del male e che ne generano solo ulteriore. Stop, per favore. Essere fan comuni di una cosa, che sia arte, musica, calcio o motociclismo, secondo me vuol dire avere in comune in qualcosa, di cui parlare amichevolmente in un bar con una birra in mano, sul divano coi propri amici, in autodromo organizzandosi e perché no, anche con semplici sconosciuti su dei banali forum, in maniera civile. Ecco la mia visione di “essere fan”.

Proprio come invitava John Cena ai tempi, innalziamoci sopra l’odio tutti quanti.

Fonte immagine: www.redbull.com

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