Maverick si trova circondato da compagni di marca che gli danno filo da torcere e un fenomeno apparentemente irraggiungibile. Come può rispondere lo yamahista?
Dopo aver parlato del confronto tra nuova e vecchia generazione in MotoGP, credo sia ora di concentrarsi su un singolo soggetto. Il secondo pensiero natomi dopo il Gran Premio di Andalusia riguarda, infatti, un pilota nello specifico. E per il titolo della bloggata non potevo che scegliere una frase detta all’inizio del film Top Gun, visto che mi sembrava particolarmente azzeccata visto il pilota di cui si parlerà oggi.
Come mi avevo già annunciato nella scorsa bloggata, è Maverick Viñales il protagonista dell’articolo odierno, giunto due volte secondo nei primi due GP stagionali. Sembrerebbe l’inizio perfetto per tentare un vero attacco al mondiale, considerando anche l’assenza di Marc Márquez dalle scene, eppure ben più di qualcosa non convince nelle prestazioni dello yamahista.
Non è la prima volta che dedico un mio articolo personale al venticinquenne di Figueres. Lo feci già un paio di volte tra il 2017 e il 2018, e mai con tono pienamente soddisfatto. “Top Gun” avrebbe, in teoria, tutte le carte in regola non solo per essere un big ma anche un contendente costante al titolo mondiale. Eppure, fino a oggi Maverick non si è mai giocato il titolo fino all’ultima gara e l’unica occasione in cui ha potuto impensierire Marc Márquez nella lotta per la corona iridata è stata nel 2017, in un’annata iniziata divinamente ma finita poi allo scatafascio tra problemi di setting, alla moto e forse anche di prestazione pura.
Non considero però il 2017 come il suo miglior anno. Nel 2019 si è visto un Viñales sì veloce, ma anche più propenso all’adattamento ai problemi della moto, anziché a impantanarsi nelle retrovie nel cercare una soluzione a tali problemi, una capacità da non sottovalutare a questi livelli. Ciò è avvenuto più o meno dalla vittoria di Assen, dopo un inizio di stagione terribile a fare il birillo per Morbidelli (in Argentina), per Bagnaia (in Francia) e per Lorenzo (in Catalunya). Viñales, a fine 2019, dava finalmente la sensazione di essere davvero un pilota capace di lottare per il mondiale alla vigilia del 2020, supportato da una Yamaha finalmente tornata ai vertici e anche dalle gomme Michelin, che sembravano avvantaggiare la M1. I test sembravano dare conferma di ciò.
Eppure, nonostante tutte queste belle premesse e addirittura l’infortunio di Marc Márquez di cui avvantaggiarsi, l’inizio di Viñales fa un po’ storcere il naso. Il perché è dato dal pilota che si trova in testa alla classifica col #20, Fabio Quartararo. Vedere un pilota privato, debuttante appena dodici mesi fa, andare più forte rispetto a colui che è pilota ufficiale da oramai quattro anni, non fa ben sperare nelle prospettive future di “Top Gun”. Tra l’altro, i due successi del francese sono arrivati sulla pista di casa di Viñales, un ulteriore smacco sul piano psicologico.
E i problemi non sono solo nel breve, ma anche a lungo termine: dal 2021 i due faranno coppia ma già adesso si ha la sensazione che Quartararo, con molti meno anni di MotoGP sulle spalle, sia più completo in quasi tutto rispetto allo spagnolo. Tutte le differenze tra i due sono saltate fuori nel GP andaluso, come detto da Mauro Sanchini e come constatato sin dalle prove: nella Q2 Maverick va leggermente oltre il cordolo e il suo tempo per battere Fabio è nullo; poi, per la domenica, c’è Quartararo che tenta la fuga e Viñales che, pur di evitare ciò, va lungo e perde totalmente la bussola, scendendo addirittura fino alla sesta posizione in pochi giri. Solo i ritiri di Morbidelli e Bagnaia e il suo sorpasso su Rossi a due giri dalla fine hanno permesso allo yamahista di salvare la faccia in questa gara.
Altre cose che mi fanno pensare come Viñales sia un gradino sotto ai fenomeni della MotoGP sono i punti deboli dello spagnolo. Márquez e Quartararo, oramai entrambi considerati fenomeni a unanimità, non presentano grosse crepe nella loro preparazione, mentre “Top Gun” ha più di un punto debole. Le partenze, la bagarre (non l’abbiamo scoperto domenica che Viñales non è un gran staccatore, basti vedere anche Motegi e Phillip Island 2019), sono difetti realmente importanti e che nell’economia di un campionato possono far perdere tanti punti. Il più grave è però quello relativo alla perdita di prestazione in gara rispetto alle libere: tante, troppe volte abbiamo visto la coppia Viñales-Yamaha essere competitiva per il successo, per poi invece deludere e finire addirittura fuori dal podio.
Provo anche a immedesimarmi nel #12 e comprendo come la sua situazione non sia facile. Dopo esser arrivato alla corte Yamaha sostituendo un certo Jorge Lorenzo con la prospettiva di essere la punta di diamante del team, Viñales ha dovuto fare i conti, e li sta ancora facendo, con la presenza di un fenomeno con tanta esperienza come Valentino Rossi. Nel confronto col pesarese ha sì prevalso, ma non nel modo atteso, non con la differenza che ci si aspettava; anzi, nel 2018 ha persino chiuso alle sue spalle in campionato, cosa che mi stupì in positivo per Vale ma molto in negativo per Maverick. Inoltre, superato ciò dovrà vedersela con il nuovo giovane rampante, che già ora con una moto non pienamente ufficiale gli sta facendo patire le pene dell’inferno. Almeno è fedele al soprannome che porta, “El Diablo”.
Già da Brno, pista dove Viñales non ottiene grandi risultati da almeno tre anni, deve esserci la prima risposta convincente, sia nei confronti di Quartararo che di tutti gli altri concorrenti, Márquez compreso se dovesse correre. Solo il tempo e le prossime gare ci faranno capire se Viñales sarà degno di essere considerato un candidato al titolo MotoGP. In fondo, come nella scena di Top Gun menzionata all’inizio, alla fine è proprio Maverick, interpretato da Tom Cruise, a prevalere nell’allenamento contro Jester, e chissà che non possa ripetersi anche nelle moto.
Fonte immagine: motogp.com
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