Indycar | Indianapolis 500 2020: La cronaca e le classifiche

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Tempo di lettura: 12 minuti
di Andrea Gardenal
24 Agosto 2020 - 12:30
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Segue il racconto dell’edizione numero 104 della Indianapolis 500, che ha visto il trionfo di Takuma Sato, e le classifiche di fine gara.

La cronaca

La griglia di partenza dell’edizione numero 104 della Indianapolis 500 vede Andretti in pole position all’interno della prima fila con Dixon e Sato al suo fianco; VeeKay, Hunter-Reay e Hinchcliffe partono dalla seconda fila mentre Palou, Rahal e Rossi dalla terza.

Già nel corso del primo giro Andretti perde la prima posizione: Dixon passa subito al comando e Sato si prende la seconda posizione all’ingresso di Curva 3.

Già nel corso del primo giro esce di scena uno dei possibili protagonisti: Ed Carpenter si tocca con Veach nello Short Chute tra Curva 1 e 2, piegando la sospensione anteriore destra; il pilota/team owner dell’Indiana riuscirà a tornare in pista dopo le riparazioni del caso, ma con 15 giri di svantaggio nei confronti di tutti gli altri.

Hunter-Reay inizia di gran carriera la propria gara: dopo essersi liberato di VeeKay in partenza, nel corso del quarto giro passa Andretti in Curva 1 e Sato sul rettilineo del traguardo, guadagnando la seconda posizione.

La rincorsa di Hunter-Reay a Dixon si interrompe nel corso del sesto giro con la prima caution di giornata, che arriva a causa dell’incendio che si sviluppa sul disco freno anteriore destro della macchina di James Davison; la ruota viene completamente avvolta dalle fiamme e i commissari impiegano più di qualche secondo per spegnere il fuoco. Il pilota australiano è il primo ritirato della gara.

Sotto caution rientra ai box la maggior parte dei piloti che fino a quel momento occupava le posizioni al di sotto della ventesima, nel tentativo di diversificare le strategie; tra questi ci sono le Penske di Pagenaud, Power e Castroneves e le McLaren SP di Askew ed Alonso.

Si riparte al Giro 13 con Dixon davanti a Hunter-Reay, Sato, Andretti, VeeKay, Hinchcliffe e Rossi; il canadese guadagna la quinta posizione sul pilota del team Carpenter in questo stesso giro, dopo aver percorso uno di fianco all’altro le prime due curve. Tre giri dopo Hinchcliffe supera anche Andretti, mentre Rossi si porta in sesta posizione scavalcando a sua volta VeeKay.

In testa alla gara le posizioni non cambiano: Hunter-Reay sembra avere il potenziale per provare un attacco su Dixon, ma in questa fase si limita a mantenere la seconda posizione alle spalle del neozelandese.

La seconda caution arriva al Giro 25, quando Ericsson va a muro in Curva 1: la macchina #8 va in sovrasterzo a centro curva, lo svedese prova a controllarla ma così facendo la porta inesorabilmente verso l’esterno, contro le barriere di protezione. Anche per Ericsson, che aveva destato una buona impressione durante le prove libere, la Indianapolis 500 finisce qui.

Alla fine del Giro 27 viene aperta la pit lane e tutti quelli che erano rimasti fuori in occasione della prima caution rientrano ai box per il rifornimento. Dixon mantiene la prima posizione “virtuale” davanti a Sato, Rossi, Andretti, Hinchcliffe e Hunter-Reay, che con la sosta ha perso ben quattro posizioni.

Al comando della gara si è portato Oliver Askew, che guida il gruppo dei piloti che si erano fermati in precedenza; Pagenaud, Power, Kimballe  Castroneves sono alle sue spalle, mentre Dixon occupa l’ottava posizione.

Si riparte al Giro 32 con Pagenaud che prende subito la testa della gara davanti ad Askew. Sato perde qualche posizione scivolando dal nono al tredicesimo posto, mentre VeeKay balza in due soli giri dalla 14esima alla nona piazza.

Davanti a loro, Dixon liquida velocemente Hanley e Hildebrand e si porta in sesta posizione, alle spalle del gruppo dei primi; il neozelandese viene raggiunto da Rossi ma nessuno dei due forza il ritmo, anche perché alle loro spalle Hildebrand fa da tappo nei confronti di VeeKay e Hunter-Reay.

Tra il Giro 45 e il Giro 47 rientrano in pit lane i primi cinque, così Dixon e Rossi possono riprendere le prime due posizioni. In testa alla gara non si registrano particolari cambiamenti, ad eccezione del sorpasso di Sato su Hunter-Reay per la quarta posizione al termine del Giro 59.

Dopo 60 giri Dixon è sempre al comando con 1.5 secondi su Rossi, 6 su VeeKay e 8.5 su Sato e RHR; Andretti è sesto a 10° tallonato da Ferrucci, O’Ward è ottavo a 12 davanti a Hinchcliffe e Newgarden, che completa la top-10. Al termine di questo stesso giro Andretti inaugura la seconda tornata di pit stop, seguito al passaggio successivo da Hunter-Reay.

Al Giro 62 Rossi prova ad imboccare l’ingresso box, ma non riesce a portarsi in tempo alla sinistra della linea bianca che delimita l’entrata della pit lane e deve così rimanere fuori un altro giro; la sua esitazione gli costa un paio di secondi.

Nello stesso passaggio rientra ai box VeeKay, che però arriva sulla propria piazzola a ruote bloccate andando a colpire sia il muretto dei box, sia un membro della sua crew; per questo motivo viene sanzionato con uno stop&go che lo porta in fondo alla classifica.

Chi non ha problemi di sorta è Scott Dixon, che al termine di questo round di soste torna in pista davanti ad Askew, Pagenaud, Castroneves, Rossi e Power. Il gioco dei doppiati avvantaggia molto il leader della gara, che guadagna vari decimi al giro nei confronti dei suoi diretti avversari. Al Giro 71 Sato supera Rossi e si porta in quinta posizione.

Al Giro 76 si fermano in contemporanea Pagenaud, Castroneves e Power, imitati tre giri dopo da Askew. Le soste dei piloti off-strategy riportano Sato in seconda posizione davanti a Rossi, Andretti, Ferrucci e Hunter-Reay.

Al Giro 84 viene esposta per la terza volta la bandiera gialla a causa dell’incidente di Dalton Kellett, finito a muro in Curva 3. Il rookie del team Foyt aveva provato ad attaccare Hanley, che però gli aveva chiuso la porta in ingresso di Curva facendogli mancare carico aerodinamico all’avantreno. Con l’incidente del canadese, evapora il vantaggio di una decina di secondi che Dixon aveva accumulato su Sato e sugli altri inseguitori.

In occasione di questa neutralizzazione rientrano tutti ai box: al Giro 87 si fermano i piloti a pieni giri, tre tornate dopo rientrano i doppiati che nel frattempo erano riusciti a recuperare un giro di svantaggio. Dopo le soste Dixon è ancora al comando davanti a Sato e Rossi, mentre O’Ward è risalito dal settimo al quarto posto grazie all’opera dei suoi meccanici; discorso analogo vale per Newgarden, che entra in pit lane in decima posizione e ne esce in quinta posizione.

Alla fine del Giro 91 tutto è pronto per la ripartenza, ma un doppio incidente rimanda i propositi della Direzione Gara: Daly finisce in testacoda dopo essersi portato troppo all’interno in Curva 4, provocando confusione a centro gruppo; nel tentativo di evitare i piloti che davanti a lui avevano rallentato, Askew scarta sulla sinistra e a sua volta parte in testacoda sbattendo violentemente contro le barriere interne. Nel successivo rimbalzo, il pilota della McLaren SP centra la macchina di Daly. Entrambi i piloti sono costretti al ritiro.

La pace car viene mandata in pista per la quarta volta, ma questa volta non ci sono soste ai box tra i piloti nelle prime 20 posizioni.

Si riparte al termine del Giro 100, esattamente a metà gara, con 28 piloti ancora in pista di cui 24 a pieni giri. Dixon tiene senza problemi la prima posizione, mentre alle sue spalle Sato non è altrettanto rapido e viene scavalcato sia da Rossi che da O’Ward. Al restart Ferrucci passa dal settimo al quinto posto, mentre Newgarden fa il percorso inverso perdendo due posizioni; in mezzo a loro, Andretti mantiene la sesta posizione.

Inizia da questo momento un lungo balletto tra Dixon e Rossi, che si scambiano la prima posizione per ben 7 volte nei successivi 22 giri; il numero effettivo di sorpassi, in realtà, è ancora maggiore, perché in più di un’occasione Dixon passa al comando all’entrata di Curva 1, non riuscendo però a completare il giro al comando perché Rossi riesce a tornargli davanti nel rettilineo di fronte ai box.

Durante il lungo duello tra i due emergono chiaramente le grandi potenzialità di Rossi, soprattutto nel caso di un arrivo in volata: quando deve completare un sorpasso sul rettilineo di fronte ai box, la monoposto #27 riesce sempre a passare la #9 prima di tagliare la linea del traguardo; a posizioni invertite, Dixon fatica un po’ di più e spesso deve attendere l’ingresso di Curva 1 per mettere la propria macchina davanti a quella del rivale.

Il lungo duello tra Rossi e Dixon viene interrotto al Giro 122 dall’incidente di Palou, che finisce a muro in Curva 1. Il catalano termina bruscamente una gara accorta, che nel corso dell’ultimo stint di gara l’aveva visto risalire dalla 13esima alla nona posizione.

Essendo passati quasi 40 giri dall’ultimo rifornimento, di cui 21 percorsi in regime di bandiera verde, quasi tutti i piloti rientrano ai box per la quarta sosta della gara: Rossi entra per primo in pit lane, ma alla ripartenza Dixon si trova ancora una volta al comando della gara seguito da Pato O’Ward, che ancora una volta ha guadagnato delle posizioni grazie all’opera dei meccanici ai box.

Rossi esce dai box in terza posizione, ma ripartendo dalla sua piazzola tocca con la propria ruota posteriore destra l’anteriore sinistra di Takuma Sato, che stava giungendo alle sue spalle. I commissari di gara giudicano l’episodio come un unsafe release e puniscono il pilota del team Andretti retrocedendolo in coda al gruppo; al restart, Rossi sarà solamente 21esimo.

Si riparte al Giro 132: al comando della gara c’è Felix Rosenqvist, l’unico a non essersi fermato ai box, ma Dixon lo supera immediatamente portandosi al comando; lo svedese fa da tappo al gruppetto degli inseguitori, capitanato da Rahal (autore di un grande restart che gli ha permesso di guadagnare due posizioni) e da Sato, permettendo al suo compagno di squadra di scappare.

Due giri dopo la ripartenza termina virtualmente la gara di Simon Pagenaud, costretto a fermarsi ai box per sostituire l’ala anteriore dopo un contatto con Hunter-Reay.

Al Giro 138 Rosenqvist si ferma ai box lasciando via libera al tandem Rahal-Sato; tre giri dopo, il giapponese si libera del compagno di squadra in Curva 1 e sale in seconda posizione. Dixon, nel frattempo, ha messo qualche secondo tra sé e gli avversari, ma alle sue spalle Sato riesce a ricucire il gap decimo dopo decimo.

Al Giro 144 arriva la sesta caution della gara: a metà di Curva 2 la macchina di Rossi va in sovrasterzo, il pilota cerca di controllarla ma così facendo innesca un effetto pendolo che porta la monoposto #27 contro le barriere di protezione. Per Rossi si tratta del primo ritiro in carriera alla Indianapolis 500.

Al momento dell’interruzione sono stati percorsi solo 13 giri in regime di bandiera verde dopo l’ultima sosta, quindi nessuno tra i piloti di testa rientra ai box per il rifornimento; si fermano solo Veach, Rosenqvist e Chilton, che però si trovavano tra la 15esima e la 20esima posizione.

Al Giro 155 torna a sventolare la bandiera verde: Dixon mantiene la prima posizione davanti a Sato, mentre Newgarden sale al terzo posto scavalcando Rahal; Ferrucci è quinto davanti a Herta.

Al termine del Giro 157 avviene un nuovo avvicendamento al comando: Takuma Sato passa Scott Dixon poco prima della linea del traguardo, conquistando per la prima volta la testa della gara. Al contrario di quanto avvenuto nel precedente duello con Rossi, Dixon non riesce mai ad attaccare Sato con decisione e deve quindi accontentarsi del secondo posto.

Al Giro 167 Andretti dà il via all’ultimo round di pit stop, mentre Sato e Newgarden si fermano il giro dopo; Dixon e Rahal aspettano un’ulteriore tornata e rientrano in pit lane al termine del Giro 169.

Al ritorno in pista, Dixon si trova di nuovo al comando davanti a Sato, Newgarden e Rahal; davanti a loro ci sono Veach e Chilton, che si tolgono la soddisfazione di percorrere qualche giro al comando grazie alla strategia sfasata ma che, con una sosta ancora da effettuare, non sono dei veri contendenti al successo finale.

Al Giro 171 Sato mette a segno il giro più veloce della sua gara e al termine della tornata successiva si riporta (virtualmente) al comando della gara scavalcando di nuovo Scott Dixon. Al Giro 173 Rahal soffia la terza posizione a Newgarden, che nel passaggio successivo perde anche il quarto posto a vantaggio di Ferrucci.

Nei successivi 20 giri le posizioni di testa non cambiano: il doppiaggio di Hanley porta i primi a distanziarsi leggermente, con Sato che riesce a prendere un piccolo margine di vantaggio su Dixon.

Tra il Giro 193 e il Giro 195 il pilota giapponese si trova davanti un terzetto di piloti da doppiare, composto da Kimball, VeeKay e Kanaan: l’operazione non è delle più agevoli, Sato perde circa un secondo al giro rispetto al proprio ritmo gara, ma Dixon non riesce ad avvicinarsi e deve pensare soprattutto a contenere il ritorno di Graham Rahal.

Sato doppia Kanaan e aumenta il proprio margine su Dixon in vista del rush finale, ma al termine del Giro 196 arriva la caution che mette definitivamente fine alle ostilità: Spencer Pigot va in testacoda all’uscita di Curva 4, la monoposto tocca per due volte la barriera esterna prima di rimbalzare dalla parte opposta della pista, verso il muretto che separa la pista dalla corsia box. L’urto fortunatamente viene attutito dalle protezioni messe davanti al muro, ma è comunque estremamente violento e il pilota della Florida esce piuttosto rintronato dalla macchina; i successivi esami clinici certificheranno il suo buono stato di salute.

Con quattro giri ancora da percorrere non c’è modo di vedere un ultimo restart neanche esponendo momentaneamente la bandiera rossa: gli ultimi quattro giri vengono così percorsi dietro alla pace car, a bassa velocità, mentre vengono portate le prime operazioni di soccorso a Spencer Pigot.

Al termine del Giro 200 Takuma Sato taglia per primo il traguardo e va a vincere per la seconda volta in carriera la Indianapolis 500. Scott Dixon deve accontentarsi della seconda posizione, che è comunque ottima in vista della lotta per il campionato, mentre Graham Rahal è terzo. Ferrucci chiude la gara al quarto posto davanti a Newgarden e O’Ward, miglior rookie in pista; Hinchcliffe, Herta, Harvey e Hunter-Reay completano la Top-10.

Le classifiche

Indianapolis 500 Gara
Indianapolis 500 Standings

Immagine di copertina da IndyCar Media/Chris Owens

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