F1 | Storia del Gran Premio d’Ungheria

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Tempo di lettura: 5 minuti
di Francesco Ferrandino
20 Luglio 2016 - 10:40

Quando Nuvolari con la sua Alfa 8C della Scuderia Ferrari tagliò da vincitore il traguardo del 1° Gran Premio d’Ungheria, disputato nel 1936 tra le vie del parco Nepliget, nel centro di Budapest, era difficile immaginare che per la seconda edizione della gara si sarebbe dovuto attendere esattamente mezzo secolo, cioè la stagione 1986, quando l’Ungheria divenne il primo tra i Paesi dell’allora blocco socialista ad ospitare un Gran Premio del Mondiale di Formula 1, sull’Hungaroring, pista appositamente costruita.

In quella prima edizione “iridata” il brasiliano Nelson Piquet su Williams Honda (turbo) è protagonista di una lotta con un giovane connazionale, il paulista Ayrton Senna su Lotus Renault, culminata in uno storico sorpasso all’esterno della prima curva, decisivo per la vittoria del pilota carioca. Nelson riesce a fare subito il bis nel 1987 grazie alla cosmica sfortuna del suo compagno di squadre Nigel Mansell, che perde il bullone di una ruota dopo aver dominato 71 giri su 76.
Nigel si vendica vincendo al volante di una Ferrari l’edizione del 1989, quando riesce addirittura a rimontare dalla dodicesima posizione su una pista notoriamente ostica per i sorpassi: l’inglese ha ragione di Ayrton Senna, che da parte sua trionfa in Ungheria nel 1988 quando batte il suo compagno-rivale per il titolo, Alain Prost, in una stagione totalmente dominata dalle loro McLaren Honda. Ayrton si ripete nel 1991 (prendendosi la rivincita su Nigel, giunto secondo) e ancora nel 1992 nel giorno in cui Mansell, nuovamente secondo, vince matematicamente il suo unico e sospiratissimo titolo mondiale, ottenuto con largo anticipo sulla fine del campionato anche grazie a una Williams Renault pressoché imbattibile.

La scuderia inglese è prima anche nel 1990 col belga Boutsen, che sfrutta alla perfezione la sua pole position non concedendo spazi agli avversari più veloci, che finiscono per buttarsi fuori in contatti ravvicinati (Nannini con Senna, Mansell con Berger). Tre anni dopo la Williams Renault permette a Damon Hill, collaudatore promosso al rango di gregario del caposquadra Prost, di vincere il suo primo Gran Premio in Formula 1 (affermazione ripetuta nel 1995). Dieci anni dopo anche Fernando Alonso, su Renault, conoscerà tra le curve di Budapest la gioia per aver rotto il ghiaccio con la vittoria, come accade pure a Jenson Button nella piovosa e rocambolesca edizione 2006, quando l’inglese ottiene quella che per lui è la prima affermazione (si ripeterà nel 2011 con la McLaren Mercedes) ma che rappresenta anche l’unica per la Honda nel suo secondo periodo in Formula 1 (dopo il primo negli anni ’60) come Costruttore totale.

Nel 1994 vince Michael Schumacher su Benetton Ford, nel mezzo di una stagione infuocata di polemiche. Il pilota tedesco, passato alla Ferrari, si ripete altre tre volte risultando tuttora il primatista di vittorie in questo Gran Premio: in particolare resta memorabile la sua affermazione del 1998, quando in corsa il muretto ferrarista decide di cambiare strategia passando da due a tre soste, imponendo al pilota tedesco un ritmo da qualifica per il resto della gara che gli permette di ottenere una delle sue vittorie più belle. L’affermazione di Schumacher nell’edizione 2001 sarà anche quella che gli permette di vincere matematicamente il suo secondo titolo con la Ferrari, ottenendo pure il duplice aggancio ai record di Alain Prost, che viene uguagliato a quota quattro titoli mondiali e contemporaneamente a 51 Gran Premi vinti.
Negli anni ’90 il sostanziale dominio tecnico delle Williams Renault (progettate da Adrian Newey) viene confermato dalla doppietta nel biennio 1996-1997 di Jacques Villeneuve, la seconda delle quali ottenuta soltanto nelle ultime curve ai danni della sorprendente Arrows Yamaha del suo ex-compagno Damon Hill, aiutata anche dalle gomme Bridgestone. A fine decennio a fare doppietta è Mika Hakkinen, che vince nel 1999 e nel 2000 con la McLaren Mercedes (anch’esse “figlie” di Newey). Il successivo periodo vincente della Ferrari permette anche a Barrichello di vincere un’edizione, nel 2002, edizione che consegna matematicamente il campionato costruttori alla casa di Maranello.

Il tramonto dell’era Schumacher vede diversi piloti tuttora in attività che si spartiscono l’albo d’oro delle recenti edizioni del Gran Premio d’Ungheria: nelle ultime sei stagioni Hamilton ottiene ben tre vittorie (la prima delle quali in rovente polemica col compagno Alonso) tutte con la McLaren Mercedes, scuderia che vince anche nel 2005 con Raikkonen, nel 2008 con Kovalainen (al suo primo e unico successo in Formula 1, diventando il centesimo pilota a vincere un Gran Premio iridato) e, come detto, nel 2011 con Button.

La Red Bull qui ha fatto bottino pieno soltanto nel 2010 e non col tricampione Vettel, bensì con l’ormai partente Webber, che vinse un’edizione caotica dove, l’ingresso della Safety Car, creò pericolo ai box e indusse all’errore il suo compagno e attuale iridato in carica. Questo senza dimenticare le polemiche per il sorpasso operato da Barrichello (Williams) su Schumacher (Mercedes) che non gli facilitò la manovra, stringendo progressivamente verso il muretto dei box il pilota brasiliano, che riuscì a passare in uno spazio letteralmente millimetrico. Lewis Hamilton ha vinto le edizioni del 2012 e 2013: nel 2012 su Mclaren-Mercedes, nel 2013 su Mercedes GP. Imprevedibili le gare del 2014 e 2015, vinte da Daniel Ricciardo su Red Bull e da Sebastian Vettel su Ferrari, gli outsider di turno. Lewis Hamilton, nel 2016, conquista il suo quinto successo, record all’Hungaroring. L’ultima edizione del 2017 racconta di una doppietta Ferrari, con Sebastian Vettel vincitore davanti a Kimi Raikkonen. Vittoria sudatissima a causa di un problema allo sterzo sulla monoposto del tedesco, con il finlandese abile a coprire le spalle al compagno di squadra.

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