Hockenheim 1994: la svolta Rossa grazie allo 043

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Tempo di lettura: 5 minuti
di Andrea Ettori @AndreaEttori
20 Luglio 2018 - 09:00
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Il GP di Germania è da sempre una delle gare che in Formula 1 ha vissuto e regalato momenti entrati nella storia di questo sport. Soprattutto quando si correva sul velocissimo Hockenheimring, circuito fatto di lunghi rettilinei intervallati da chicane e dal mitico Motodrom, in cui i piloti “scivolavano” letteralmente con un carico aerodinamico delle proprie monoposto bassissimo.

Nel weekend di Hockenheim del 1994, in una stagione nefasta per i tanti eventi drammatici occorsi durante l’anno e per una sorta di “psicosi” che aveva colpito gli addetti ai lavori, la Ferrari inizia a costruire la propria riscossa dopo anni di delusioni e sconfitte.

Si arriva in Germania con l’ultima serie di modifiche regolamentari che la FIA ha imposto nel venerdì di Montecarlo per dare una svolta tecnica ad una Formula 1 che sta vivendo un momento drammatico, dopo Imola e l’incidente di Wendlinger nelle libere del Principato. Le modifiche riguardano la riduzione dello scivolo posteriore, l’eliminazione dei turbolatori anteriori e il sollevamento di 10 millimetri dal suolo delle derive anteriori per Barcellona, l’eliminazione delle prese d’aria del motore, l’uso di benzina commerciale e l’aumento di 25 chili del peso minimo per Montreal e infine l’abbassamento dell’ala posteriore e l’utilizzo di un fondo piatto con lo scalino e di ali anteriori ridotte per Hockenheim.

In un clima teso, complice anche la “grana” di Schumacher post-Silverstone, e con le squadre che nel corso delle settimane hanno modificato non senza difficoltà le proprie monoposto, la Germania si appresta ad ospitare il GP tra l’entusiasmo dei tedeschi, grazie alle prestazioni di Schumi con la Benetton B194.

La Ferrari ha tracciato con un pennarello rosso la gara tedesca come possibile ritorno al successo dopo ben 58 gare di digiuno per due motivi: il primo riguarda rinnovamento della vettura, con la 412/T1B di Brunner a sostituire la 412/T1 progettata da Barnard che non ha mantenuto le promesse iniziali; il secondo è il motore 043, nato per esprimere e sprigionare quella potenza che sui lunghi rettilinei di Hockenheim avrebbe fatto la differenza.

Il V12 043 ha debuttato sulla Rossa con buone prestazioni nelle qualifiche del GP di San Marino. Nel corso del campionato, Berger e Alesi ne hanno testato l’affidabilità e la potenza in diverse sessioni di test tra Monza, Mugello, Paul Ricard e Fiorano. Nel team sono consapevoli che lo 043 (che avrebbe sostituito lo 041), con il giusto chilometraggio in termini di affidabilità, avrebbe un vantaggio importante in termini di velocità pura nei confronti del V10 Renault, che equipaggia la Williams, e del V8 Ford, che spinge la Benetton.

Le qualifiche sono un vero e proprio dominio rosso, con Berger e Alesi mattatori del sabato a suon di giri veloci davanti alle Williams, alle Benetton e ad una sorprendente ma velocissima Tyrrell spinta dal V10 Yamaha. Anche il cofano motore della Ferrari numero 27, esploso letteralmente durante un giro del pilota francese, non va ad intaccare una prima fila Ferrari che mancava dalla gara di Estoril del 1990.

La classifica recitava Berger davanti ad Alesi, Hill e Schumacher, al di là di ogni più rosea previsione prima della gara in terra tedesca. L’indomani al semaforo verde succede di tutto. Una carambola, probabilmente partita dalla Sauber di De Cesaris, coinvolge in un’ammucchiata generale 11 vetture, con Mika Hakkinen che al volante di una Mclaren-Peugeot impazzita taglia la pista andandosi a schiantare contro le barriere della prima curva.

Un caos che tra i big hanno evitato le due Ferrari e Schumacher, usciti indenni dalla partenza ma con il francese della Rossa che dopo pochi metri vede spegnersi, come il motore della sua macchina, le speranze di lottare per la vittoria. Alle spalle di Berger e Schumacher c’è un abisso, con Katayama che dopo un testacoda perde la possibilità di andare sul podio e le Williams staccate di oltre un giro, a causa delle riparazioni ai box dopo i contatti al via.

A mandare su tutte le furie diversi piloti e addetti ai lavori, su tutti Giancarlo Minardi, è la direzione gara, che con 11 monoposto fuori decide di non sospendere la gara e di non utilizzare nemmeno la safety car, per “salvaguardare” la lotta tra i due piloti di lingua tedesca che in quel momento sono in testa alla corsa. Al 15° giro l’episodio che entra nella storia della Formula 1 per la sua spettacolarità e pericolosità: entrato ai box per la sua sosta, Jos Verstappen viene inghiottito dalle fiamme dopo che la benzina ha completamente ricoperto la Benetton numero 6 a causa di un problema al bocchettone (irregolare).

Uscito con le proprie gambe dall’abitacolo, Verstappen se la cava con delle piccole bruciature sul volto e con un grande spavento. Al 20° passaggio il V8 di Schumacher, tra la delusione generale e i pugni sul volante del tedesco, esplode lasciando a Berger campo libero sino al traguardo. Una vittoria “autografata”, sotto la bandiera a scacchi e davanti al muretto box della Ferrari in festa, con una sgommata di potenza dello 043 che soprattutto nelle prime fasi di gara, con Schumacher in scia nelle prime fasi di gara, ha permesso a Berger di conservare la prima posizione.

Una vera e propria liberazione per Maranello, arrivata proprio sulla pista che qualche settimana prima era stata “messa nel mirino” come possibile vittoria. Alle spalle di Berger giunge il duo Ligier-Renault, con Panis e Bernard che riportano sul podio il team francese (di cui Cesare Fiorio è diventato team principal proprio in Germania) dopo 9 anni di distanza dall’ultima volta.

Le velocità massime del sabato si sono rivelate “profetiche” per la gara della domenica, con Bernard capace di toccare i 335,4 km/h davanti a Berger e Panis con 334,4.

Una vittoria che grazie alla “ricostruzione” della GES voluta ed eseguita da Jean Todt sarebbe stata il viatico dei successi della Rossa degli anni successivi, con l’arrivo in squadra di Michael Schumacher.

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