P300.it ha intervistato Renger van der Zande, pilota di Acura Meyer Shank Racing in IMSA, durante il round a Monza dell’International GT Open
da Monza – Renger van der Zande è una vera e propria leggenda dell’endurance. Il trentanovenne originario di Dodewaard, Paesi Bassi, impegnato principalmente in IMSA sulla Acura di Meyer Shank Racing, ha parlato in questa intervista esclusiva della sua carriera, delle sue opinioni sul presente dell’endurance e del futuro di questa branca del motorsport.
Ciao Renger, grazie per averci dedicato il tuo tempo. Per cominciare vorrei partire dalle basi della tua carriera. Come è iniziato il tuo viaggio in questo mondo?
“Mio papà è stato un pilota a livello locale, dato che ha partecipato a serie amatoriali. Quando sono nato, però, ha smesso di correre perché si era fatto una famiglia e, inoltre, ha deciso che non avrebbe più praticato questo sport. Così ha nascosto il casco, i suoi trofei e ha provato a tenermi fuori dalle competizioni. Nonostante ciò, Yelmer Buurman, che anche lui corre nell’International GT Open, viveva a un chilometro da casa mia quando ero piccolo, a 5 anni o giù di lì. L’ho conosciuto a scuola e, poi, abbiamo cominciato a incontrarci per giocare assieme. In quelle occasioni ho scoperto che suo padre era un pilota. È stato lui a mettermi per la prima volta su un kart a 7 anni. Mio papà non era molto contento di ciò ma, sfortunatamente per lui, mi piacque molto quell’esperienza. In poche parole, più mi piaceva correre, più mio padre era restio a farmi prendere questa strada: ecco perché mi prese un kart solo quando avevo circa 12 anni. Ho vinto il mio primo titolo in un campionato locale a 13 anni. Quella è stata la spinta che mi ha permesso di crescere e andare avanti. Ho debuttato in auto a 17 o 18 anni. Ho fatto la prima stagione in Formula Renault con Van Amersfoort Racing prima di salire in Formula 3 con Seyffarth Motorsport, che è un team tedesco che ha partecipato anche al GT Open. Andando avanti rapidamente, nel 2013 non avevo un sedile ed è stato proprio Seyffarth a permettermi di tornare a gareggiare nel GT Open. Mi hanno offerto un posto per correre e io ho pagato i miei voli e il mio hotel perché ero felicissimo di poter tornare in pista. Inoltre assicuravo le loro auto, visto che erano clienti di Pogona Insurance, la mia compagnia. È stato per questo che ci siamo parlati. Mi ha proposto di guidare la sua auto nel GT Open, in cui abbiamo svolto una bella stagione. La possibilità di correre negli Stati Uniti, dove, alla fine, ho svolto una bella carriera, grazie ai risultati che ho portato a casa proprio qui!”
Quindi la tua carriera negli Stati Uniti è frutto di circostanze particolari. Mi sbaglio per caso?
“Non ti sbagli, è nata da queste circostanze particolari. In ogni caso le carriere, di solito, non seguono un percorso lineare. Mi verrebbe da dire che è come andare nell’oceano e saltare da un blocco di ghiaccio all’altro, perché alcuni di loro scompaiono e devi trovare il modo di andare avanti. La stessa cosa può avvenire anche nel motorsport, dove può capitare di dover cambiare il proprio modo di lavorare e di correre. Se devo essere onesto, è fantastico essere negli Stati Uniti, perché ci sono molte opportunità per i piloti se sono veloci e solidi nelle performance. Ti dirò, è un modo più amichevole di competere nonostante il livello sia alto. I tracciati sono fantastici ed è facile lavorare con i team, che sono molto accoglienti. Negli ultimi 12 o 13 anni, praticamente dopo il GT Open, ho svolto la mia carriera negli Stati Uniti. Lì mi sento a casa.”
In IMSA competono ben 4 classi. Come ti trovi a competere contro così tante categorie diverse di auto?
“Mi piace gareggiare in competizioni multiclasse. Ti danno l’opportunità di perdere o guadagnare tempo in base alla presenza del traffico, che puoi sfruttare a tuo vantaggio contro gli avversari. Penso sia anche un modo divertente di gareggiare. Devi essere molto rispettoso e lavorare in armonia con le GT. Penso che il multiclasse renda l’IMSA e il WEC molto godibili.”
Hai corso per molti anni in DPi, la vecchia classe regina dell’IMSA. Che differenze ci sono tra le auto di quella categoria e quelle dell’odierna GTP?
“Mi mancano molto le auto di classe DPi perché erano davvero leggere. Certo, mancavano un po’ di potenza, però, proprio perché erano leggere, erano molto agili e veloci in curva, anche dato il fatto che sprigionavano molta più downforce rispetto alle auto attuali. Oltretutto, visto il peso contenuto, percorrevamo le curve molto più velocemente. Quello che mi piace delle auto di classe GTP, e quindi delle LMDh, è che hanno molti aiuti alla guida, sono tecnologicamente sviluppate ed è presente il sistema ibrido, elemento che ha permesso a molti costruttori di unirsi a queste competizioni. Questa è l’era d’oro dell’endurance, e noi tutti ne siamo parte. Non posso lamentarmi in alcun modo di questa classe, ma, se parliamo unicamente delle performance delle auto, le DPi fornivano un bilanciamento perfetto.”
Quest’anno hai lasciato Cadillac dopo molte stagioni. Perché sei passato in Acura all’inizio di questa stagione?
“Ho fatto 7 anni con Cadillac prima che il marchio cambiasse il team di riferimento. La filosofia del costruttore americano indica che è la squadra a decidere chi guida la macchina, non il marchio e, quindi, non General Motors. Per me è stata una grossa sorpresa perché è GM, e quindi Cadillac, che ci mette i soldi, ma loro non dicono nulla riguardo la scelta dei piloti. Avrebbero voluto tenermi, ma Jota ha preferito optare per piloti diversi, quindi dopo 7 anni con Cadillac non avevo un sedile. Honda mi ha offerto un ottimo contratto, in cui è importante lo sviluppo dell’auto, perché è l’unico team che usa questa vettura e, inoltre, abbiamo gli ingegneri di Honda, quindi è praticamente come se fossimo direttamente sotto il costruttore stesso. Ho pensato che fosse positivo fare un cambiamento in quel momento, e sta andando bene.”
Anche se appartengono alla stessa categoria, la Cadillac e la Acura sono leggermente diverse. Cosa cambia a livello di guida?
“La principale differenza è il telaio: la Acura è costruita da Oreca, mentre la Cadillac da Dallara. La divergenza più importante, secondo me, è che l’auto che uso adesso ha molta più aderenza davanti, quindi in entrata di curva ti dà delle buone sensazioni, a discapito dell’uscita. La Cadillac è al contrario, visto che si comporta meglio nella fase finale della curva rispetto all’entrata. Lo stile di guida è completamente diverso, ma, d’altro canto, il regolamento è restrittivo, quindi la potenza del motore è la stessa, così come le dimensioni e la resistenza aerodinamica. Per riassumere, le due auto dovrebbero essere simili, ma lo stile di guida e il modo in cui costruisci il tempo sul giro è molto diverso.”
Un tema caldo del mondo dell’endurance è il BoP. Ti trovi bene con quello attualmente presente in IMSA?
“Penso che sappiano molto bene quello che stanno facendo. Ciò che rende più complesso stabilire il BoP sono le omologazioni delle auto. Per farti un esempio, Porsche quest’anno ha portato una nuova omologazione e ci sono volute 5 gare prima che potessero dimostrare la loro vera velocità, quindi per l’IMSA è stato davvero difficile giudicare dove fossero realmente. Le omologazioni rendono questo lavoro difficile e complesso. Penso che, però, stiano imparando. Posso solo parlare bene dell’IMSA, dato che stanno svolgendo un lavoro fantastico e anche le persone che si occupano del BoP sono molto qualificate.”
Nel WEC, invece, sono molte le polemiche che si sono sollevate sul BoP. So che è una domanda complessa, ma, da pilota esterno al campionato, cosa cambieresti?
“Non è una domanda troppo complicata. Penso che se togliessero le Hypercar e tutti andassero su una LMDh sarebbe tutto più facile. Avere due specifiche diverse complica il sistema del BoP e, in caso ci sia solo quella americana, probabilmente tutti avrebbero la stessa potenza e la stessa resistenza aerodinamica. Questo renderebbe tutto più facile, ma sta al WEC decidere come vuole lavorare, che è una cosa importante da ricordare.”
Nel 2025 hai corso la 24 Ore di Le Mans in classe LMP2. Come è nata questa opportunità? Sei soddisfatto del risultato che hai ottenuto?
“Non penso che noi di United avessimo la velocità per vincere, ma per arrivare sul podio sì. TDS e Inter Europol erano velocissime! Abbiamo fatto degli errori ed è questo il motivo per cui non siamo riusciti a concludere la gara in una posizione migliore. Ovviamente, voglio vincere ogni corso a cui partecipo. Questa volta non sono arrivato primo, quindi non sono stato soddisfatto. L’accordo è stato siglato perché Richard Dean mi ha chiamato dicendo che United aveva bisogno di un pilota esperto per Le Mans, e così sono saltato a bordo. Sai, non ci sono molti piloti forti che non hanno un posto in Hypercar e io ero libero, dato che Acura non è ancora andata a Le Mans. Speriamo che lo faccia in futuro!”
Questa gara rappresenta il tuo ritorno nel GT Open dopo oltre 10 anni. Come ha fatto questa opportunità a materializzarsi?
“Fornisco l’assicurazione a GetSpeed in tutti i campionati in cui compete. Sono degli ottimi clienti di Pogona Insurance, che è la mia compagnia. Io, Pascal (Moskopp n.d.r.) e Adam Osieka parliamo regolarmente riguardo le assicurazioni, ma siamo tutti molto appassionati a questo sport. Ho guidato per loro nel 2019 su macchina sponsorizzata da Vodafone e, da allora, ci siamo sempre tenuti in contatto, lavorando bene insieme. Ho cambiato i miei programmi per le ferie per essere qui, dato che partirò domenica notte, ma, in realtà, sarei dovuto andare giovedì. Insomma, sono troppo innamorato delle corse e sono molto felice di poter fare un’altra gara.”
Ora voglio porti delle domande a risposta secca. Qual è la miglior auto che tu abbia mai guidato?
“La Dallara LMP1 nel WEC.”
La tua pista preferita invece?
“Laguna Seca.”
Qual è il miglior campionato in cui tu abbia mai corso?
“IMSA.”
E il miglior momento della tua carriera?
“La vittoria della Petit Le Mans dell’anno scorso, avvenuta senza che avessi i fari. Davvero un bel momento!”
Siamo giunti all’ultima domanda. Hai qualche sogno nel cassetto che vorresti realizzare?
“Voglio vincere l’IMSA nella classe regina. Non ce l’ho mai fatta, ma ho concluso il campionato in seconda, terza, quarta e quinta posizione. Certo, ho già ottenuto un titolo nella PC, ma voglio anche impormi nella classifica assoluta, e spero di riuscirci l’anno prossimo.”
Ringraziamo Renger e GetSpeed per averci concesso di svolgere questa intervista.
Media: Tommaso De Rossi
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