Indycar, pazza Sonoma: Dixon è campione

IndyCar
Tempo di lettura: 8 minuti
di Andrea Gardenal
31 Agosto 2015 - 08:00
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Ancora una volta la Indycar non ha deluso le aspettative: l’ultimo round stagionale sul circuito stradale di Sonoma ha regalato una gara intensa e spettacolare, combattuta fino all’ultimo giro, al termine della quale a spuntarla è stato Scott Dixon, vincitore sul tracciato californiano per il secondo anno consecutivo; questo risultato, unito ai 3 punti bonus conquistati per aver condotto la gara per il maggior numero di giri e al contemporaneo sesto posto di Montoya, ha permesso al pilota neozelandese di conquistare il suo quarto campionato Indycar della carriera, dopo aver concluso la stagione a pari punti col pilota colombiano: entrambi hanno infatti conquistato 556 punti, ma in virtù del maggior numero di vittorie, tre (Long Beach, Texas e Sonoma) contro due (St. Petersburg e Indy 500), è stato proprio il pilota del team Ganassi ad avere la meglio, beffando in extremis un Montoya rimasto in testa al campionato dal primo al penultimo appuntamento stagionale.

La gara di Dixon e del suo team è stata semplicemente perfetta: partito molto bene, nel corso del primo giro il neozelandese era passato dal nono al quinto posto, inserendosi immediatamente alle spalle di Montoya e pressandolo per tutta la prima parte di gara: la decisione di anticipare la prima sosta è stata fondamentale, perché gli ha permesso di recuperare ben due posizioni a discapito di Hunter-Reay e dello stesso Montoya.

La seconda sosta è occorsa durante la prima neutralizzazione della giornata, causata dal rallentamento di uno sfortunatissimo Luca Filippi, autore fino a quel momento di un’ottima gara, per via di problemi al sensore dell’acceleratore. È in questo frangente che si è compiuto il miracolo del team Ganassi: rientrato in pit lane al terzo posto, Dixon è uscito dalla corsia del box in prima posizione grazie ad un lavoro sensazionale da parte dei suoi meccanici, che gli hanno consentito di scavalcare sia Power che Newgarden.

Da lì è andata in scena la solita corsa intelligente di Dixon, priva di qualsiasi sbavatura o esitazione, che al termine degli 85 giri previsti gli ha permesso di tagliare per primo il traguardo davanti a Ryan Hunter-Reay e al suo compagno di squadra Charlie Kimball. Per Dixon si tratta della 38ª vittoria in Indycar, sicuramente la più importante in carriera assieme alla Indy 500 del 2008, visto che mai prima d’ora il neozelandese aveva vinto contemporaneamente gara e campionato.

Completamente diversa la gara di Montoya: dopo aver scavalcato Pagenaud al via, al termine della prima tornata di soste il colombiano aveva perso una posizione a vantaggio di Dixon, salvo poi recuperarla ai danni di Hunter-Reay nel corso della sosta successiva, avvenuta in regime di caution.

Alla successiva ripartenza si è verificato l’episodio che ha deciso gara e campionato: alla curva 4 Josef Newgarden ha attaccato Will Power spingendolo verso l’esterno; nel tentativo di rientrare in traiettoria, Power ha tagliato la strada a Montoya finendo in testacoda e provocando un nuovo periodo di neutralizzazione. La direzione gara ha giustamente evitato di punire i due piloti, giudicando l’episodio un normale contatto di gara, ma per via dei danni riportati sia il colombiano che l’australiano sono dovuti rientrare ai box, scivolando così in fondo al gruppo.

Da lì per Montoya è iniziata una gara tutta in salita che ad una ventina di giri dalla conclusione l’aveva comunque fatto risalire fino alla decima piazza, un po’ grazie ad alcuni sorpassi e un po’ grazie alla strategia. Le successive collisioni tra Muñoz e Hawksworth e tra Bourdais e Rahal l’avevano quindi spinto fino al sesto posto, piazzamento insufficiente in virtù dei punti bonus nel frattempo accumulati da Dixon; gli ultimi giri sono stati vibranti, con Montoya in rimonta di gran carriera nei confronti di Briscoe nel tentativo di soffiargli la quinta posizione, ma alla fine ogni suo sforzo è stato vano: le gomme morbide del pilota australiano hanno retto senza troppi problemi fino alla fine e Montoya si è trovato così beffato nel modo peggiore, non per aver conquistato meno punti di Dixon ma per aver vinto meno gare rispetto a lui.

Non molto diversa dalla gara di Montoya è stata quella di Power, settimo al traguardo dopo aver dominato la prima parte di gara ed essere poi scivolato in fondo al gruppo per via della collisione col compagno di squadra; la strategia di gara dei due è stata molto simile e infatti alla fine l’australiano è arrivato in scia al compagno di squadra, nonostante fosse stato penalizzato dalla collisione tra Bourdais e Rahal che gli aveva fatto perdere una posizione a vantaggio di Sato, recuperata poi nei giri finali.

A Power va dato atto non solo di aver disputato una grande stagione, durante la quale è stato coinvolto in tre incidenti senza avere alcuna colpa (con Vautier a Detroit, con Sato a Fontana e con Briscoe a Milwaukee), ma anche di essersi comportato da vero uomo squadra nel corso della gara odierna quando ha concesso al suo compagno di team di guadagnare una posizione su di lui.

Per contro a Montoya è mancato completamente l’appoggio di Pagenaud e Castroneves, gli altri due piloti di Penske, completamente spariti dai radar nel corso dell’intera competizione; a questa situazione ha fatto da contraltare quella del team Ganassi, dove Kanaan e Kimball hanno aiutato alla grande il loro caposquadra sorpassando in un paio di occasioni Montoya e facendogli così perdere alcuni secondi, il tutto in maniera perfettamente lecita, ma soprattutto inserendosi tra i contendenti al titolo a fine gara togliendo al pilota di Penske quei punti che gli avrebbero permesso di vincere il campionato.

Tanta sfortuna per le due star a stelle e strisce, Newgarden e Rahal: il pilota del Tennessee ha mantenuto a lungo la seconda posizione, prima alle spalle di Power e poi di Dixon, ma al termine dell’ultimo rifornimento dapprima un principio d’incendio e poi dei problemi nell’inserimento della prima marcia gli hanno fatto perdere un giro, relegandolo al 21° posto a fine gara. Non è andata meglio a Graham Rahal, che per tutta la gara è stato vittima di problemi di bilanciamento che ne hanno condizionato pesantemente il rendimento: a fine gara il sesto posto sarebbe stato tranquillamente alla sua portata, ma a 9 giri dalla bandiera a scacchi il pilota dell’Ohio è stato tamponato da Bourdais scivolando così al 18° posto: per lui una conclusione amara ad un campionato comunque esaltante che l’ha lanciato tra i grandi protagonisti della serie, nella speranza di vederlo nuovamente così in forma anche nel 2016.

Un paio di note statistiche: come detto, per Scott Dixon si tratta della vittoria numero 38 in carriera, risultato che lo poarta ad una sola lunghezza da Al Unser sr. e a quattro da Michael Andretti; ciò che dà l’idea della grandezza di Dixon è però il fatto che mentre Unser e Andretti hanno ottenuto le loro vittorie in oltre 300 gare di Indycar, il neozelandese ha da poco superato la boa delle 250 partecipazioni; a 35 anni, con 4 titoli Indycar conquistati (2003, 2008, 2013 e 2015) e con almeno altri 5 anni di carriera davanti a sé, Dixon ha quindi tutto il tempo per consacrarsi definitivamente come una leggenda della Indycar e del motorsport in generale.

Grande merito va inoltre tributato al Chip Ganassi Racing, che negli ultimi 20 anni ha conquistato ben 11 campionati piloti tra CART e IRL/Indycar; uno di questi, quello di Formula CART del 1999, è stato conquistato proprio da Juan Pablo Montoya, e per un assurdo scherzo del destino anche in quell’occasione ad essere decisivo fu il conteggio delle vittorie, con il colombiano che arrivò a pari punti con Dario Franchitti (212 a testa) ma che si aggiudicò il titolo grazie alle sue 7 vittorie contro le 3 dello scozzese.

Comincia ora il lungo letargo della Indycar, che verrà interrotto soltanto da qualche test in preparazione della stagione 2016: il calendario non è ancora stato definito, ma è verosimile pensare che come da alcuni anni a questa parte la gara d’apertura del prossimo campionato sarà il Gran Premio di St.Petersburg, già inserito in calendario per il weekend del 13 marzo.

Per finire è doveroso ricordare Justin Wilson, scomparso lunedì scorso a seguito delle gravi ferite riportate nel corso della 500 Miglia di Pocono: negli ultimi tre giorni piloti, squadre e addetti ai lavori hanno tributato il giusto omaggio alla sua memoria, dando vita ad una serie di iniziative per aiutare la famiglia dello sfortunato pilota inglese. Oltre ai vari gadget messi in vendita dalla Indycar, i cui proventi saranno devoluti alla moglie e alle figlie di Wilson, c’è da segnalare la proposta portata avanti da Graham Rahal di battere all’asta una serie di cimeli appartenuti ai suoi colleghi di Indycar, Formula 1 e del mondiale Endurance; l’iniziativa più toccante riguarderà proprio i piloti del campionato Indycar, che metteranno a disposizione i caschi indossati nel corso del Gran Premio di Sonoma da poco terminato.

Questi i risultati finali di gara e campionato.

Indy16R

Standing16

Immagine di copertina da indycar.com

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