Gilles, sensazione di impotenza

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di Alessandro Secchi @alexsecchi83
8 Maggio 2022 - 15:53
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Quaranta lunghissimi anni. Come il 1° maggio è il giorno di Ayrton così l’8 è quello di Gilles. 1982, 2022: quarant’anni di dolore, sconcerto, sconforto, rabbia trasformati nel tempo in malinconia, ricordo ed eredità tramandati di padre un figlio, di nonno in nipote. Gilles resta un esempio di amore incondizionato indipendentemente da ciò che i risultati hanno prodotto negli anni di permanenza a Maranello. Ancora oggi chi ha avuto la fortuna di viverlo lo ricorda con gli occhi velati, come se il tempo non fosse passato mai.

Soprattutto, nel leggere le testimonianze di chi c’era, l’ha vissuto e ha dovuto metabolizzare un’uscita di scena drammatica e tragicamente spettacolare, così com’era stata tutta la sua carriera, si percepisce una sensazione mai perdonata di impotenza e rimpianto. Come se si fosse capito, intuito, annusato nell’aria, che quanto successo ad Imola con il tradimento di Pironi e quei cartelli ai box, chiari quanto interpretabili, avrebbe potuto portare a conseguenze incontrollabili.

Non abbiamo la sfera di cristallo per sapere cosa sarebbe successo se le coincidenze non avessero portato a quell’ultimo giro disgraziato, alla toccata con Mass, a quel volo, l’ultimo, e quel paletto di sostegno delle reti. Gilles se ne sarebbe andato dalla Rossa? Forse e, sempre forse, il suo mito non sarebbe stato raccontato e tramandato così se la sua carriera fosse continuata con altri colori senza fermarsi, tragicamente, di rosso vestita. Oppure Enzo Ferrari sarebbe riuscito a ricucire il grande strappo ed il dolore per esser stato tradito da quello che considerava un amico? Ripeto, non possiamo saperlo.

Fatto sta che, negli occhi di chi c’era e ricorda, si legge quel rimpianto per un evento che si sarebbe potuto e dovuto gestire diversamente, le cui reazioni sono scappate di mano fino a portare alla tragedia. Da lì è come se il popolo ferrarista tutto senta di essere impotente, ancora quarant’anni dopo, di fronte all’impossibilità di tornare indietro e vedere un altro finale, un’altra storia, qualcosa di diverso.

Magari oggi Gilles sarebbe un attempato signore dai capelli bianchi ed il suo ricordo sarebbe diverso, meno mitizzato con la sua carriera dipinta da colori diversi. Oppure chi lo sa, il destino lo avrebbe portato via comunque, in un modo o nell’altro. Non era stato il Fuji, non era stata Imola e, se non fosse stata Zolder, la roulette magari si sarebbe fermata su un’altra casella. Congetture, ipotesi. Non sarò io a scrivere, però, che nel destino bisogna credere, perché è facile dare le colpe ad un ente che non esiste.

Non trovo giusti i paragoni tra Gilles ed i piloti odierni. L’amore dei tifosi per il #27 passava per schianti, azioni e momenti che ne testimoniavano sì l’immenso coraggio ma che oggi, con tutta onestà, con i regolamenti odierni non potrebbero essere replicati, pena sanzioni ad ogni gara. Che ci sia la voglia di trovare un nuovo Gilles lo sappiamo e non è la prima volta che si sente questo tipo di accostamento. Ma un conto è la necessità di riempire il cuore di sentimento, un altro quello di trovare, per mille motivi, un altro pilota come lui. Per tempi, ambiente e tutto ciò che volete, questo è francamente impossibile.

Di Gilles ce n’è uno. E il fatto che, dopo 40 anni, si sia ancora qui a ricordarlo, ne spiega ampiamente i motivi.

Immagine: ANSA

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