IndyCar | A Barber il podio più giovane di sempre: la next gen avanza

IndyCar
Tempo di lettura: 5 minuti
di Matteo Pittaccio
4 Maggio 2022 - 15:00
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Pato O’Ward, Alex Palou e Rinus VeeKay: il podio del Gran Premio dell’Alabama è il più giovane di sempre in IndyCar. La media che ne risulta, infatti, è di 22 anni, 8 mesi e un giorno, dato che dà l’idea di come i giovani stiano portando la serie verso un cambio generazionale notevole, tanto potente da incrementare continuamente l’interesse verso una serie che sembrava, purtroppo, in fase di stallo.

Partendo da questa premessa vogliamo non solo enfatizzare l’efficacia del nuovo movimento di piloti, bensì anche le rispettive differenze nell’approccio alla pista e al weekend di gara. Alex Palou è sicuramente il riferimento tra i giovani: 25 anni appena compiuti, un titolo IndyCar conquistato al secondo anno nella serie, tre vittorie e il ricordo di aver quasi impedito a Hélio Castroneves di vincere la quarta Indy500. Il catalano rappresenta quella figura apparentemente inossidabile, ovviamente sostenuta da un team – Ganassi – al vertice della categoria. Palou sbaglia pochissimo, è solido, ragioniere, freddo e soprattutto concreto: nelle situazioni di difficoltà resta lontano dai guai e ottiene il massimo possibile, come accaduto quest’anno in Texas. A Fort Worth, infatti, è mancato il ritmo per duellare sia con i piloti Penske sia con i compagni di squadra ma, invece di forzare la guida, Palou ha corso una gara regolare poi chiusa al 7° posto. In una categoria che assegna più di 50 punti a weekend questa modalità di approccio è perfetta e particolarmente adatta al contesto. La dimostrazione? Palou arriverà a Indianapolis al primo posto in classifica senza aver ancora vinto una gara.

Passiamo a Pato O’Ward, giovane messicano che tra due giorni compirà 23 anni. O’Ward è aggressivo, arrembante e, per quel che abbiamo visto in queste stagioni, molto altalenante nei risultati. Certo, Arrow McLaren SP non è ancora a livello di Ganassi, Penske e (forse) Andretti e, per questo, qualche weekend di gara non è andato nella giusta direzione. Tuttavia, quando tutto funziona O’Ward si esprime al massimo livello ed il Gran Premio dell’Alabama ne è la conferma. A Barber, infatti, il messicano ha seguito VeeKay per circa 60 giri e, archiviato il secondo pit stop, è stato nettamente più rapido nel trovare ritmo con gomme fredde. In queste situazioni Pato si esalta, così come nelle ripartenze post-FCY, mostrando tanta confidenza specialmente quando è necessario mandare in temperatura le gomme nel tempo più breve possibile.

A chiudere il podio di domenica troviamo Rinus VeeKay, il più giovane dei tre. Il 21enne olandese è sportivamente cresciuto in America ottenendo grandi risultati nelle serie propedeutiche. Correndo per Carpenter Racing non ha sicuramente a disposizione il pacchetto tecnico migliore in assoluto ma, nonostante tutto, VeeKay ha già fatto parlare di sé: podio al debutto nella Indy500 (3°) e prima vittoria in IndyCar conquistata nel GP di Indianapolis 2021. L’infortunio della passata stagione ha decisamente influenzato in negativo la seconda metà di campionato ma quest’anno ha ripreso decisamente ritmo. Quanto allo stile di guida VeeKay si avvicina più a O’Ward piuttosto che a Palou, forse proprio perché l’olandese è costretto a dare sempre il 100% a bordo di una monoposto preparata da un team teoricamente non all’altezza di Ganassi, Penske e Andretti. L’esempio arriva da tutte le gare corse in questo inizio di stagione, eventi in cui VeeKay ha messo in luce una grande velocità contrastata da una gestione della gara deficitaria, soprattutto per quanto riguarda l’amministrazione del carburante. C’è tanta curiosità di vederlo correre con una delle tre squadre di riferimento.

Ora prendiamo il volo verso Santa Clarita, California, per incontrare il ventenne probabilmente più talentuoso della griglia, nonché il più giovane vincitore di sempre: Colton Herta. Alla terza gara IndyCar in carriera Herta è entrato in Victory Lane grazie alla spettacolare prestazione messa a segno in quel di Austin. Il figlio d’arte è incredibilmente veloce, tanto da andare spesso e volentieri oltre il limite. È l’esatto opposto di Alex Palou: velocissimo ma poco redditizio e concreto nei momenti in cui si potrebbe pensare al campionato piuttosto che alla singola gara. Questa caratteristica rende spettacolare l’approccio di Herta, il più “teatrale” di tutti nella gestione della gara. Colton ci prova sempre, anche quando la logica direbbe che vincere o superare sia impossibile, come successo a Nashville lo scorso anno e a Long Beach quasi un mese fa. Questo approccio non aiuta il californiano nella gestione di un campionato lungo 17 gare ma, al tempo stesso, possiamo assolutamente comprendere il modo in cui corre. Herta è giovane e, giustamente, tra attaccare o gestire preferisce la prima opzione. Lo dimostra la rimonta di domenica a Barber: mentre Grosjean e Newgarden faticavano a liberarsi dal traffico Herta era già arrivato vicino alla zona podio, salvo poi toccarsi con McLaughlin regalando secondi e posizioni agli avversari. Punti persi sì, ma Colton ha offerto spettacolo ed un pilota così non può che costituire un elemento di interesse verso l’IndyCar.

Chiudiamo l’articolo citando Scott McLaughlin, più grande (28 anni) sì ma appena arrivato in IndyCar e già in lotta per le posizioni di vertice. In più menzioniamo piloti come Kyle Kirkwood, David Malukas, Callum Ilott e Christian Lundgaard, esordienti ma già pronti a rendere complicata la vita dei colleghi più esperti. L’IndyCar Series sembra quindi ambire ad un grande futuro, illuminato da una nuova generazione di piloti capace di incrementare l’interesse del pubblico che risiede nel vecchio continente.

Immagine di copertina – Penske Entertainment: Joe Skibinski (IndyCar media center)

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