Credo che oggi il mondo del motorsport si possa ritenere molto fortunato. In un periodo nel quale, ultimamente, abbiamo avuto a che fare con episodi tragici e da non dimenticare, oggi ci siamo giocati tutti, Fernando per primo, un jolly importante.
E’ la terza volta in vent’anni che la curva tre di Melbourne è protagonista di incidenti clamorosi. Nel 1996, al primo giro della prima edizione corsa all’Albert Park, Martin Brundle è uscito illeso dalla Jordan spezzata in due dopo aver colpito la Mclaren di Coulthard ed essere volata in aria. Nel 2001 è stato il turno di Jacques Villeneuve, con la Bar, volato sulla Williams di Ralf Schumacher in una dinamica simile a quella di stamattina. Ai tempi, però, (era il 2001) la tragedia si è compiuta con la scomparsa di Graham Beveridge, commissario colpito a morte da una ruota della monoposto del canadese.
Arriviamo a stamattina. Giuro di non essermi accorto, nei primi secondi, che oltre alla monoposto ferma di Gutierrez ce ne fosse un’altra. E fortunatamente, quando le immagini hanno mostrato i resti della Mclaren, Fernando era già uscito dall’abitacolo: abbiamo rischiato tantissimo. Per un attimo la bandiera rossa mi ha fatto temere che ci fosse qualche ferito, e la storia di quella curva ha pesato nel mio sospetto. Fortunatamente, si è trattato solo di una procedura messa in atto per ripulire con calma la pista.
Se c’è una cosa sulla quale la Formula 1 deve essere lodata in un’epoca sportivamente povera, è la sicurezza delle monoposto. Fernando si è schiantato praticamente senza frenare e si è ribaltato più volte e con angolazioni diverse, uscendo illeso da un groviglio irriconoscibile. Sono immensamente felice di vederlo integro e sapere che una situazione potenzialmente devastante si è risolta con immagini e video che potranno essere ricordati per un rischio senza conseguenze.
Non per questo, però, dobbiamo dimenticare quanto è andata di lusso stamattina. E’ questione di centimetri, e i centimetri a trecento all’ora sono importantissimi. Oggi sono stati determinanti.
Che spavento.
(Immagine da Twitter, Copyright di Sutton Images)
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