Formula E, una questione d’equilibrio

BlogParola di Corsaro
Tempo di lettura: 8 minuti
di Alyoska Costantino @AlyxF1
28 Febbraio 2023 - 22:12

Con l’avvento della Gen3 di vetture ed alcuni accorgimenti al regolamento, la categoria sembrerebbe aver trovato un maggiore equilibrio tra spettacolarità e valore sportivo.


Dover gestire una categoria motorsportiva oggigiorno rimanendo fedeli ai propri principi e capisaldi, figli magari di anni e anni di passione e di vita all’interno del mondo delle corse, può essere incredibilmente difficile. Anche le massime serie mondiali e non, a due e a quattro ruote, hanno dovuto sottostare a dei dettami totalmente nuovi nel cercare di accaparrarsi la maggior fetta possibile di pubblico; anche a costo di snaturare la categoria stessa, pur di preservare la sua sopravvivenza.

Gli esempi sono molteplici: la MotoGP introdurrà la novità della Sprint Race quest’anno per, a detta di un trasparente (anche fin troppo) Jorge Viegas, attirare maggior pubblico davanti alle TV e sugli spalti nelle giornate di sabato; la SBK ci ha provato prima con l’inserimento del Balance of Performance e poi con l’introduzione della griglia invertita, prima di correggere leggermente il tiro con una terza manche più corta; il Supercross ha visto l’introduzione delle Triple Crown con un format a tre gare sia per la 450cc che per la 250cc; persino una serie nazionale come il BSB ha dovuto attuare mezzucci del genere con l’invenzione dello Showdown, più e più volte rivisto nelle modalità.

Per non parlare poi di quanto successo con la Formula 1, oramai lontana parente, in termini di prodotto, da ciò che era anche solo una quindicina-ventina di anni fa, grazie (o a causa, dovrei dire) a scelte quali il DRS, il Parco Chiuso, pit stop obbligatori, la Sprint Qualifying e via discorrendo.

I casi in cui la tendenza è stata invertita, ovvero cercando di eliminare potenziali aspetti capaci di generare “spettacolarità artificiosa”, sono decisamente inferiori in numero. Il primo esempio che può venire in mente è la Indycar, che ha prima eliminato l’introduzione dei doppi punti all’ultima gara e per il 2023 ha deciso di fare lo stesso anche con la Indy 500, su cui per anni invece si è insistito.

Su questo aspetto, fare un rapporto uno a uno di ogni singola categoria descritta poco sopra con la Formula E non sarebbe possibile, poiché nate sotto Natali completamente differenti. Essendo una serie molto giovane (arrivata ad appena nove anni d’età), essa è partita sin da subito come una serie con l’intento di innovare; non solo sull’aspetto tecnologico diventando il primo campionato 100% elettrico, ma anche stravolgendo il concetto stesso di motorsport, nel tentativo di ammagliare in primis il grande pubblico.

L’esperimento, alla fine, è stato un successo e tutt’oggi la FE è un prodotto di fama mondiale, considerata tra le massime categorie a quattro ruote nel panorama internazionale. Tutto ciò passando per scelte che avranno sicuramente fatto storcere il naso più di una volta a chi vorrebbe vedere il motorsport privo di più fronzoli possibili (tra cui io), ma che sono riuscite ad attirare l’attenzione della massa, un bacino d’utenza decisamente più capiente del classico zoccolo duro di appassionati di motori (che, tra l’altro, ha sempre snobbato un po’ a priori la categoria per via della stessa natura elettrica).

Invenzioni come il FanBoost, il cambio di macchina a metà gara, l’Attack Mode sono solo alcune di quelle che sono state introdotte (e poi nel caso eliminate) nel corso della finora brevissima vita della categoria. Pur osteggiando quella che può essere l’introduzione in sé, non si può che fare un plauso agli organizzatori della serie per la loro inventiva nel cercare modi sempre nuovi di innovare non solo la Formula E, ma anche il panorama motorsportivo nel suo complesso.

Non credo, infatti, di essere in errore nel pensare che molte categorie (tra cui la stessa Formula 1) abbiano dovuto avvicinare la filosofia della FE dando più risalto alla spettacolarità che ad altro. Basti solo pensare alle famose votazioni del “Driver of the Day” ad ogni Gran Premio di F1, in cui si può votare tramite social il proprio pilota del giorno, proprio come si faceva col FanBoost (anche se in questo caso non ha risvolti in pista ma semplicemente si esprime una preferenza).

Nel mio piccolo, però, lo scenario ideale era un altro: col finire del primo ciclo di vita della categoria con le vetture Gen1, l’arrivo di molti marchi altisonanti del settore dell’automotive in forma ufficiale (Audi, BMW, Renault, Jaguar, ecc.) e di piloti di livello sempre maggiore e dai nomi altisonanti (Lucas Di Grassi, Sébastien Buemi, Pascal Wehrlein, Antonio Felix Da Costa, Jean-Éric Vergne e molti altri), mi ero aspettato dalla Gen2 un prodotto più “maturo”, meno alla ricerca di pubblico facile e più focalizzato sulla natura motorsportiva più pura e semplice, eliminando dunque quelle artificialità che la stavano ancora dipingendo come uno show, più che come una gara.

E’ per questo motivo che, non lo nego, ho abbandonato momentaneamente la categoria per un paio di anni tra il 2021 ed il 2022, in quanto deluso dalla direzione intrapresa dalla serie e dal suo proprietario Alejandro Agag, completamente opposta a quella che, forse ingenuamente, immaginavo come la più conveniente e “giusta”, anche per togliere alla Formula E quell’alone di “evento d’intrattenimento” che ricopriva la cosa più importante: la gara.

L’avvento della Gen3, tuttavia, mi è sembrato un buon pretesto per ridare una chance al campionato dopo la momentanea pausa. Nonostante l’impatto iniziale della nuova vettura, in termini estetici, non sia stato dei migliori, sono stati i freddi numeri a dare una visione decisamente più ottimistica rispetto a quanto si era visto dalle Formula E di seconda generazione, le quali, in certe condizioni, erano paragonabili a dei catafalchi con agilità e manovrabilità di guida scarse (specie sul bagnato e specie negli strettissimi cittadini).

Sin dai test al Ricardo Tormo la nuova vettura, più leggera, potente e dalle misure estremamente più contenute aveva permesso ai piloti di spingere maggiormente i limiti della macchina, con cronometrici parecchio interessanti. Anche le prime cinque gare dell’anno hanno confermato questa sensazione, permettendo ai protagonisti gare più combattute e nelle quali le Gen3 si sono dimostrate dalla risposta più pronta. Un eventuale errore del pilota stesso risulta ben più “suo” rispetto al passato. Sta anche emergendo una differenza più marcata tra le squadre più preparate (e dunque più meritevoli di vincere) e i piloti migliori rispetto alle compagini di seconda fascia.

Questa nuova vettura, già da sé, ha spostato di parecchio l’ago della bilancia che vede sui due contraltari il valore sportivo e la spettacolarità artificiosa della serie, pendendo più verso la prima. Un altro (gradito, da parte mia) cambiamento in tal senso è stata l’eliminazione del FanBoost: con tutto il rispetto per chi punta molto sulle caratteristiche social di un proprio prodotto, pensare di vedere un pilota con un vantaggio tecnico perché “è il più amato dai fan” mi fa tutt’oggi accapponare la pelle.

Anche l’aver modificato il format di gara, non più a tempo ma a giri, la si può definire una scelta che strizza maggiormente l’occhio ad un concetto di corsa più classico. Osservando queste vie intraprese, dunque, si può dire che la Formula E abbia effettivamente optato per un approccio un po’ più “bilanciato” della propria natura, non più votata solo allo spettacolo e alla casualità.

Nonostante ciò, la Formula E non ha tradito la propria essenza di serie sempre alla ricerca di un pizzico di novità. L’esempio perfetto lo fornisce il nuovo format di qualifica, in parte mantenuto invariato col mantenimento dei gruppi ma allo stesso tempo stravolto nella sua parte conclusiva con l’introduzione degli Head to Head.

Una scelta, quella della battaglia uno contro uno sul giro secco, a cui inizialmente non avrei concesso una lira, ma guardando le qualifiche di Città del Capo ammetto che come innovazione mantiene a sua volta il giusto equilibrio tra valore sportivo e spettacolarità: da una parte esalta la capacità sul giro secco del pilota che emerge vittorioso dal confronto (ed evitando scene già viste in altre categorie con attese infinite, traini, ricerche ossessionate delle scie); dall’altra regala un’innovazione simile ad un mini-torneo che strizza l’occhio ai più. Se si fosse deciso di puntare tutto sul valore sportivo, probabilmente la soluzione migliore sarebbe stata una pura lotta tra i migliori otto sul giro secco.

Tuttavia, per quella che è la mia fruizione, molti aspetti della Formula E sarebbero tutt’oggi da mutare: l’aggiunta dei giri extra a fine gara in caso di Safety Car o fasi di stallo della corsa, ai miei occhi è solo un modo per rendere più imprevedibile un ePrix in maniera del tutto non necessaria, mentre ancora oggi fatico a concepire l’esistenza dell’Attack Mode per inserire forzatamente l’elemento strategico in una serie già colma di battaglie, specie quando rischia poi di falsare una gara (come ha rischiato di accadere proprio in Sudafrica, quando Da Costa ha sbagliato l’ingresso nella parte più esterna del circuito dovendo rifare il passaggio nella zona dell’Attack Mode).

Forse anche queste caratteristiche saranno riviste col tempo, spostando nuovamente l’ago della bilancia della serie. Intanto, però, è giusto che questa nona stagione abbia una chance da parte mia.

Fonte immagine: mclaren.com

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