Un anno fa circa, Fernando Alonso se ne andava da Monza da capoclassifica, con una gara e mezza di vantaggio su Sebastian Vettel. Sappiamo, purtroppo per la Ferrari, com’è andato a finire il Mondiale.
Oggi Fernando Alonso è andato via da Monza con 53 punti di svantaggio da Sebastian Vettel. E, considerato che da Singapore in poi solitamente sono tutti fortini Red Bull, mi permetto di poter dire che, questo campionato, è bello che andato. E non da ora, probabilmente.
Inutile stare ad ascoltare proclami di guerra e di non arrendevolezza da parte di chiunque all’interno della Ferrari. Certo, a sette gare dal termine, dal punto di vista della squadra non si può dire che la partita è chiusa. Non si può per tanti motivi, etici e politici, non si può per i tifosi, per gli sponsor. Insomma, non si può. Anche se, in cuor suo, Domenicali saprà bene che non c’è trippa per gatti da qui alla fine dell’anno.
Singapore potrebbe essere l’ultimo tentativo disperato di arginare le lattine, ma io credo che ormai sarà impossibile recuperare. A meno di eventi improbabili, impossibili, fantasmagorici, c’è poco da dire e da fare, se non gufare ostinatamente nella speranza che l’affidabilità della Red Bull torni quella del 2010. Ma anche oggi, abbiamo visto che quando la fortuna gira dalla tua parte non ci sono ingranaggi che tengano. Le due Red Bull sono arrivate al traguardo nonostante problemi ad entrambi i cambi.
Affidabilità o meno, l’autorevolezza con la quale Vettel e la Red Bull hanno comandato la gara ricordano annate gloriose tinte di Rosso. E, in piccola percentuale, è magari anche per una specie di frustrazione prolungata da parte dei tifosi ferraristi che al tedesco, sotto il podio, è stata indirizzata una bordata di fischi tale da infastidire persino l’odiato compagno Webber, che ha addirittura difeso la vittoria del biondino nel dopo gara. Oltre ad una certa dose di ignoranza e poco rispetto che, come sempre, lasciano il tempo che trovano e dovrebbero essere emarginate, in F1 come in qualsiasi altra manifestazione.
Il tempo insegna, soprattutto nello sport, che un avversario un giorno potrebbe essere un alleato. Fischiare oggi per idolatrare domani, e viceversa, non trova correlazione sul vocabolario alla voce ‘coerenza’.
Così come gufare e insultare l’avversario (i tifosi), tirarsi le scie e darsi dei “geni” (piloti) e nascondersi dietro la sistematica affermazione che “il mondiale è ancora lungo” (team principal), sono segnali che, tutto sommato, la sconfitta è già stata assimilata e deve solo essere metabolizzata.
Appuntamento al 2014.
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