IndyCar | Nei test passi in avanti dei motori ibridi, basteranno per sciogliere i dubbi?

IndyCar
Tempo di lettura: 3 minuti
di Matteo Pittaccio
6 Febbraio 2024 - 13:59
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Il roval di Homestead-Miami Speedway ha ospitato il primo grande test della IndyCar con i motori ibridi. Dieci piloti suddivisi in quattro squadre a dare massimo supporto a Chevrolet e Honda, prossime al salto generazionale

A poco più di un mese dalla partenza del campionato, prevista a St. Petersburg il 10 marzo, la IndyCar Series sembra intraprendere una strada più chiara in riferimento all’implementazione dei motori ibridi nella serie. Il debutto delle nuove unità non è ancora stato definito a causa di numerosi problemi relativi alla fornitura delle componenti, pertanto bisognerà attendere l’estate per capire dove e quando la categoria passerà ufficialmente all’ibrido. La grande preoccupazione diffusasi tra gli addetti ai lavori dopo la decisione di posticipare il cambiamento a metà stagione sembra sfumare leggermente grazie all’ultimo test svolto nel circuito di Homestead (Miami).

Una settimana fa, infatti, la IndyCar ha organizzato tre giorni di prove collettive in collaborazione con Honda e Chevrolet, marchi che hanno rispettivamente coinvolto dieci piloti e quattro squadre, due per motorizzazione. Questi numeri non sono assolutamente paragonabili a quelli che caratterizzeranno l’intera stagione, nella quale ventisette vetture gareggeranno a tempo pieno, quindici spinte da motori Honda e dodici da propulsori Chevy. Siamo ancora lontani dal raggiungimento dell’obiettivo, ma a Homestead sono stati confermati i passi in avanti del sistema ibrido. Nel corso delle tre giornate sono stati archiviati 1146 giri, pari a 5143 km (3196 miglia), senza riscontrare alcun tipo di problema. L’unico pilota fermatosi in pista è stato Alexander Rossi, ripartito in autonomia proprio grazie all’ibrido (forse potremmo dire addio alle neutralizzazioni causate dallo stallo dei motori).

Oltre a Rossi, Chevrolet ha schierato Pato O’Ward, David Malukas, Josef Newgarden e Will Power, quest’ultimo autore di un’interessante dichiarazione: “tutto è andato liscio, non si sono verificati problemi. Il funzionamento è abbastanza differente ad essere onesto. La rigenerazione automatica in frenata ti permette di premere un pulsante in uscita curva (per ricevere potenza extra, ndr) e non c’è bisogno di ripetere l’operazione ogni volta”. Da qui si può capire come il sistema ibrido inserito tra il motore a combustione ed il cambio (fornito da XTrac) cambi totalmente l’utilizzo del Push-to-Pass, non più legato al classico limite di 150/200 secondi, bensì alla modalità di recupero dell’energia scelta da squadra e pilota. In sintesi, più alto è il livello di energia incamerata, maggiore diventa l’efficacia del Push-to-Pass.

Honda, invece, è stata rappresentata dai portacolori Andretti Global e Chip Ganassi Racing: la formazione di Michael Andretti ha schierato Colton Herta e Kyle Kirkwood, mentre Ganassi ha optato per Marcus Armstrong, Kyffin Simpson e Linus Lundqvist, siccome Scott Dixon ed Alex Palou hanno già avuto modo di provare le nuove macchine. Nessuno di loro ha sofferto avarie e guasti, completando il programma e portando a casa dati alquanto attendibili.

Il test collettivo è stato promosso a pieni voti dunque, ma non è in grado di cancellare i dubbi che circolano sull’implementazione di una novità così rilevante nel corso di una singola stagione. Fino alla 108esima 500 Miglia di Indianapolis i piloti correranno con i classici V6 biturbo da 2,2 litri, dopodiché si potrebbe valutare il passaggio agli ibridi, cambiando di fatto regolamento tecnico.

Immagine: Penske Entertainment – James Black

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