Il grande equivoco: che senso ha l’elettrico in F1?

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Tempo di lettura: 4 minuti
di Alessandro Secchi @alexsecchi83
8 Novembre 2016 - 12:45
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È da tempo che mi pongo una domanda di tipo prettamente concettuale riguardante l’attuale era della Formula 1. 

Così com’è, la voglio porre anche a voi: che senso ha l’elettrico in Formula 1? Prima risposta che potrebbe arrivare: “Eh, ma l’elettrico è il futuro”.  Futuro stimabile in quanti anni, per dire? Almeno, a parer mio, non se ne parlerà fin quando le riserve di petrolio non saranno totalmente prosciugate.

Ma non è questo il punto della mia domanda: nel panorama motoristico internazionale, La Formula 1 è il top che si può raggiungere (ammesso di possedere le adeguate risorse, citofonare Stroll) dopo una scalata che prevede diverse serie minori le quali, di elettrico, hanno probabilmente solo il faro posteriore. Formula 4, Formula 3, Formula V8 3.5, GP3, GP2, sono tutte sottocategorie all’antica, con un propulsore standard. Dal 2009, con i primi KERS, la Formula 1 ha intrapreso la strada di utilizzo dell’elettrico che ha portato, nel 2014, alla nascita delle Power Unit ibride, delle quali come sappiamo la regina incontrastata è Mercedes. Sistemi complicatissimi, all’interno dei quali il vecchio motore è solo una delle componenti tra ERS, MGU-H, MGU-K e altre sigle incomprensibili ai più. Dal punto di vista economico, l’arrivo di questa nuova era ha dato un’altra spallata clamorosa alla pantomima del contenimento dei costi. 

La nascita della Formula E (ormai al via della sua terza stagione) e la presenza sempre più ingombrante del mondiale Endurance (ufficialmente tornato nel 2013), a parer mio creano un problema di identità in questa F1, che già ha a che fare con parecchi problemi di tipo regolamentare (castrazioni varie), disciplinare (4 pesi e 16 misure) e di audience (ascolti sempre minori).

Mi spiego meglio: la FIA dispone di un campionato Full Electric (la Formula E, appunto) e di un campionato Endurance con vetture LMP1 ibride (il WEC). Una Formula 1 ibrida, totalmente non correlata con le sue categorie propedeutiche, che utilità ha ma, soprattutto, a che futuro guarda? A quello di diventare un doppione della Formula E o un mix con il WEC? Perché, se ci pensiamo bene, in parte l’attuale Formula 1 è già diventata un mini Endurance: con l’altro che, per assurdo, si è trasformato in un insieme di gare sprint, combattutissime, da 6 ore. La gestione delle gomme, delle componenti (spalmate durante l’anno), di tutto il complesso vettura per un’ora e mezzo di gara fa quasi ridere quando la stessa pratica viene adottata in gare che durano quattro volte tanto ma nelle quali, in più, si vede anche la lotta in pista. Cosa che accade praticamente ovunque (F4, F3, GP2, GP3) tranne che in F1.

Considerato che la FIA, quindi, ha già le sue categorie improntate all’ibrido / elettrico (anche se ora, nel WEC, il ritiro di Audi potrebbe creare uno scossone non da poco), non vedo il motivo per il quale la F1 sia stata convertita in qualcosa che non è, per me, nella sua natura. Vada per il KERS del 2009, utilizzato un po’ come il Push to pass nella Indy. Ma non ho mai capito e non capirò mai la necessità di un cambio così drastico (e costoso) quando nello stesso ente sportivo era già in programma una serie ad hoc mirata all’evoluzione ecologica. In questo modo Formula E e WEC (parte ibrida) hanno una loro identità, mentre la F1 resta nel limbo di “una scarpa e una ciabatta” che oltretutto, vista la castrazione regolamentare, non accontenta nessuno. A parte Mercedes, ovviamente.

Una volta intrapresa questa strada è di difficile previsione la possibilità che si possa tornare a motori standard, che riportino la F1 ad essere la normale conseguenza di un percorso svolto in categorie altrettanto standard. Il dubbio, che a me rimane, è che progressivamente tutto questo possa portare al completo svilimento della classe top. E, con lo sviluppo delle Formula E nei prossimi anni, non sia mai che un giorno ci si trovi di fronte ad un bivio importante ma, soprattutto, storico.

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