Fenomenale, protetto, aggressivo, strafottente. Si apre il VerstappenGate

di Alessandro Secchi
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Pubblicato il 28 Agosto 2016 - 18:20
Tempo di lettura: 6 minuti
ARTICOLO DI ARCHIVIO
Fenomenale, protetto, aggressivo, strafottente. Si apre il VerstappenGate
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Era solo questione di tempo. Evidentemente Spa è terra fertile per gli scandali: vedi quattro anni fa da queste parti con protagonista Romain Grosjean, massacrato a quattro mani da chiunque per il botto in partenza che, i ferraristi ricorderanno bene, costò parte del titolo a Fernando Alonso. Il francese, è bene ricordarlo, fu poi squalificato per Monza.

Dopo quattro anni siamo qui con un nuovo problema sportivo-mediatico che corrisponde al nome di Max Verstappen, anni 18, baby fenomeno, baby vincitore, baby spartiacque in una F1 che, negli ultimi anni, si era plafonata su uno standard fatto di gentleman drivers.

Tecnicamente parlando siamo di fronte, sicuramente, ad un fenomeno, uno di quelli che nascono ogni 10/15 anni, forse di più. Vorrei che questo punto fosse chiaro come premessa a tutto quello che scriverò di seguito. Max Verstappen è potenzialmente un campione del mondo, senza se e senza ma.

Del suo arrivo precocissimo in Formula 1 con la Toro Rosso (e del suo approdo in Red Bull ai danni di Daniil Kvyat) ho parlato sempre con una riserva, con dei dubbi riguardanti quello che può succedere ad un ragazzo portato a questo livello a questa età, psicologicamente parlando. Soprattutto, ho sempre avuto dubbi su quello che ruota attorno a lui: una figura paterna interessatissima alla carriera del figlio, pompata sin dalla tenera età, in primis. In tutto questo, però, non avevo considerato un dettaglio: se un padre interessato e determinato può anche essere comprensibile (anche se non condivisibile), non avrei mai pensato che anche ai piani alti della F1 avrebbero approfittato di una situazione simile. Lo dico senza molti giri di parole: Max Verstappen, fenomeno al volante, è il nome che serve alla Formula 1 per riempire gli autodromi e richiamare gli appassionati davanti allo schermo. Da qui, nascono dei qui pro quo regolamentari che scadono, come visto oggi, nel palese.

Non è la prima volta che Verstappen non solo non viene sanzionato, ma nemmeno investigato per alcuni suoi comportamenti aggressivi, oltre le righe, oppure (e questo è grave) pericolosi. Questo, unito all’incomprensibile diversità di giudizio che vediamo tra un Gran Premio e un altro da parte dei commissari, ha fatto nascere il sospetto (che per me è più che tale) che Max sia difeso oltremodo per i suoi comportamenti per non macchiare l’immagine del nuovo che avanza in Formula 1.

Ribadisco, se la premessa fosse sfuggita, che reputo Verstappen un fenomeno assoluto per quanto riguarda velocità e aggressività onesta (cercate di capire cosa voglio dire). Gli ho visto fare sorpassi, staccate, magie che da tempo non vedevo in una F1 totalmente piatta. Al tempo stesso, ci sono dei limiti oggettivi che secondo me non dovrebbero essere superati, e Max questo continua a non capirlo perché, quando li supera, nessuno si adopera per richiamarlo a dovere.

Per quanto riguarda la gara di oggi ci sono almeno tre episodi che, con protagonisti altri piloti, avrebbero probabilmente suscitato altre reazioni. Tra queste, non c’è la partenza. Perché, dopo averla vista e rivista più volte, se proprio c’è da dare colpe in quello che è un incidente di gara con tre piloti che entrano nella stessa curva, queste sono di Vettel, che stringe troppo alla Source (come ha ammesso poi dopo la gara) senza avvedersi di Raikkonen al suo interno e, soprattutto, di Verstappen. Il primo contatto è quello tra la Ferrari #5 e la #7, la quale a sua volta cozza contro la Red Bull #33. Come al solito, la fortuna è tutta dalla parte di Kimi. Poi siamo sempre lì: non siamo noi in auto e non sappiamo cosa effettivamente si vede dagli specchietti infilati in abitacolo. Ma su Seb ci sarà da parlare in altri momenti.

Quello che ho trovato indecente è il fatto che Verstappen, per tutto l’arco del primo giro, sia andato largo praticamente ad ogni curva partendo dall’Eau Rouge / Raidillon con la scusa dell’ala anteriore danneggiata, sbattendosene dei track limits e creando scompiglio nel gruppo, con altri piloti costretti ad andare larghi, schivare detriti e via dicendo. Una condotta che non è permessa nemmeno nel multiplayer con la Playstation, e che evidentemente con un po’ più di ghiaia in giro non gli sarebbe stata permessa. Qui nemmeno l’ombra di una valutazione da parte dei commissari.

Secondo aspetto: sul secondo tentativo di Raikkonen di passare sul rettilineo del Kemmel, Max ha sì operato un solo cambio di traiettoria ma decisamente troppo repentino e troppo ritardato, quando cioè Kimi stava già scartando costringendolo ad alzare il piede per non centrarlo con conseguenze, tra l’altro, inimmaginabili per entrambi.

Terzo aspetto: sono passate da poco le gare in Austria e Germania, con Rosberg penalizzato per aver portato fuori pista Hamilton e lo stesso Verstappen. Perché, con Raikkonen e Perez a Les Combes, le manovre di Verstappen, che ha portato chiaramente fuori pista entrambi, non sono state nemmeno investigate?

Per finire, fanno rabbrividire le parole di Max nel parco chiuso, quando ha parlato di vendetta nei confronti dei ferraristi colpevoli di avergli rovinato la gara. Ragazzo, così non ci siamo, e non perché dall’altra parte c’erano due Ferrari, ma perché correre per vendetta è quanto di più pericoloso ci possa essere, soprattutto se si hanno 18 anni e, di fatto, inesperienza.

Tutto questo è notevolmente preoccupante, perché in pista non c’è un altro elemento allo stesso livello di Max capace di fargli capire con le buone o con le cattive (ad esempio replicando alcune sue difese) che in certe occasioni si rischia grosso. E non vedo nemmeno un pilota che possa prenderlo a muso duro, non necessariamente davanti alle telecamere, dicendogli che così, prima o poi, qualcuno si farà male. Preferiscono tutti dire via radio “Go to Charlie”.

Quello che ho visto oggi crea un bel precedente, ma soprattutto mi fa puntare il dito ancora di più verso il metro di giudizio volubile che viene seguito gara dopo gara. Sembra di assistere a corse con regolamenti diversi ogni due settimane, in cui un’azione, in base a chi sta dietro il vetro (e in base a chi sta al volante) può essere condannata, semplicemente investigata oppure totalmente ignorata.

Certa è, però, una cosa: se salvaguardare un baby fenomeno deve scadere nel proteggerlo contro le regole, ancora una volta c’è qualcuno che ha capito veramente poco.

Spero vivamente che non si arrivi al punto di non ritorno, che non voglio nemmeno nominare. Perché poi sì che sarebbero problemi grossi.

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