Indycar | Indianapolis 500 2020: Sato trionfa per la seconda volta

di Andrea Gardenal
Pubblicato il 24 Agosto 2020 - 00:43
Tempo di lettura: 7 minuti
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Indycar | Indianapolis 500 2020: Sato trionfa per la seconda volta

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Takuma Sato ha vinto la Indianapolis 500 per la seconda volta in carriera: il pilota del team Rahal/Letterman/Lanigan Racing ha battuto Scott Dixon, secondo sotto la bandiera a scacchi dopo aver guidato i primi tre quarti di gara.

Sato ha piegato nell’ultima parte di gara un irriducibile Scott Dixon, vero dominatore dei primi tre quarti di gara: il giapponese ha preso il comando della gara al giro 158, dando da subito l’impressione di avere una macchina sufficientemente veloce per fare il colpaccio.

10 giri dopo Dixon è tornato davanti in occasione dell’ultimo round di pit stop, ma Sato, si è ripreso la prima posizione al termine del 172° giro, non mollandolo più fino alla bandiera a scacchi.

La gara è stata interrotta dalla caution a meno di 5 giri dalla conclusione a causa di un brutto botto di Spencer Pigot, che per ironia della sorte era uno dei compagni di squadra di Sato in questa gara. Pigot ha perso il controllo della monoposto all’uscita di Curva 4 e ha sbattuto prima contro il muretto esterno e poi, con violenza, all’inizio del muretto di separazione tra la pista e la corsia box, fortunatamente protetto in modo adeguato dalle barriere.

Pigot è uscito rintronato dall’impatto senza però riportare lesioni particolarmente significative: il suo incidente, la presenza dei mezzi di soccorso in pista e il fatto che mancassero ormai 4 giri alla bandiera a scacchi ha portato la Direzione Gara a non interrompere la gara e a percorrere le ultime 10 miglia in regime di neutralizzazione.

La bandiera gialla ci ha privato della carica agonistica degli ultimi giri, ma fino a quel momento Sato era stato in grado non solo di controllare Dixon, ma anche di costruire un piccolo margine nei suoi confronti; il neozelandese, dal canto suo, non era riuscito a chiudere il gap neanche approfittando della presenza dei doppiaggi, a testimonianza del fatto che il pacchetto macchina/pilota della monoposto #30 fosse arrivato nelle fasi cruciali della gara nelle migliori condizioni possibili.

Per Sato si tratta della seconda vittoria in carriera ad Indianapolis dopo quella ottenuta nel 2017; lo stesso risultato, nelle vesti di team owner, viene raggiunto anche da Bobby Rahal e da David Letterman, che in precedenza avevano vinto la Indianapolis 500 nel 2004 con Buddy Rice al volante. Il computo totale dei successi ad Indy di Rahal sale invece a tre, visto che ai due in qualità di team owner può aggiungere il successo ottenuto da pilota nel 1986.

Nonostante la delusione per aver mancato il secondo successo in carriera alla Indianapolis 500, Dixon può comunque sorridere: Josef Newgarden è arrivato quinto e ha quindi perso altri 20 punti nei suoi confronti; peggio ancora è andata a Simon Pagenaud, che era secondo in campionato prima dell’appuntamento di Indianapolis e che ha tagliato il traguardo in 22esima posizione, perdendo quindi oltre 60 punti nei confronti del neozelandese. Sato, al contrario, non rappresenta un reale pericolo per Dixon in ottica campionato.

Alle spalle di Scott Dixon si è classificato Graham Rahal, che eguaglia il proprio miglior piazzamento alla Indianapolis 500 ottenuto nel 2011. Rahal, compagno di squadra di Sato, è forse quello che più ha da recriminare per l’ultima caution, visto che negli ultimi giri di gara in regime di bandiera verde aveva dato l’impressione di poter attaccare la seconda posizione di Dixon.

Ottima quarta posizione per Santino Ferrucci, che si sta confermando uno specialista di Indianapolis dopo il settimo posto dello scorso anno: la gara del pilota del Connecticut non è stata appariscente come quella del 2019, ma gli ha comunque permesso di conquistare il suo miglior piazzamento stagionale.

Sentimenti contrastanti per Josef Newgarden, che come detto in precedenza ha chiuso in quinta posizione: il Campione in carica della NTT IndyCar Series è stato il migliore tra i piloti dotati di motore Chevrolet e l’unico pilota del Team Penske a chiudere tra i primi 10, ma la gara di oggi segna un brutto colpo per le sue ambizioni di vittoria in campionato: per battere Dixon, Newgarden dovrà essere perfetto nelle prossime gare e, al tempo stesso, sperare in qualche défaillance del pilota della #9.

Il miglior rookie sotto la bandiera a scacchi è stato Pato O’Ward, sesto, che riscatta così nel migliore dei modi la mancata qualificazione del 2019. Notevole in particolare il lavoro dei meccanici ai box, che in più di un’occasione hanno permesso al pilota messicano di recuperare diverse posizioni durante i pit stop; la macchina non era sufficientemente veloce per lottare per la vittoria, ma O’Ward può comunque ritenersi soddisfatto della sua prima partecipazione effettiva alla Indianapolis 500. Il risultato di oggi permette inoltre al messicano di salire in terza posizione in classifica generale.

Buono il settimo posto di James Hinchcliffe, costretto a rimontare da centro gruppo dopo aver subito un problema durante una delle fasi di rifornimento; il pilota canadese è stato il migliore tra i piloti del team Andretti sotto la bandiera a scacchi. La top-10 viene completata da Colton Herta, Jack Harvey e Ryan Hunter-Reay, protagonista nei primi giri di gara e poi finito a centro gruppo dopo il primo rifornimento.

11° posto finale per Helio Castroneves, costretto a rimandare di un altro anno il sogno di eguagliare AJ Foyt, Al Unser sr. e Rick Mears a quota 4 successi nella Indianapolis 500; seguono Felix Rosenqvist, decisamente più a suo agio ad Indy rispetto allo scorso anno, e un deludente Marco Andretti. Il poleman di oggi non è realmente mai stato in corsa per la vittoria ed è lentamente sprofondato nelle posizioni centrali della classifica.

14° Will Power, anche lui mesto comprimario nella gara di oggi; peggio ancora è andata a Simon Pagenaud, vincitore ad Indianapolis nel 2019: il francese ha chiuso 22° a due giri dopo essere stato costretto ad una sosta d’emergenza per sostituire l’ala anteriore, che si era danneggiata a seguito di un contatto con Hunter-Reay. Al di là di questo incidente, anche il francese non è mai realmente stato in lotta per la vittoria in questa edizione della Indianapolis 500.

Gara estremamente deludente anche per Fernando Alonso, che chiude (per sempre?) il suo rapporto con Indy con un triste 21° posto. Lo spagnolo è stato rallentato dalla rottura della frizione poco dopo metà gara, ma al di là di questo si è sempre trovato attorno alla 20esima posizione. L’appuntamento con la Triple Crown è rimandato perlomeno al 2023, visto che Alonso ha già annunciato che nei prossimi due anni non correra la Indianapolis 500.

Otto piloti si sono ritirati: oltre a Pigot, protagonista dell’incidente che ha di fatto posto fine alla gara, sono andati a sbattere nell’ordine anche Ericsson, Kellett, Daly, Askew, Palou e Rossi, che per larghi tratti di gara era sembrato essere l’unico vero avversario di Dixon prima di essere spedito a centro gruppo da una penalità per unsafe release.

Nell’elenco dei ritirati figura inoltre Davison, che ha abbandonato la gara al quinto giro a causa di un incendio sviluppatosi sul disco freno anteriore destro. Infine Ed Carpenter è giunto al traguardo in 26esima posizione con 13 giri di ritardo dopo essere stato costretto ad una lunga sosta ai box ad inizio gara per riparare il braccetto della sospensione anteriore destra, danneggiatosi alla partenza in un contatto con Veach.

I risultati di oggi proiettano Dixon sempre più al comando della classifica generale con 335 punti contro i 251 di Newgarden e i 218 di O’Ward.

Il prossimo appuntamento con la NTT IndyCar Series è per il weekend del 29/30 agosto, con le due gare sullo short oval di Gateway.

Immagine di copertina da IndyCar Media/John Cote

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