Ingegnere di pista, una passione diventata lavoro

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Tempo di lettura: 10 minuti
di Davide De Russis
13 Agosto 2021 - 10:00
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Inauguriamo con questo pezzo “Dietro le quinte”, il nostro nuovo blog nel quale Davide De Russis, giovane ingegnere di pista, ci racconterà la sua avventura da addetto ai lavori in pista. Ecco la sua presentazione

È iniziato tutto nel 2009. Anzi, forse nel 1992, quando sono nato. Ma prima mi presento: sono Davide De Russis, fondatore e race engineer di A Cup of Racing. In collaborazione con p300.it, vi accompagnerò in quel Motorsport che non si racconta, quello Dietro le Quinte, dove gli ingegneri e i meccanici fanno la differenza per mettere il pilota in condizione di correre al meglio delle sue possibilità una volta entrato in macchina. In pratica, tutto ciò che non è la punta dell’iceberg che si vede la domenica pomeriggio nelle piste del mondo. Cercherò di trasmettervi le emozioni legate all’odore di benzina ad alto numero di ottani e il cosa si prova a essere “la voce nelle orecchie del pilota”.

Ma come si diventa race engineers o, in italiano, ingegneri di pista? Con quattro attributi: passione, impegno, fatica e sbagliando tanto, ma sempre imparando qualcosa.

Passione per il Motorsport ne ho sempre avuta. Come dicevo, il tutto è iniziato nel 1992: 29 anni fa venivo al mondo e sin dall’infanzia la domenica pomeriggio attendevo con ansia di vedere la Formula 1, il Motomondiale, e qualunque cosa che avesse ruote e motore che la TV trasmetteva. Sono cresciuto così, a pane e Motorsport. Inizialmente, come tutti i bambini, volevo fare il pilota. Poi crescendo, mi ha sempre più appassionato il “come sono fatte le auto da corsa” e il “cosa posso fare per farle andare più forte”. Tutto ciò è sbocciato durante l’adolescenza, quando, dopo scuola, si passavano i pomeriggi a sistemare la moto, a modificarla per migliorare la performance. Le estati a fare il meccanico da un amico di famiglia che possedeva e possiede ancora un’officina autorizzata Ford vicino casa erano il motivo per arrivare a fine anno scolastico. Perché sì, la voglia di studiare era minima quando andavo a scuola.

Le cose sono cambiate al momento di decidere cosa fare “dopo”. Ero in terza liceo scientifico, le cose andavano molto male perché di studiare non se ne parlava e le ore passate in giro in moto erano sempre maggiori. Lì ho capito che se avessi voluto coltivare la mia passione e fare di quell’hobby avuto da sempre, quale era il migliorare le performance di mezzi a ruote e motore, bisognava impegnarsi. C’era “da mettersi sotto”. Materie “sotto” recuperate del tutto a fine anno e ultimi 2 anni di liceo dove lo studio non era più qualcosa da fare nel tempo libero, ma il lavoro principale della giornata. Tutto per iscriversi all’Università, in quella facoltà a cui passavo davanti ogni volta che andavo, con i miei genitori, a trovare mio fratello che si era trasferito a Torino per studiare Ingegneria Informatica. Facoltà a numero chiuso, si entra in 75: Ingegneria dell’Autoveicolo (Automotive Engineering) al Politecnico di Torino.

Test d’ingresso che non va bene come mi aspettavo (sicuramente potevo prepararmi meglio), mi nego da solo l’accesso ad Autoveicolo. Entro, comunque, nella mia seconda scelta (Ingegneria Meccanica), sapendo che per provare a trasferirmi ad Autoveicolo l’anno successivo avrei dovuto avere un certo numero di crediti acquisiti alla fine dell’anno. Nuova città, nuova vita, nuovo obiettivo si direbbe. L’anno dopo mi trasferisco (questa volta passando il test d’ingresso) ad Autoveicolo ed entro nella Squadra Corse del Politecnico di Torino che progetta da un foglio bianco, costruisce e fa correre una monoposto in Formula Student. Immaginate un po’ voi, la scelta su come impiegare il tempo tra progettare un’auto da corsa vera e studiare per gli esami dei primi anni di ingegneria, che emozionanti non sono, su cosa sia ricaduta.

Perdo l’anno per seguire la Formula Student. Imparo più di quello che l’università mi ha insegnato in soli pochi mesi di vero Motorsport, anche se a livello studentesco. Comincio a capire che l’università mi serve per avere il famoso “pezzo di carta” e qualificarmi come ingegnere, ma che solo con lo studio non avrei mai avuto l’occasione di mettermi nella posizione da ingegnere di pista che tanto sognavo da sempre. Così, mentre cerco di recuperare gli esami arretrati, lascio la Formula Student e comincio a cercare corsi specialistici in Race Engineering che mi diano una vera impronta lavorativa nel Motorsport non studentesco e mi permettano di mettere in pratica quanto imparato all’università fino a quel momento.

Trovo un’azienda a Milano che si occupa proprio di Race Engineering, supportando tecnicamente diversi team di diverse categorie in giro per l’Europa e per il mondo. Seguo un corso pratico specialistico di ingegneria di pista con loro e riesco a ottenere uno stage. Questo mi dà l’opportunità di iniziare a viaggiare per lavorare nel Motorsport come supporto per gli ingegneri di pista con più esperienza dell’azienda. Seguo test e gare in Lotus Cup Italia 2017, nel CTCC 2017 in Cina, e cerco di dare il mio contributo da casa per le gare del BTCC 2017. L’esperienza che acquisisco durante l’anno è senza limiti. Imparo tantissimo su come mettere a punto un’auto da corsa, quali caratteristiche le diverse categorie di auto hanno e come sfruttarle per migliorare la performance. Imparo anche che, a volte, la comunicazione e il fare team sono il problema più grande da superare per raggiungere il risultato sperato. Ma, soprattutto, che capire che errori si sono fatti, il perché sono successe determinate cose e come analizzare un week end di gara per evitare gli stessi errori è il modo migliore per migliorarsi sempre e comunque. Da quel momento in poi, capisco che è un approccio che può valere in tante cose, anche al di fuori del Motorsport. Può essere uno stile di vita e decido di adottarlo.

Mi laureo in Ingegneria dell’Autoveicolo proprio nel 2017, finiti i vari campionati. È il momento di decidere che mestiere voglio fare per vivere. Per quanto l’anno passato per le piste mi abbia formato e mi sia rimasto dentro, decido che non posso lavorare nel Motorsport senza prima aver provato altre posizioni lavorative. Così trovo uno stage di tre mesi da Mechanical Designer presso una piccola azienda del Canavese che progettava one-off show cars. Lavoro da designer più che altro, ma che mi fa imparare come si usano per bene i software di progettazione e, soprattutto, che non sono fatto per stare otto ore dietro un PC a progettare. Dopo i tre mesi di stage, decido definitivamente che è il Motorsport l’ambito in cui voglio lavorare. Purtroppo, in Italia, solo con una laurea triennale non sei sufficientemente qualificato per lavorare nei posti “che contano”. È il momento di emigrare.

Completo il processo di application per un’università di Oxford, la Oxford Brookes University, che tiene una laurea magistrale in Motorsport Engineering. Tra i corsi, tanta aerodinamica, dinamica del veicolo e race engineering. Tanta ingegneria pratica e tanti collegamenti con i team di Formula Uno che hanno sede tutti in quella zona dell’Inghilterra di cui Oxford è il centro, la Motorsport Valley. Inaspettatamente, vengo ammesso. È settembre 2018 quando saluto l’Italia e mi trasferisco in Inghilterra. Ad oggi, una delle scelte migliore che abbia fatto. Ho sacrificato tanto negli ultimi tre anni, ma quello che ho guadagnato come esperienza nel mio lavoro e per le persone di cui mi sono circondato da quando vivo in UK, lo compensano alla grande.

Finisco nei 12 mesi previsti il corso di Laurea Magistrale in Motorsport Engineering alla Oxford Brookes University e prima ancora di avere in mano la Laurea, iniziano i colloqui in Formula 1 e non solo. Alla fine, M-Sport mi assume come Junior Race Engineer per il loro progetto Bentley GT3. Sicuramente meno famoso del progetto Ford WRC, ma comunque un’azienda di alto livello nel Motorsport da cui posso imparare a livelli altissimi. Quello che mi serve. Tutto bene fin qui, ma di mezzo ci si mette una pandemia mondiale. È infatti marzo 2020 quando inizio ufficialmente a lavorare per M-Sport nel team factory Bentley. Tempo di un test al Paul Ricard per il World GT Challenge 2020 e il Covid-19 mi fa perdere il lavoro che tanto avevo cercato di guadagnarmi in anni. Dopo un mese.

In un periodo di stop per tutti, dove sport e turismo sono stati colpiti negativamente forse più di altri settori, cercare di essere un Race Engineer con tutto quello che ne consegue in termini di viaggi e vita in ambienti sportivi è abbastanza difficile. Così, da casa inizio a interessarmi maggiormente a quella parte di Motorsport che è sempre stata li, ma che, prima del Covid-19, non era mai realmente stata considerata come una vera parte di Motorsport: il Sim Racing. Lavoro per un team Sim Racing italiano, dando supporto tecnico su setup, driving coaching, e performance management. Li mi viene l’idea: non è nulla di diverso da quello che normalmente un Race Engineer fa nel mondo reale per quanto l’approccio sia diverso.

Il riscontro dai membri del team è ottimo, le prestazioni migliorano e tutti impariamo qualcosa, sessione dopo sessione. Nasce così A Cup of Racing, con l’idea di creare un posto in cui Motorsport e Sim Racing possano convivere tecnicamente. Un team amatoriale o professionista, così come il singolo individuo appassionato di Sim Racing, possono avere il supporto tecnico di un race engineer che ha lavorato in piste reali, con team e piloti reali durante gli anni. L’esperienza è unica, soprattutto se pensata al contrario: A Cup of Racing può essere il punto di contatto mai esistito tra il Motorsport reale e il Sim Racing. Il 2020 finisce con buoni risultati nel Sim Racing e la vittoria come Team e il Secondo Posto nella categoria Trophy dell’ADAC GT4 2020, con me come Race Engineer responsabile di una Porsche 718 Cayman GT4 Clubsport.

Ottimi presupposti per il 2021 che si confermano con il Sim Racing dove, supportati da A Cup of Racing, un team partner domina lo Split 2 Classe GTE della 12h di Sebring 2021 su iRacing fino a un incidente a 2 ore dalla fine che ci mette fuori dai giochi quando il vantaggio sul secondo era di un giro e mezzo. Per il Motorsport reale ci vuole un po’ di più per ottenere qualche conferma dal lavoro portato avanti nel 2020, ma alla fine divento main Race Engineer per un team scandinavo che corre nel GT4 Scandinavia con BMW M4 GT4. Niente test prestagionali, nessuna idea di come sia strutturato il team, ne di quale sia il livello dei piloti. Dopo la prima gara siamo primi in campionato PRO-AM sia team che piloti con una vittoria in Gara 1 e un terzo posto in Gara 2. Ma di questo si potrà raccontare più avanti. Il focus ora è sul mantenere la leadership del campionato PRO-AM GT4 Scandinavia. Inoltre, il 2021 rappresenta la mia prima esperienza con una Formula 4 come Race Engineer, in quanto A Cup of Racing sarà presente al Paul Ricard a fine ottobre per i FIA Formula 4 Motorsport Games 2021.

Questo è chi sono, quello che faccio e come sono arrivato dove sono oggi. Tanto da imparare ancora e da raggiungere nei prossimi anni, ma lo potrete leggere nelle righe di “Dietro le Quinte” articolo dopo articolo, aneddoto dopo aneddoto, per scoprire insieme cosa c’è dietro a un weekend di gara vincente o perdente.

Per il resto, come è sempre stato in questo fantastico mondo qual è il Motorsport…

…KEEP PUSHING!!!

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2 Commenti su “Ingegnere di pista, una passione diventata lavoro”
Davide De Russis dice:

Ciao Paolo,

ti ringrazio molto! E’ stata una parte di strada molto importante per me quella fatta insieme! Apprezzo il tuo commento!

Sempre avanti così, c’è tanto da raggiungere ancora 🙂
Chissà che magari ci rincontriamo in qualche pista prima o poi! Mi farebbe piacere!

Paolo Stanzani dice:

Ciao Davide ….. un pezzo della tua strada lo abbiamo fatto assieme …… su fronti diversi , onestamente mi erano risultate chiare le tue possibilità …… e sono molto contento degli obiettivi che hai raggiunto …… avanti .. non è finita !!!!!
P.Stanzani

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