IMSA | 24H Daytona 2023: trionfo Acura-Meyer Shank, Proton batte APR in volata, Aston Martin e Mercedes vincono tra le GT

Motorsport
Tempo di lettura: 10 minuti
di Matteo Pittaccio
29 Gennaio 2023 - 22:10
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Acura e Meyer Shank Racing aprono l’era GTP vincendo per la seconda volta consecutiva la 24 Ore di Daytona, battendo la vettura gemella di Wayne Taylor Racing. LMP2 decisa per sedici millesimi con James Allen che batte Ben Hanley sotto la bandiera a scacchi. Aston Martin Heart of Racing e Mercedes WeatherTech hanno la meglio in GTD e GTD-Pro, mentre in LMP3 è AWA a primeggiare

Tom Blomqvist, Colin Braun, Hélio Castroneves e Simon Pagenaud vincono la 61esima edizione della 24 Ore di Daytona, regalando ad Acura il terzo trionfo di fila e a Meyer Shank Racing il secondo consecutivo. Una gara perfetta quella del team di Jim Meyer e Michael Shank, trascinato senza esitazioni dall’esuberanza di un Tom Blomqvist in forma strepitosa, perfetto in ogni circostanza, veloce e costante come nessuno in GTP. La vittoria è arrivata in seguito ad un duro confronto prima con le Cadillac di Chip Ganassi e poi con l’Acura preparata da Wayne Taylor Racing, ritornata a pieni giri grazie alle ultime due Full Course Yellow, il tutto con la tensione dovuta da una scatola del cambio che ha perso olio per una buona parte di gara, fattore che ha obbligato i meccanici di MSR a rabboccarne in alcuni pit stop. La maiuscola prestazione lancia Hélio Castroneves verso le tre vittorie nella 24 Ore di Daytona (pareggia Dixon), Tom Blomqvist e Simon Pagenaud alla seconda e Colin Braun alla prima, tra l’altro al debutto nella classe regina.

https://twitter.com/MeyerShankRac/status/1619783166247731202

Acura ha realizzato una splendida quanto inattesa doppietta, confezionata grazie alla seconda posizione ottenuta da Wayne Taylor Racing, a due giri dal leader fino alle ultime tre ore, quando gli ingressi della pace car hanno permesso al team quattro volte vincitore a Daytona di recuperare i giri persi e, successivamente, attaccare le Cadillac. Un secondo posto che sembrava utopia dopo i problemi tecnici venuti fuori a circa dodici ore dalla fine, ai quali si è aggiunta una penalità stop&go di sessanta secondi per aver effettuato delle riparazioni sulla piazzola. Filipe Albuquerque, Ricky Taylor, Louis Deletraz e Brendon Hartley non si sono dati per vinti e, con il supporto delle FCY, hanno sfruttato al massimo l’occasione, superando le Cadillac gestite da Ganassi Racing a meno di un’ora dalla bandiera a scacchi.

E proprio Cadillac assapora l’amarezza di una vittoria mancata per il terzo anno consecutivo, per di più in un’edizione in cui Sébastien Bourdais, Renger van der Zande e Scott Dixon hanno completato numerosi giri in testa alla corsa, alternandosi proprio con Meyer Shank Racing prima che quest’ultima squadra prendesse il sopravvento. Non sono mancati i brividi per l’equipaggio numero 01: durante la quinta ora Dixon ha dovuto inchiodare in curva cinque per evitare la LMP2 Tower Motorsports, giratasi in seguito ad un contatto con Meyer Shank Racing. Rallentando all’improvviso, Dixon è stato tamponato dalla LMP3 #17 del team AWA e la Cadillac ha sofferto il danneggiamento del retrotreno, immediatamente sostituito ai box. Inoltre, sempre Dixon si è visto recapito un drive through per aver lasciato la piazzola mentre l’addetto al rifornimento teneva il bocchettone attaccato all’ingresso del serbatoio. Nonostante tutto, il primo equipaggio di Cadillac ha avuto la capacità di risalire la china, trovando però in Acura un avversario imbattibile.

A completare la corsa a pochi secondi dalla vettura di Bourdais-van der Zande-Dixon è stato il prototipo gemello, il numero 02, guidato da Earl Bamber, Alex Lynn e Richard Westbrook, equipaggio che ha provato invano di “rubare” il podio ai compagni di box dopo aver messo in mostra prestazioni altalenanti. In generale, Cadillac non è stata impensierita da gravi problemi di affidabilità fino a nove ore dalla conclusione, momento in cui la V-LMDh di Action Express Racing ha dovuto riparare ai box per dei gravi danni ad una sospensione, danneggiata per via di un contatto. Il team, portato in pista da Pipo Derani, Alexander Sims e Jack Aitken, si è rivelato davvero veloce nel ripristinare la vettura, spedendo in pista la Cadillac #31 dopo più o meno venticinque minuti. La velocissima riparazione non ha però salvato Acton Express Racing da una seconda metà di gara in solitaria, fase sfruttata per accumulare km e mettere in cascina gli ottimi punti del quinto posto.

24 Ore tutta in salita per BMW, al ritorno nella top class dell’endurance a ventiquattro anni di distanza dalla V12 LMR. L’avventura di BMW in Florida, però, non è andata per il meglio, anzi, la M Hybrid V8 #25 di Connor De Phillippi, Nick Yelloly e Sheldon van der Linde non ha nemmeno completato la prima ora, fermandosi a pochi metri dall’ingresso della pit road per dei problemi alla MGU. Tornata in gara con 135 giri di ritardo, la LMDh gestita dal Team RLL ha chiuso la 24 ore al 48° posto assoluto. Meno frustrante ma sempre difficile la corsa della #24, in gara con il trio Philipp Eng-Augusto Farfus-Marco Wittmann, sesti nella classifica finale con un distacco di quindici giri dal vincitore. Entrambi i prototipi sono stati guidati anche da Colton Herta, di passaggio tra la #24 e la #25 in una sorta di double duty.

Molto il lavoro da fare anche in casa Porsche, quattordicesima assoluta con la numero 7 (Matt Campbell, Felipe Nasr, Michael Christensen) e addirittura quarantaduesima con la #6 di Mathieu Jaminet, Nick Tandy e Dane Cameron. Entrambe le 963 LMDh sono state colpite duramente da un’inattesa carenza di affidabilità. La numero 7 si è innanzitutto fermata per un reset nelle prime due ore gara, venendo poi richiamata ai box per ulteriori riparazioni, tra cui la sostituzione dell’intero pacco batterie (35 minuti di attesa). La 963 #6, invece, si è difesa fino a quando Nick Tandy è finito fuori pista in curva quattro, probabilmente per un contatto con la LMP3 del FastMD Racing. Ritornato ai box per la sostituzione dell’ala posteriore ed altre verifiche, Tandy ha lasciato spazio a Jaminet ma, nonostante gli sforzi e i due giri recuperati, la power unit della 963 ha esalato gli ultimi respiri al giro 690 sui 783 completati dal vincitore, rientrando ai box a velocità ridotta. Di certo non il risultato sperato per Porsche Penske, prima della Rolex24 in pista per un totale di trentasei mila km privi di grandi criticità.

La LMP2 ha mantenuto alta la tensione fino all’ultimo millimetro di pista, offrendo uno spettacolare fotofinish al calare della bandiera a scacchi. Gli ultimi giri sono stati all’insegna del duello tra le Oreca Crowdstrike by APR e Proton Competition, vetture separate sul traguardo da soli sedici millesimi. Alla fine l’ha spuntata Proton, trainata fino al gradino più alto del podio da un James Allen capace di fare la differenza nell’ultimo passaggio alla Le Mans chicane, curva in cui il pilota Proton ha recuperato parecchi metri a Ben Hanley (Crowdstrike APR) per poi beffarlo per un centesimo di secondo. Grande festa in casa Proton, squadra in cui spuntano i nostri Gianmaria Bruni e Francesco Pizzi, vincitori nella classe LMP2 insieme al magnifico James Allen e Fred Poordad. Tutt’altri volti in casa APR (Esteban Gutierrez, Ben Hanley, Matt McMurry e George Kurtz), team al quale va comunque dato il merito di aver gareggiato e combattuto con onore per tutta la gara, specialmente negli ultimi giri incentrati sul duello con Proton. Ottimo podio per AF Corse, al terzo posto con la Oreca #88 pilotata da Nicklas Nielsen, Julien Canal, Matthieu Vaxiviere e François Perrodo, arrivati davanti a TDS Racing e Tower Motorsports, team in grado di recuperare nove degli undici giri di ritardo accumulati a partire dal rallentamento del primo giro. Rick Ware Racing ottiene un buon sesto posto di fronte a PR1 Mathiasen Motorsports, formazione crollata nel finale per via di un’inaspettato errore commesso dall’esperto Nicolas Lapierre, finito in testacoda in curva tre mentre stava lottando per la vittoria. Hanno chiuso la gara contro le barriere della Le Mans chicane sia TDS Racing con la vettura #11, coinvolta in un incidente con le Iron Dames in piena notte, sia High Class Racing, in gara con un Raffaele Marciello salito in macchina quando il distacco dalla vetta era già imponente.

https://twitter.com/ProtonRacing/status/1619772575521071104

Emozionante la contesa nelle categorie GT, dove la classe GTD ha prevalso nei confronti della GTD Pro, proprio come accaduto nelle qualifiche. Sul gradino più alto del podio della GTD è salito l’Heart of Racing team con l’Aston Martin numero 27, auto gestita perfettamente da Roman De Angelis, Marco Sorensen (incaricato di chiudere la gara), Ian James e Darren Turner, che hanno ereditato il primato di categoria nell’istante in cui la Mercedes Winward è finita contro il muro interno di curva due nella penultima ripartenza, danneggiando la sospensione posteriore sinistra. La Vantage GT3 è così salita al comando e ha preceduto sul traguardo la Mercedes AMG GT3 di WeatherTech Racing, che ha festeggiato la vittoria nella categoria GTD Pro al termine di un intenso confronto con Corvette Racing (tornata in corsa nonostante una foratura ed un cambio non previsto dei freni posteriori) e la Lexus del team Vasser Sullivan, rispettivamente al secondo e terzo posto di classe. La grande 24 Ore di Daytona per Aston Martin è diventata ancora migliore grazie alla doppietta ottenuta in GTD: alle spalle del già citato Heart of Racing team è infatti giunto il Magnus Racing, in piazza d’onore con Nicki Thiim, Ollie Milroy, Andy Lally e John Potter, di poco avanti rispetto alla McLaren Inception Racing, terza di categoria nonostante lo stop&go di un minuto scontato a due ore dallo scadere del tempo. Per quanto concerne le nuove GT3 ad imporsi è la Huracan Evo2 GT3 di Iron Lynx (Jordan Pepper, Romain Grosjean, Mirko Bortolotti, Andrea Caldarelli), al quarto posto della GTD Pro con un ritardo di un giro rispetto alla terza casella. Non così bene l’esito in GTD: la squadra di Andrea Piccini non è andato oltre il dodicesimo posto di classe con la #19 mentre le Iron Dames hanno attraversato le pene dell’inferno, completando la 24 ore in diciottesima piazza, a più di cento giri di ritardo.

https://twitter.com/RaceWeatherTech/status/1619781997714616321

Scenario ancor più cupo in Ferrari e Porsche. Cetilar Racing e Risi Competizione hanno ritirato le rispettive 296 GT3 per dei danni al fondo provocati da alcuni contatti con altre vetture mentre AF Corse ha visto la propria auto parcheggiarsi fuori pista a tre quarti d’ora dalla fine per un incidente multiplo in curva tre. L’unica 296 a vedere la bandiera a scacchi è stata la numero 023 di Triarsi Competizione, decima di classe GTD con il quartetto formato da Onofrio Triarsi, Charlie Scardina, Alessio Rovera e Andrea Bertolini. Sinfonia simile per Porsche, ai nastri di partenza con l’aggiornata 911 (992) GT3. Quantomeno a Stoccarda possono dire di aver completato la corsa al quinto posto della GTD Pro con Pfaff Motorsports e al nono di GTD Pro con la 911 #16 di Wright Motorsports. Ciò nonostante, dalla 61esima 24 Ore di Daytona sia Ferrari sia Porsche escono consapevoli di dover lavorare intensamente per ottenere il corretto bilanciamento tra velocità, efficienza e costanza, da sempre fattori chiave nell’endurance.

Chiudiamo il recap menzionando la LMP3, categoria stranamente ordinata e combattuta nelle prime fasi di gara. La classica selezione non è mancata e persino team come Riley e Andretti hanno dovuto alzare la bandiera bianca, lasciando il palcoscenico della classe leggera alla Duqueine #17 del team AWA, sul gradino più alto del podio con Wayne Boyd, Nico Varrone, Thomas Merrill e Anthony Mantella, in vantaggio di ben dodici giri sulla Ligier di Sean Creech Motorsports, scattata dalla Pole.

L’IMSA WeatherTech SportsCar Championship ora si prende una pausa per poi passare al secondo appuntamento stagionale, la Mobil 12 Hours of Sebring, in programma il 18 marzo, un giorno dopo la 1000 miglia del FIA WEC.

RISULTATI UFFICIALI 61TH ROLEX 24 AT DAYTONA QUI

Immagine di copertina: Michelin Racing USA – Twitter

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