P300.it ha avuto il piacere di scambiare quattro chiacchiere con il tester della vettura ricordata come la più lenta nella storia della F1
Quando, a metà del 1989, in un capannone di Formigine l’imprenditore Ernesto Vita comunicò al mondo della F1 di voler scendere in pista con una sua vettura nella stagione successiva, non tutti gli diedero importanza. Erano anni in cui il mondiale era pieno di team più o meno seri pronti ad entrare dalla porta principale per poi uscire dalla finestra. Un po’ di attenzione in più verso questo progetto, denominato “Life F1”, arrivò quando l’ingegnere Franco Rocchi decise di supportare la squadra modenese con l’installazione del suo W12 “stellare”.
Una cosa del genere in F1 meritava attenzione e fu così che la breve storia della Life in F1 iniziò anche in pista, esattamente 35 anni fa. Franco Scapini, classe 1962 e un passato da buon pilota nelle formule minori e nei prototipi, in questa intervista che gentilmente ci ha concesso ha raccontato la sua… “Life” come collaudatore della squadra in quella stagione che, indipendentemente dai risultati in pista, tanti appassionati ricordano ancora oggi.
Franco, come arrivi in Life F1 e che prima impressione hai avuto del team?
“Alla Life mi aveva portato l’ingegner Gianni Marelli, con cui avevo lavorato l’anno precedente nel Mondiale Prototipi con la Lancia LC2 Gr. C. Quando arrivai a Formigine alla sede del team, la prima volta, tutto era in gran parte ancora in allestimento. Ma il gruppo tecnico era di prim’ordine: Rocchi ingegnere motorista, Marelli ingegnere progettista, Salvarani ingegnere cambista (il creatore dei cambi Ferrari, anche di quello a T delle vittoriose 312T, ndr), Pinelli responsabile sala prova motori (ex responsabile sala prova motori Ferrari, ndr). Quindi queste premesse tecniche mi hanno convinto a firmare il contratto che era di collaudatore e pilota di riserva, ma che prevedeva poi l’inserimento a secondo pilota titolare non appena anche la seconda vettura fosse stata approntata. Si parlava del Gran Premio di Imola. Poi andò, purtroppo, diversamente”.
Ci puoi raccontare le sensazioni provate nel primo test con la macchina?
“Provai la macchina per due giri dimostrativi sul circuito corto di Vallelunga, il giorno della sua presentazione. Facemmo due giri sia io che Gary Brabham, che in quel momento era l’unico pilota titolare. In quei due giri non ebbi assolutamente modo di capire niente. Forse solo il fatto che l’abitacolo era veramente piccolo, ma già ne n’ero reso conto quando cercai di fare il sedile al team giorni prima. Il sedile non ci stava e quindi noi piloti eravamo legati direttamente a contatto con la scocca. Avevamo solo uno scivolo con la forma delle gambe sotto di esse, dalla natica al ginocchio”.
Che “indirizzo” aveva lo sviluppo nei primi mesi del 1990?
“Sin dal primo test vero e proprio che svolgemmo a Monza, tutto si concentrò sulla risoluzione dei problemi che aveva il motore. Il primo motore si ruppe con me alla guida, lungo la discesa che da Lesmo porta alla variante Ascari. Non ci fu poi più alcun indirizzo di sviluppo per il telaio o l’aerodinamica, poiché i problemi del motore assorbivano tutti gli sforzi sia tecnici che economici, che fu chiaro sin da subito come fossero risicatissimi…”.
Ricordi che velocità massime aveva raggiunto il 12 cilindri stellare di Rocchi?
“Mah…. allora: a causa dei problemi che non si riuscivano a risolvere, il motore doveva essere utilizzato anche a 2000 giri meno di quelli a cui effettivamente poteva girare. Va da sé che ad un motore di F1, un 12 cilindri, se togli 2000 giri di utilizzo quando ne ha già solo circa 4500 il risultato è che la velocità di punta ne risenta in modo drastico. È come prendere una qualsiasi auto e andare in autostrada con soltanto tre quarti di gas aperto! L’unica volta che tutto ha funzionato, a Misano durante un test che facemmo al ritorno dalle trasferte di Phoenix e Interlagos, la macchina aveva una velocità di punta decente in quanto quel giorno feci un tempo di 1:04 se non ricordo male. Perché dico decente? Perché si leggono un sacco di sciocchezze circa il fatto che la Life fosse più lenta di una F3. Beh, nel 1990 la F3 a Misano aveva il record fissato in 1:14 e pochi decimi. Con la Life quella volta il tempo fu di 10 secondi abbondanti inferiore… e il rettilineo di Misano non è che fosse lungo”.
C’è un episodio particolare di quella stagione che ancora ricordi a distanza di 35 anni?
“Ma sì, ce ne sarebbe più di uno. Ma quello che più mi ha segnato è stata tutta la vicenda che ha riguardato il rilascio della mia superlicenza. E anche su questo sono state scritte una marea di stupidaggini. Dopo che il boss, Ernesto Vita, licenziò Brabham, io avrei dovuto subentrare a lui. Ero iscritto al campionato come pilota di riserva e anche già come secondo pilota, cosa che si può sentire anche nel recente film su Senna, quando viene letta la lista delle squadre e dei piloti ufficiali per il campionato 1990. Il fatto è che tutti i piloti dovevano chiedere la licenza attraverso la propria Federazione di appartenenza, nel mio caso la CSAI. Quindi la Federazione, dopo avere vagliato tutto, mandava alla FIA la richiesta della superlicenza. Si doveva quindi riunire la sottocommissione velocità e deliberarla. Era la prassi. Per tutti.
Ora, Vita aveva licenziato Brabham… e io mi chiamo Scapini. FOCA e FIA, un nome come quello di Brabham, più che volerlo in schieramento non volevano che fosse associato a un licenziamento, tra l’altro da parte del team ultimo arrivato. Non andava bene. Quindi tergiversavano con il rilascio della mia licenza per costringere Vita a tornare sui suoi passi e a non licenziare Brabham. A me fecero addirittura fare le prove FOCA collettive la settimana precedente il GP. Scesi in pista con tutti gli altri, ma la licenza non arrivava perché la commissione velocità non si era ancora riunita per deliberarla. Arrivati alla settimana della gara la Life era ancora senza pilota.


Anche su mio consiglio, quindi, Vita contattò Giacomelli, con cui l’anno precedente avevo diviso la guida della Lancia LC2. Bruno quell’anno era pilota tester della Leyton House e aveva già corso diverse stagioni in F1. Lui con la licenza era a posto, quindi arrivò lui. A me la licenza venne data la mattina delle pre-qualifiche del Gran Premio di San Marino 1990. Ero li davanti al box Life appena prima dell’inizio delle pre-qualifiche. Mi si avvicinò il segretario FIA e mi invitò a salire con lui in ufficio, sopra nella palazzina. Andammo, aprì un armadio e prese una valigetta in pelle. L’aprì e tirò fuori un folder con dentro il foglio della mia licenza. Dandomela, mi disse: ‘tieni, sei ancora giovane, non stare li, trovati una soluzione migliore per correre”.
Immagini: Franco Scapini
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