Brembo

Formula E, campionato giusto al momento giusto

di Samuele Prosino
Pubblicato il 4 Febbraio 2018 - 00:15
Tempo di lettura: 5 minuti
ARTICOLO DI ARCHIVIO
Formula E, campionato giusto al momento giusto
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Questa sera ho visto l’ePrix di Santiago e devo dire che, come al solito, è stato un gran divertimento. Una mia opinione personale? Non proprio. Chi ha visto le ultime gare di Formula E sa che lo spettacolo non è mai mancato, che i vincitori non sono scontati, che la narrazione va avanti di gran passo.

La Formula E è il campionato giusto, al momento giusto. Ha tutto quello che attualmente altri campionati non hanno: una base di partenza totalmente differente (l’elettricità al posto del petrolio); un mix di piloti di qualità dal pedigree diverso (non solo formulisti); un impareggiabile partecipazione e interesse da parte delle case costruttrici (perché, mettetevi il cuore in pace, fra qualche anno il mondo dell’automobile sarà diverso); un elenco di partner che hanno una facilità pazzesca nel giustificare il loro sforzo di marketing (il messaggio ecologico, la sostenibilità, la tecnologia). Oltre a tutto questo, un regolamento relativamente semplice dà vita a gare difficilmente scontate, il che ovviamente è un vantaggio per la promozione di tutto il sistema.

Il campionato è bello e avvincente, e questo dovrebbe suonare non come un campanello d’allarme per gli altri, ma piuttosto come punto di una nuova partenza.

Facciamo l’esempio ovvio, cioè il confronto con la Formula 1. Oltre a eliminare le ombrelline e appiccicare l’halo – cosa che per altro ha fatto anche la Formula E, solamente aggiungendoci un design futuristico attorno – ci sono problemi molto gravi alla base dello sport. Prima di tutto, in Formula 1 è venuto meno uno dei fattori sui quali ha poggiato l’era considerata “d’oro”, quella tra gli anni ’70 e gli anni ’80: l’esasperazione della velocità allo scopo di sviluppare la miglior tecnologia. Attualmente la Formula 1 si basa su un sistema ibrido molto costoso e poco affascinante, visto che fa l’occhiolino proprio alla Formula E, e un po’ anche al WEC visto che i piloti non devono consumare troppo.

La risposta che la F1 dovrebbe dare, per ritornare a essere unica sarebbe questa: “ok, lasciamo alla Formula E l’elettricità e lasciamo al WEC la parzializzazione del pedale del gas: facciamo sul serio e costruiamo una macchina che va spremuta punto e basta con un motore vecchia scuola. Lasciamo agli altri lo sviluppo tecnologico e facciamo solo una cosa: auto che vanno più forte rispetto alle altre categorie, in modo da poter essere di nuovo considerati come la Serie A del motorsport”. Lo faranno mai?

Un’altra cosa che la Formula E sa fare è dare ai piloti macchine che non vanno sui binari. Anche la Indycar lo ha capito e ha messo in piedi un aggiornamento che darà ai piloti una bestia più difficile da controllare. La Formula 1, per qualche motivo ignoto agli appassionati che la guardano, vive sotto la dittatura aerodinamica e elettronica: le auto sembrano sempre sufficientemente controllabili e soprattutto programmabili a suon di bit. Un po’ di semplificazione non guasterebbe. Sembra che non venga capito, però.

Il buon Alessandro Secchi, che mi ospita qui e al quale probabilmente dovrò offrire una birra visto che mi ha onorato di darmi uno spazio, da sempre è sfavorevole al DRS. Io non sono sfavorevole a questo sistema, come del resto non mi dispiace il fan boost. Se però lo vogliamo davvero togliere, bisogna convincersi che la Formula 1 non deve essere per forza uno spettacolo di sorpassi. Quando guardiamo la Formula E o il WEC o qualsiasi altra cosa non siamo mai, e sfido a provare il contrario, a criticare lo spettacolo se mancano i sorpassi; e dovremmo fare così anche con la Formula 1. Nel motorsport è tutto divertente, basta ragionare sul perché avvengano certe cose in corsa. Anche in questo caso la Formula E insegna: la narrazione è importante. La regia, le grafiche, i team radio: tutto è organizzato in modo che lo spettatore venga coccolato durante la corsa. Non ci sono particolari filtri e ciò è molto apprezzato.

E qui si arriva alla nota dolente: il marketing. Nessuno nega che la Formula 1 sia globalmente ancora in posizione predominante, come interesse, ascolti e quant’altro. Ma la morìa delle sponsorizzazioni è cronica e tantissimi partner potenziali si dirigono dove? Nella Formula E, ovviamente. Luogo nel quale si può fare marketing e comunicazione senza avere la responsabilità di spiegare al consiglio d’amministrazione il perché sia utile sponsorizzare un team condannato alle retrovie o una serie che fa dello spreco di denaro il suo feticcio più caro. La Formula 1 è un buco finanziario pazzesco, proprio perché nessuno ha il coraggio di semplificare.

Liberty Media sta provando a fare qualcosa all’americana, sta provando a dare sfogo alla sua narrazione e forse qualche risultato a livello di comunicazione potrebbe anche coglierlo. Ma il sistema, per funzionare bene, deve avere gli ingranaggi a posto dappertutto. La Formula E può essere la medicina giusta per la F1, uno sprone a trovare il vero filo conduttore che ora manca. Anche se, allo stato attuale, si ha l’impressione che sotto il tappeto vengano ancora nascoste spanne di polvere.

Immagine: Formula E Twitter


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