Il 250° di Fernando tra le ‘Honde’ di una carriera contrastata

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di Alessandro Secchi @alexsecchi83
8 Ottobre 2015 - 16:30
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Il tempo cambia prospettive e speranze. Il giovane Fernando Alonso che, nel 2001, lottava a fondo classifica con la Minardi, forse non avrebbe immaginato di raggiungere 250 Gran Premi di Formula 1 in carriera con due titoli mondiali. Il veterano Fernando Alonso che, nel 2015, lotta a fondo classifica con la Mclaren-Honda, forse non avrebbe immaginato di trovarsi dopo 250 Gran Premi nella stessa situazione (se non peggiore) di quando era un debuttante.

In mezzo ai due punti estremi 15 anni di una carriera contrastata e contrastante. Condizionata da momenti di altissimo spessore, in pista. Contrastata da momenti di altissimo scoramento, in pista e fuori. Che l’hanno reso, negli anni, il pilota più chiacchierato del Circus e non solo per le sue prestazioni sublimi al volante.

Fernando è ancora indicato come il pilota più forte sulla griglia di partenza dai suoi colleghi. Nonostante il suo nome non figuri nell’albo d’oro da nove anni, dopo il biennio da favola 2005-2006 in cui il mondo era ai suoi piedi. Un motivo ci sarà, e c’è. Perché la competitività di Fernando è innata, lo è sempre stata dai primi anni, le dimostrazioni di forza ci sono state. Ma a questi picchi di livello assoluto hanno sempre fatto da contraltare vizi e vizietti che l’hanno reso a volte indecifrabile, a volte arrogante, a volte intollerabile. Paradossalmente, anche quando aveva ragione da vendere.

Guardiamo il caso “GP2 engine”. Nel merito, chi di noi non pensa che lui e Jenson quest’anno siano alla guida della peggior Mclaren mai costruita? Chi, vedendo Jenson fare lo Zonta della situazione a Suzuka, non tra Hakkinen e Schumacher ma tra Nasr e Verstappen (con tutto il rispetto per questi ultimi due), non ha provato un po’ di vergogna per i giappo della Honda? Ma vedete: almeno per quanto mi riguarda, le parole fanno la differenza. Si può dire il giusto in modo costruttivo e in modo sbagliato, e io sono convinto che questo sia un dettaglio fondamentale nei rapporti tra persone che lavorano con un obiettivo, soprattutto quando il successo è questione di equilibri fragilissimi. L’esclamazione di Suzuka è stata esagerata, tanto da farla sembrare quasi preparata in anticipo. E posso capire la foga del momento, la frustrazione. Ma la critica sul fatto che i team radio dovrebbero essere privati, fa intuire che forse anche lui questa volta sa di aver oltrepassato un po’ il limite.

Credo che Fernando abbia utilizzato, nella sua carriera e il più delle volte, il metodo sbagliato nel momento sbagliato per descrivere alcune situazioni. Che si sia lasciato andare spesso, forse troppo, all’istinto non curante delle conseguenze. Che non abbia considerato che spesso, con le sue dichiarazioni, ha mancato di rispetto non solo ai destiantari del messaggio (in questo caso Honda), ma anche a chi non c’entra nulla. Chi lavora tutta la notte per metterti a disposizione una vettura, chi è dietro le quinte e “si fa il mazzo” per te anche se i risultati non arrivano. E’ questo che io ho sempre criticato a Fernando, quello che non ho mai sopportato di lui e non faccio fatica ad ammetterlo: il suo modo di rapportarsi a chi lavora con (ma soprattutto per) lui e di esternare pubblicamente in un modo poco elegante i suoi pensieri. Ancora adesso c’è chi sostiene che il detrattore tipo di Fernando non ha mai digerito che abbia battuto Michael. Eppure su Hakkinen nessuno ha mai avuto da dire qualcosa. Si tratta comunque di atteggiamenti che niente hanno a che vedere con le prestazioni in pista. Solo un pazzo potrebbe dire qualcosa.

E sinceramente non sta in piedi il discorso che fanno in molti, sul pilota che “si giudica solo per quello che fa in pista”, che tende ad escludere quello che è il punto debole, in questo caso, di Fernando. Perché un pilota non è solo quello che vediamo al volante rischiare la pellaccia. Un pilota è anche quello dietro le quinte, quello che parla con i meccanici, quello che dimostra o meno attaccamento alla squadra, quello che fa di tutto per essere parte integrante di un progetto, fin dai minimi dettagli. Ed è anche quello che deve rispondere alle domande spesso inutili e provocatorie dei giornalisti. E anche lì, ci sono mille modi per porsi di fronte a queste situazioni.

Con questo non voglio dire che Fernando si dovrebbe allineare alla massa e ripetere, per filo e per segno, quanto passato dall’ufficio stampa. Perché non sarebbe più Fernando e snaturerebbe la sua stessa storia. E perché nemmeno a me piacciono i preconfezionati. Ma essere unici non significa necessariamente andare sempre controcorrente o criticare apertamente. Si può anche mostrare personalità con i metodi giusti. E Fernando, di personalità, ne ha da vendere. Non so se tutti sono a conoscenza di quello che è successo a Monza ad esempio, ma vi invito a leggere questo articolo di Paolo Ciccarone. La storia è quella di un bambino sfortunato che vuole incontrare il suo idolo, e del suo idolo che in barba alle regole ferree (e idiote) dei paddock di Formula 1, si organizza per accontentarlo e regalargli una giornata splendida. Non tutti lo avrebbero fatto, forse. Ed è giusto dare atto allo spagnolo del gesto meraviglioso nei confronti del suo tifoso. Disarmante, se pensiamo ai piloti odierni. E niente di quanto a lui criticato vieta che privatamente lui sia così.

Vedete che differenza, quali picchi da un estremo all’altro? Ma chi è Fernando, a questo punto? Quello che ‘frega il paddock’ per vedere un bambino sfortunato? Quello che urla a casa della Honda che sta guidando con un motore da GP2 per poi dire di essere contento così, che tanto in Ferrari stanno ancora dietro le Mercedes? Quello che vince a Valencia partendo decimo, in Malesia sotto il diluvio, a Monza al primo tentativo con la Rossa? O quello che dà dei ‘geni’ (o scemi, ma ci siamo capiti) ai suoi ingegneri sempre in Italia? Chi è Alonso? Uno di questi o tutti questi in un’unica persona, molteplici personalità che fanno a cazzotti tra loro?

Dopo 15 anni fatico ancora a comprendere certi suoi atteggiamenti, ma quello che penso è che alla lunga questi siano stati controproducenti soprattutto nei suoi confronti, lungo l’arco della sua carriera, più che in quelli di chi è stato criticato. Non è un pensiero solo mio: ho letto pareri illustri che supportano questa tesi.
Nel 2008, fosse rimasto in Mclaren, avrebbe potuto lottare ancora per il titolo invece di gettare due anni nel purgatorio Renault. E forse è proprio lì che la sua storia ha preso una piega sbagliata. Gli anni in Ferrari sono stati dolci per certi versi e amari per altri. Ma chissà se ora, immerso in una situazione disastrosa, Fernando al di là delle dichiarazioni di facciata sulla gioia di stare in Mclaren (a proposito, in conferenza stampa a Sochi ha chiarito che non andrà via) non pensa che tutto sommato la rossa non fosse poi così male. Di certo, avrà intuito che il colore della tuta indirizza molto i pareri della stampa, almeno qui da noi. Mal digerito fino al 2009, è stato lodato (anche fino all’esagerazione) per cinque anni in Ferrari, per poi magicamente tornare ad essere criticato. Il solito atteggiamento all’italiana che non sopporto, la prova certa che la coerenza non è di casa nello stivale. Le mie scritture sulla F1 sono iniziate nel 2010, quando Alonso e Ferrari erano già uniti. Ricordo bene, però, quello che si diceva prima su di lui, quello che si è detto nel periodo in rosso e leggo quello che si dice adesso. Memoria corta, cortissima. E non è solo il suo caso: potrei parlare anche di Schumi e Raikkonen, ma non finirei più.

Altra questione, che viene spesso non considerata: probabilmente Fernando, dal punto di vista mediatico, è anche stato gestito male o non come avrebbe dovuto. Perchè di fatto è come se lui non avesse un manager alle spalle, che gli sappia consigliare quando è il caso di ‘spingere’ e quando di ‘rilasciare’. L’abbiamo visto anche dopo l’incidente (ancora misterioso) di Barcellona di Febbraio. Al di là delle frottole Mclaren, anche dalle parti del suo entourage non è che la certezza sia stata di casa. Proprio no. E questo è un grande problema, se quella da gestire è una personalità da campione e non quella di un brainless qualunque che si aggira per il paddock.

Detto questo, i 250 Gran Premi sono un bel traguardo. Non verrà tagliato nelle migliori condizioni, e non so se guardandosi alle spalle e tornando indietro nel tempo Fernando farebbe le stesse scelte. Sono però certo che un patrimonio del genere nelle ultime file sia uno spreco assurdo (vale lo stesso per Jenson) in una Formula 1 ai minimi termini che non ha bisogno di certe scene. Una F1 che per paura di perdere i suoi pezzi pregiati mette casualmente un Gran Premio nello stesso giorno di Le Mans. Con la scusa che è già successo in passato e che ci sono troppi avvenimenti, per poi mettere quattro GP a Luglio e uno ad Agosto.

E pensare che anche Fernando avrebbe voluto farla, una 24 ore. Sicuramente la farà in futuro, ma già l’anno prossimo sarebbe stato bello vederlo lì in mezzo. Sarebbe stata una bella sfida per lui, qualcosa di nuovo ed elettrizzante dopo una stagione poverissima per colpe altrui. E invece niente, “mai ‘na gioia” ultimamente. Ma si rifarà, e se l’età gli consiglierà di essere un po’ più delicato in futuro, sono certo che avremo ancora tanto da parlare di lui e per i suoi successi.

Intanto auguri per i 250 GP, e mille di questi giorni. Possibilmente non in fondo alla griglia, che non se lo merita proprio.

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