A soli cinque giorni dal round di Portland, la NTT INDYCAR SERIES è già pronta a tornare in pista per il quindicesimo e penultimo round del campionato: sede della sfida sarà il Weathertech Raceway di Laguna Seca, in California, sede del Gran Premio di Monterey.
Nata nel lontano 1957, per più di vent’anni la pista di Laguna Seca è stata un grande classico nei calendari delle serie americane a ruote scoperte, in particolare del campionato CART. Verso la fine degli anni ’80 la pista, inizialmente velocissima, è stata rallentata con l’inserimento del primo tornante dopo i box (quello che oggi è intitolato a Mario Andretti) e di una serie di curve più o meno veloci prima dell’arrivo al Cavatappi, di gran lunga il punto più caratteristico del circuito: una chicane sinistra-destra in discesa con un dislivello di circa 18 metri (quanto un palazzo di sei piani) in meno di 150 metri di percorso e con una pendenza massima del 18%.
Dal 1988 in poi, la pista è rimasta sostanzialmente inalterata eccezion fatta per una riprofilazione delle ultime due curve che ha permesso di allungare di qualche decina di metri il rettilineo del traguardo.
La pista è rimasta nel calendario della CART prima e della Champ Car poi fino al 2004; dopodiché, è stato necessario attendere altri 15 anni prima di vedere le monoposto più veloci d’America fare ritorno sul circuito californiano. Il weekend del ritorno (o dell’esordio, dipende dai punti di vista) della NTT INDYCAR SERIES sul circuito di Laguna Seca aveva visto come autentico dominatore Colton Herta, autore della pole al sabato e poi vincitore della gara alla domenica.
Come gli altri due appuntamenti che fanno parte di questo trittico conclusivo di gare, il 2020 aveva poi visto l’annullamento dell’appuntamento di Monterey per via della pandemia di Sars-CoV-2. Quest’anno, finalmente, i tempi sono maturi per il suo ritorno in calendario.
Come a Portland, il fatto la cancellazione del GP di Monterey 2020 potrebbe essere un punto a sfavore per i piloti che occupano le prime due posizioni in campionato, ovvero Alex Palou e Pato O’Ward, entrambi alla loro seconda stagione completa.
Tuttavia già domenica scorsa si è visto che questo tipo di condizione, in realtà, è un non problema: lo spagnolo del team Ganassi ha infatti messo in mostra una superiorità schiacciante, che gli ha permesso al sabato di conquistare la sua prima pole position in carriera e il giorno dopo di vincere nonostante si fosse trovato solamente in sedicesima posizione dopo la classica partenza caotica di Portland.
Discorso diverso per quanto riguarda O’Ward, che per tutto il weekend ha riscontrato delle difficoltà nella gestione degli pneumatici; va però detto che il messicano ha incontrato questo tipo di difficoltà anche in altre piste, a lui già note dopo il 2020, pertanto è lecito pensare che tali problemi abbiano cause tecniche più profonde della semplice mancanza di conoscenza del tracciato.
In ogni caso, la pista di Laguna Seca ha ospitato alcune sessioni di test nei mesi scorsi e sia Palou che O’Ward hanno avuto modo di percorrere tanti chilometri ed imparare bene le curve, i saliscendi e le insidie di questa pista.
Dando nuovamente uno sguardo al passato, la tappa in Oregon di domenica scorsa ha consegnato agli onori della cronaca un Alex Palou rivitalizzato dopo due appuntamenti molto sfortunati tra il Big Machine Grand Prix di Indianapolis e la 500 km di St. Louis. Il successo di Portland e la contemporanea debacle di O’Ward hanno infatti permesso a Palou di riprendersi con forza la leadership del campionato con ben 25 punti di vantaggio nei confronti del messicano.
Ancora più indietro troviamo i due protagonisti delle ultime annate, cioè Josef Newgarden e Scott Dixon: il primo a Portland ha salvato la giornata con un buon quinto posto, risultato forse anche al di sopra delle aspettative vista la poca competitività dell’intero Team Penske sulla pista dell’Oregon; il neozelandese è invece tornato sul podio grazie al terzo posto, ma ancora una volta è stato messo in ombra dal suo più giovane compagno di squadra.
Newgarden e Dixon hanno ora rispettivamente 34 e 49 punti di ritardo nei confronti di Palou: i giochi per loro non sono ancora chiusi, ma con 108 punti ancora da assegnare è chiaro che entrambi devono mettere in mostra due prestazioni perfette a Laguna Seca e a Long Beach, con la consapevolezza che potrebbero comunque non essere sufficienti per aggiudicarsi il titolo.
Matematicamente resta in corsa per il campionato anche Marcus Ericsson, ma il ritardo di 75 punti nei confronti di Palou potrà essere recuperato solo in caso di doppia debacle da parte del pilota spagnolo. Tutti gli altri piloti, a partire da Colton Herta e da Graham Rahal, sono matematicamente fuori dalla corsa per il campionato.
In ottica gara, la normale tattica prevede tre soste ai box: nel 2019, con macchine simili a quelle attuali ma senza l’aeroscreen, la lunghezza tipica di uno stint di gara si aggirava sulle 26-28 tornate. La prima sosta, che tipicamente viene anticipata rispetto alle altre due, dovrebbe arrivare per la maggior parte dei piloti tra il 15° e il 20° giro. Il tempo che si perde nell’effettuare la sosta rispetto a chi rimane in pista si aggira attorno ai 24-25 secondi.
Per quanto riguarda la lista degli iscritti, i piloti che affronteranno il GP di Monterey saranno gli stessi 27 che si erano sfidati a Portland: nei giorni scorsi è infatti arrivata la conferma della presenza di Callum Ilott sulla #77 del Juncos-Hollinger Racing. Oltre al pilota inglese, tra gli iscritti part-time a questo campionato ci saranno anche Helio Castroneves (#06 del Meyer-Shank Racing) e Oliver Askew (#45 del Rahal-Letterman-Lanigan Racing).
Per chiudere, un accenno al mercato piloti che sta finalmente prendendo piede: il matrimonio tra Ryan Hunter-Reay e la Andretti Autosport, durato ben 12 anni, è infatti giunto ai titoli di coda. Nel 2022 la #28 non sarà guidata dal vincitore della Indy 500 del 2014: il suo posto nel team Andretti, con ogni probabilità, sarà preso da Romain Grosjean, anche se non è da escludere che ci possano essere ulteriori cambiamenti all’interno del team di proprietà del vincitore del campionato CART 1991.
INFO CIRCUITO
Tipologia del circuito: Stradale
Lunghezza del circuito: 2,238 mi (3,602 km)
Giri da percorrere: 95
Distanza totale: 212,610 mi (342,163 km)
Numero di curve: 12 (5 a destra, 7 a sinistra)
Senso di marcia: antiorario
Prima Gara: 1960
Sanctioning body: USAC 1960-1962; SCCA 1963-1965; Can-Am 1966-1973, 1978-1982; F.5000 1974-1975; IMSA 1976-1977; CART 1982-2004; INDYCAR 2019-2021
RECORD
Miglior giro: 1:07.722 – Helio Castroneves – Team Penske – 2001
Distanza: 1h53:56.9845 – Colton Herta – Harding-Steinbrenner Racing – 2019 (su 90 giri)
Vittorie pilota: 5 – Bobby Rahal
Vittorie team: 8 – Team Penske
Pole pilota: 5 – Mario Andretti
Pole team: 9 – Team Penske
Podi pilota: 8 – Mario Andretti
Podi team: 18 – Team Penske
ALBO D’ORO
PROGRAMMA
Venerdì 17 Settembre
14:30-15:15 (23:30-00:15) Prove Libere 1
Sabato 18 Settembre
10:45-11:30 (19:45-20:30) Prove Libere 3
14:05-15:20 (23:05-00:20) Qualifiche – Diretta su DAZN a partire dalle 23:05
Domenica 19 Settembre
09:00-09:30 (18:00-18:30) Warm Up
12:30 (21:30) Gara – Diretta su DAZN a partire dalle 21:00
Mappa del circuito dal sito ufficiale Indycar
Immagine di copertina da IndyCar Media/Joe Skibinski
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