Hamilton, Piquet, Vips, Hitech: se l’inclusione è un dovere, l’esclusione non può essere la soluzione

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di Alessandro Secchi @alexsecchi83
30 Giugno 2022 - 23:38
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Di quello che potrebbe succedere a Silverstone da domani a domenica sembra interessare poco, dopo le ultime infuocate giornate per argomenti sociali che sono ormai sempre più legati al Circus.

In realtà non avevo intenzione di scrivere qualcosa a tal proposito, con la speranza che il caso Hamilton – Piquet si sgonfiasse in fretta senza necessità di dire qualcosa. Dopo la conferenza stampa di oggi (e dopo un altro comunicato che riporterò di seguito) ho però cambiato idea, perché ci sono cose su cui sono d’accordo ed altre su cui non lo sono per nulla. Credo sia giusto condividere questo pensiero. So che si tratta di un argomento delicato, ma cercherò di essere il più chiaro possibile per spiegarmi al meglio.

Tralascio i dubbi sul fatto che le parole di Nelson Piquet siano saltate fuori a pochi giorni da Silverstone. Con otto mesi a disposizione, la puntualità è giusto curiosa. Detto questo: se sei un personaggio pubblico, un tre volte campione del mondo e padre della fidanzata del campione in carica, che proprio contro Hamilton ha vinto il titolo, che con lui è stato protagonista dello scontro di un anno fa alla Copse, che in portoghese una determinata parola abbia un significato storico di un certo tipo o meno, questa non deve essere nemmeno pensata in un discorso simile. Figuriamoci detta. Che poi Piquet sia un personaggio che non si è mai risparmiato dal criticare Tizio e Caio nella sua vita lo sappiamo bene e non da oggi, tanto che le sue scuse lasciano il tempo che trovano.

La comunità della Formula 1 si è risentita e ha condannato unita le parole di Piquet con tutti i messaggi che abbiamo visto nei giorni scorsi. E fin qui tutto corretto e sacrosanto. Ma c’è un limite che secondo me non deve essere superato. Tutte le iniziative sull’inclusione e sulle pari opportunità che sono nate e stanno nascendo in questi mesi sono lodevoli e mostrano la volontà di fare qualcosa di concreto per favorire ed appoggiare l’accesso al mondo del Motorsport (in questo caso) a donne e persone di colore. Occhio, però, che l’inclusione non comporti a sua volta l’esclusione. Le parole di Hamilton di oggi sono, a mio modo di vedere, preoccupanti. Sostenere che “non vada dato spazio a persone che non rappresentano più la Formula 1 da decenni” o “voci anziane” è un concetto che ritengo estremo al contrario. La libertà di parola è un diritto fondamentale: chi è Hamilton per dire che certe persone non dovrebbero avere “piattaforme dalle quali parlare”?

Cerco di essere più chiaro: l’inclusione è un valore sacrosanto, ma non deve passare il messaggio che “se non sei inclusivo devi essere emarginato”. Perché altrimenti si compie lo stesso errore nel senso opposto e il sette volte campione del mondo, per esperienza personale, dovrebbe ben conoscere i tentativi di emarginazione visto che ne parla spesso. Per questo sono d’accordo con le critiche alle parole di Piquet, alla stigmatizzazione delle sue dichiarazioni e al supporto che Hamilton ha ricevuto da parte di colleghi ed autorità. Ma, al tempo stesso, non sono d’accordo con il concetto per il quale chi sbaglia deve essere emarginato a prescindere. C’è uno step intermedio fondamentale tra un polo e l’altro che si chiama educazione e questa può essere impartita anche a “voci anziane” come le ha chiamate Hamilton, mi viene da dire in modo anche piuttosto dispregiativo a sua volta, nei confronti di una classe di ex piloti che hanno vinto mondiali e non sono necessariamente dei vecchi tromboni. Non sono nemmeno d’accordo, tra l’altro, con l’esclusione di Piquet da membro onorario del British Racing Drivers Club: onorificenza che suppongo abbia ricevuto per le sue gesta in pista, dato che le accuse a Senna sono vecchie più di 30 anni e le ricordano tutti.

Un’altra comunicazione che non mi è piaciuta per nulla è quella della Formula 2, relativamente alla decisione di Hitech GP di mantenere il sedile di Jüri Vips dopo il licenziamento da parte di Red Bull. La serie cadetta ha commentato così: “La decisione di Hitech GP è sorprendente, non quella che noi avremmo preso. Monitoreremo la situazione con attenzione con loro per assicurarci che questa sia gestita correttamente”. Come per dire “Fossimo stati noi l’avremmo buttato fuori”.

Parto da un presupposto: una Academy (come quella Red Bull) che si assume l’incarico di far crescere dei giovani in una società come quella odierna dovrebbe anche occuparsi di educazione e di un po’ di cultura sociale. Se Vips si è reso protagonista dell’episodio che ha portato alla sua sospensione e poi al licenziamento, forse in Red Bull non sono stati molto attenti anche a questi aspetti e quindi, se la sospensione era una provvedimento sacrosanto, il licenziamento mi pare sostanzialmente esagerato, dettato più dai risvolti a livello di immagine che avrebbe avuto mantenerlo all’interno del gruppo.

Hitech ha ragionato in modo diverso: ed onestamente trovo più “inclusivo” e comprensivo, in una società che professa di voler accogliere tutti, dare la possibilità ad un ragazzino di 21 anni di capire prima di tutto l’enorme ed irresponsabile cazzata detta in “mondovisione”, senza pensare alle conseguenze. E, nei modi e nei tempi che servono, che a questo mondo dobbiamo avere tutti le stesse occasioni indipendentemente da chi siamo, come siamo, cosa vogliamo. Ho lavorato anni a contatto con persone di colore e con diversi orientamenti culturali, religiosi e sessuali e non c’è niente di più ignorante del “classificare” gli altri perché non sono come noi. E di classificazioni ce ne sono decine, centinaia se vogliamo. La discriminazione può avvenire in mille modi diversi e ognuno di noi, nel suo piccolo, potrebbe avere un’esperienza da raccontare.

La scelta di Hitech è anche più sincera e meno ipocrita di un’organizzazione che condanna certi comportamenti, invita ad agire in determinati modi, ad escludere persone e poi, per puri accordi economici, va a correre in luoghi nei quali i diritti umani vengono quotidianamente calpestati, con “l’intento” dichiarato di farsi promotrice del cambiamento pensando di averne il potere.

Nei prossimi campionati del mondo di calcio sarà vietato esporre negli stadi le bandiere LGBT, con reclusione da 7 ad 11 anni. Sapete dove si giocano i prossimi mondiali? In Qatar: accordo per la F1 fino al 2032. Come dire che, tra inclusione e convenienza, alla fine si sceglie comunque la seconda. Le parole sono facili da dire, ma poi sono i fatti che contano.

Immagine: Media Mercedes

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