F1, un cordiale saluto ai vecchi tifosi

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di Alessandro Secchi @alexsecchi83
14 Dicembre 2023 - 10:30
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La F1 punta sui giovani, sui giovani e ancora sui giovani. E i vecchi, intanto…

“Quello che dobbiamo fare è cercare di portare la Formula 1 a una dimensione di crescita e di coinvolgimento di persone, ragazzi e ragazze che non hanno al centro dei loro interessi il nostro sport”.

Le parole del CEO della F1 Stefano Domenicali, in collegamento durante la Cerimonia dei Caschi d’Oro d’Autosprint e la successiva (anzi, praticamente contemporanea) nomina via comunicato ufficiale di Jannik Sinner ad “Amico della F1” (???) sono un altro tassello che aiuta a capire, se ce ne fosse ancora bisogno, la politica e l’input dato da Liberty Media nella sua rincorsa all’espansione del punto di vista del pubblico e dei mercati da raggiungere con il Circus.

[ Ovviamente – ed è un bene ripeterlo – è la volontà aziendale quella che conta, quindi qui non se ne fa un discorso ad personam verso Tizio o Caio ]

Ne abbiamo già parlato in passato, ma queste dichiarazioni e collaborazioni cementano ancora di più una linea sicuramente proficua nel breve e medio termine quanto pericolosa nel lungo. Il sondaggio promosso da Liberty ormai due anni fa aveva riportato un’immagine molto chiara della modificazione del pubblico di riferimento della F1. Nel 2021 il 34% di chi aveva risposto (167.000 persone) seguiva la massima categoria da massimo cinque anni, un dato triplicato nei primi quattro anni di gestione Liberty.

Oggi questa percentuale potrebbe essere ancora superiore. Le continue iniziative pro giovani e l’apertura ai social hanno sicuramente portato un beneficio numerico nel numero di appassionati di una fascia d’età bassa (16/24). D’altro canto, un’ipotetica percentuale del 40% e più di persone che segue da massimo un lustro uno sport nato nel 1950 assomiglia più ad una sostituzione del pubblico che ad un’espansione, soprattutto quando la crescita di questa fascia è così alta.

Immaginate il calcio seguito da 4 persone su 10 senza ricordi diretti dei mondiali 2018 e di tutto ciò che c’è stato prima. Così la F1, oggi, potrebbe essere composta da una media di 4 fan su 10 che non hanno visto con i loro occhi metà dell’era ibrida. È un dato più che preoccupante e per diversi motivi.

Il primo, evidente, è che alla F1 sembra sempre più non interessare il vecchio pubblico, quello che nei decenni ha contribuito fortemente al passaggio della passione dello Sport alle generazioni successive. Questa catena si sta via via interrompendo: i giovani non si appassionano quasi più alla F1 per colpa (o grazie) ai genitori o ai nonni, che possono tramandare ricordi ed esperienze, ma perché “ingaggiati” direttamente con i contenuti social. I vecchi fan stanno lentamente abbandonando sotto i colpi di una strategia che non li vede non tanto al centro ma neanche ai margini in termini di interesse.

Far appassionare un adolescente ad uno sport “non al centro dei suoi interessi” può essere facile così come perderlo. La passione per un’attività qualsiasi nasce, nella maggior parte dei casi, da piccolissimi. Basti vedere a che età iniziano a correre i piloti: non scrivono ancora ma a 4 anni vengono piazzati sui minikart. E così vale per tantissimi altri sport. Ciò che viene cementato sin da piccoli cresce e resiste col tempo. Un ragazzo o una ragazza che oggi, a 15/16 anni, inizia a seguire uno Sport perché invogliato/a da TikTok o da un altro social, in un mondo dove la soglia di attenzione si è ridotta drasticamente è facile che tra qualche anno, all’arrivo di un’altra Liberty Media con la stessa politica nei confronti di un altro sport, prenda e se ne vada.

Dal punto di vista numerico chi sta gestendo la Formula 1 è entusiasta e, numeri alla mano, ha anche ragione di esserlo perché questi sono in aumento. Aumentano le presenze in pista, aumentano gli introiti, i numeri social, la popolarità e via dicendo. Ma questi sono aspetti prettamente aziendali e, per raggiungerli, in questi ultimi anni si è arrivati a metter mano alla sacralità dello Sport con l’inizio della rivoluzione dei weekend di gara. Novità, quella delle Sprint, indifferente o addirittura positiva per il nuovo pubblico (tornando al discorso di cui sopra) tanto quanto osteggiata dagli appassionati di vecchia scuola.

Facendo 1+1 si può capire il perché avere molto più pubblico giovane, neofita, magari ancora poco informato sulla storia e la tradizione, è necessario e positivo: non sarà infatti questo a lamentarsi di una qualsiasi nuova introduzione pro spettacolo come appunto le Sprint o, quando arriveranno, le griglie invertite. Saranno, nel caso, i vecchi tromboni rimasti in mezzo a tanti che hanno deciso di abbandonare la nave.

Anche nel calcio le partite sono diventate degli eventi e gli stadi di nuova generazione offrono attrazioni di ogni tipo tra centri commerciali o proposte di intrattenimento. Ma a nessuno, fino ad ora, è passato per la testa di allargare le porte, aumentarne il numero per avere più gol o cambiare il numero dei giocatori in campo. Nel calcio, come nel basket, la sacralità del gioco è stata preservata. In F1 si sta mettendo in discussione anche questa, solo ed esclusivamente per fini aziendali.

Non è tutto oro quello che luccica, si dice. In questo caso, di materiale che luccica ce n’è tantissimo finché si guarda il dito. Il problema è cercare di guardare la Luna. I conti veri si faranno non ora, non tra un mese ma tra diversi anni, quando Liberty Media avrà completato il suo piano di investimento e raggiunto il valore che vuole dalla “scatola F1” prima di passare ad altro. Una scatola comprata ad un buon prezzo, svuotata di oggetti di valore e vecchi ricordi, che si sta abbellendo per renderla più appetibile con una bella carta natalizia ed un fiocchetto brillante. Con tanti auguri a chi deciderà, un giorno, di comprarla.

Immagine: Media Red Bull

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