Ferrari, quel bagno d’umiltà che male non farebbe (dopo 15 anni di digiuno)

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di Alessandro Secchi @alexsecchi83
6 Novembre 2023 - 19:35
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Tassativo per la Rossa, per il 2024, è restare con i piedi a terra sin da inizio anno. Perché contano i risultati più delle parole

A due gare dalla fine della stagione è difficile non parlare di un’altra stagione fallimentare per la Ferrari. Iniziato con squilli di trombe al grido di “La SF-23 sarà una monoposto dalle prestazioni senza precedenti” e dall’obiettivo mondiale secondo il suo appena incaricato Team Principal, senza scomodare dati troppo precisi il 2023 dopo venti gare è l’ombra sbiadita del 2022. In classifica costruttori i punti in meno sono 125 e un’ulteriore aggravante è data dal fatto che, un anno fa, a due gare dal termine si erano disputate 2 Sprint e non 6.

Sette podi, una vittoria e sei pole contro rispettivamente 18, 4 e 12 sono però un numero ben più pesante da digerire, soprattutto per come era iniziato il ciclo tecnico nel 2022. Sono bastate poche gare per capire che la Rossa avrebbe faticato nei confronti della Red Bull, mentre un anno fa si iniziava la stagione con l’impressione di essere sul pezzo e poter lottare per il titolo.

A questo ci sono tanti elementi che possiamo aggiungere tra problemi nelle strategie, al muretto ed errori dei piloti che completano un quadretto ancora troppo negativo per la Scuderia più titolata del Circus.

Siamo arrivati a 16 anni dall’ultima affermazione nel mondiale piloti, quella di Kimi Raikkonen e a 15 dall’ultimo titolo Costruttori. E la sensazione è che questa striscia sia destinata ad allungarsi. Non che voglia fare l’uccello del malaugurio, ma per troppe volte si è sentito parlare di stagione della riscossa trovandosi poi di fronte ad evidenze ben diverse.

Una Ferrari vincente in F1 sarebbe un colpo incredibile. Per la Ferrari stessa, per il nostro paese che annaspa da quasi 15 anni negli ascolti sotto i colpi di Mercedes e Red Bull, per il Motorsport in generale. Ma non sembra vedersi la luce in fondo al tunnel.

Una Rossa ridotta a prendersi i titoli del sabato per le Pole, per poi pagare dazio in gara, non è la Rossa che ci vuole. Le Pole fanno bene solo alle statistiche del pilota chi le ottiene (e fino ad un certo punto, quando Leclerc poi si trova con 21 Pole e 5 vittorie), ma è sempre la domenica che porta i risultati che servono davvero.

Torno alle dichiarazioni di inizio stagione: fuori luogo, troppo, dopo un cambio di Team Principal a spezzare completamente il lavoro iniziato l’anno scorso. L’assurdo sta nel fatto che, al tempo di Binotto, la partenza mediatica era restata sotto la soglia di attenzione, chiamando in causa la necessità di tornare competitivi dopo 2020 e 2021 e il bello è che era stato così, almeno nella prima parte di stagione. A quale pro – visibilità esclusa, ma la Ferrari ne ha bisogno? – lanciarsi in pronostici che vengono poi puntualmente disattesi?

Ecco perché questa stagione rientra tranquillamente nel fallimentare. Perché il corso del 2022 è stato fatto passare come un disastro e il 2023 è decisamente peggio, con la differenza che non si può criticare troppo chi è al primo anno. Vasseur aveva giustamente bisogno di qualche mese per entrare nel gruppo, ma dopo un anno non sembra che sia cambiato molto in alcune dinamiche per come le si vedono da fuori.

L’anno scorso si diceva che il 2023 sarebbe stato importante per capire alcune cose. Ora stiamo slittando di un altro anno. Mi auguro che lo scotto delle dichiarazioni di questo febbraio siano di insegnamento per quando verrà presentata la prossima monoposto.

Ci vuole più umiltà, più consapevolezza, più molte cose per vincere che dire che succederà. Perché a parlare, alla fine della stagione, sono sempre i punti nelle classifiche e non le parole di presentazione.

Immagine: Media Ferrari

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