F1 | Spa 1998, quante storie: il botto del secolo, Coulthard protagonista a modo suo, Schumi che vola su tre ruote (ed aspirante Rocky), Hill all’ultima vittoria

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Tempo di lettura: 10 minuti
di Alessandro Secchi @alexsecchi83
24 Agosto 2023 - 16:10
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Il GP del Belgio 1998 è un’altra di quelle gare storiche che, chi era presente quel giorno, non potrà mai dimenticare.

Spa 1998 è quella gara che, da appassionato o tifoso quel giorno, è impossibile da dimenticare. Un concentrato di emozioni, paura, tensione e polemiche nella stessa gara difficile da ricordare nella storia della Formula 1. Alla domanda “Qual è stato l’incidente più spaventoso che hai visto in Formula 1” chi, il 30 agosto 1998, era capace di intendere e di volere, risponderà sicuramente “Belgio 1998”.

La carambola scatenata dopo la Source da David Coulthard, protagonista di inizio e metà Gran Premio a modo totalmente suo, resterà probabilmente unica nella storia per il numero di vetture coinvolte (13) e la conta dei danni in così pochi secondi di gara. Ma questo è solo l’inizio, una delle storie nella storia.

In una Spa-Francorchamps allagata e dove, al tempo, correre in condizioni proibitive non veniva ancora interpretato come un grosso problema di sicurezza, la battaglia iridata tra Michael Schumacher e Mika Hakkinen era arrivata ad un nuovo capitolo ad alta tensione della stagione 1998. Ma andiamo con ordine.

Due settimane dopo il miracolo di Budapest e ad un anno dalla schiacciante vittoria del 1997, tra le colline delle Ardenne diluvia ancora una volta e per la Ferrari, dopo l’Ungheria, il Belgio si trasforma in una nuova opportunità per recuperare punti sulla McLaren del finlandese leader del campionato, ora distante soli 7 punti. La classifica, dopo l’Ungheria, recita Hakkinen 77 e Schumacher 70.

Le McLaren, con Mika davanti a Coulthard, hanno conquistato l’intera prima fila in qualifica davanti all’ottima Jordan di Damon Hill e alla Ferrari di Schumacher. I due vecchi rivali hanno rimediato al sabato oltre un secondo di distacco dalle vetture d’argento e la gara, con l’asciutto, non avrebbe storia. Il meteo però non è d’accordo ed ecco il diluvio.

In partenza, fino alla Source, è tutto tranquillo, ma come si inizia a scendere verso l’Eau Rouge succede il finimondo. Storica resterà la sentenza “Tutto regolare sino a questo momento” di Gianfranco Mazzoni in diretta su Rai Due: un secondo dopo la quale Coulthard, decidendo involontariamente di prendersi la scena del GP in modo del tutto personale, in successione:

– Perde il controllo della McLaren su una griglia di scolo a bordo pista
– Dall’esterno taglia tutta la carreggiata in diagonale
– Va a sbattere sul muretto interno
– Rimbalza in mezzo alla pista mentre, da dietro, arrivano tutti gli altri

La McLaren diventa praticamente un muro per tutti. Passano indenni Hakkinen, Villeneuve, Schumacher, Fisichella e al pelo Damon Hill, che si vede passare davanti la McLaren #7 impazzita senza essere preso. La carambola coinvolge 13 piloti e altrettante macchine distrutte: Coulthard (ovviamente), Irvine, Wurz, Barrichello, Herbert, Panis, Trulli, Salo, Diniz, Takagi, Rosset, Nakano e Verstappen. Il papà di Max riesce a tornare ai box ma la sua Stewart è danneggiata alla posteriore destra. Ripartirà ma romperà il motore dopo un terzo di gara.

Altri due miracolati sono Tuero con la Minardi e Ralf Schumacher con la seconda Jordan, notabili dall’immagine qui sopra. Se per il pilota della Minardi la fortuna è di essere arrivato per ultimo in zona incidente, venticinque anni dopo è da notare l’intelligenza del tedesco che, capito cosa sta per succedere, prima evita l’evitabile e poi accosta sull’erba mentre, da dietro le altre monoposto sfilano impazzite verso il disastro. Quando non ci sono più macchine che possono distruggersi, il fratellino di Michael riprende lentamente la marcia tra i detriti e se ne va.

Inevitabile la bandiera rossa, che dura praticamente un’ora. Barrichello, Panis, Rosset e Salo non riprendono la corsa perché i muletti non sono pronti per loro ma per i compagni. Si riparte, quindi, con griglia ridotta ma ancora sotto la pioggia.

La seconda partenza regala un altro colpo di scena. Di vetture che si centrano all’uscita della Source stavolta ce ne sono solo due, ma una di queste è la McLaren #8 del leader del campionato Mika Hakkinen. Schumacher lo sfila all’esterno, le due macchine si sfiorano, lui anticipa un pelo col gas e si gira. Da dietro arriva Johnny Herbert con la Sauber, che non riesce ad evitare la McLaren e la prende piena sull’anteriore sinistra. KO per il finlandese e gara che si mette in discesa per la Ferrari: anche perché Coulthard finisce fuori in ghiaia dopo essersi toccato con la Benetton di Wurz e rientra in fondo al gruppo.

La Safety Car entra in pista per permettere di rimuovere la McLaren e, all’inizio del terzo giro, si torna finalmente a gareggiare. Damon Hill comanda davanti alle Ferrari di Schumacher e Irvine, tornato in pista anche se malconcio ad una gamba dopo il primo botto.

Il vecchio rivale ai tempi della Williams tiene la testa alla Ferrari per quasi quattro giri ma, alla fine dell’ottavo passaggio, Schumacher lo affianca alla vecchia Bus Stop e si porta davanti. In un giro rifila quasi cinque secondi ad Hill e si invola per un nuovo spettacolo personale mentre Irvine esce di pista, rovina l’ala e deve rientrare a cambiare musetto.

Il vantaggio su Hill sale giro dopo giro con un margine di almeno un secondo e mezzo guadagnato a passaggio. Dopo un terzo di gara sono 16. Le prime soste ai box coincidono con l’aumento di intensità della pioggia e si passa tutti alle full wet, con le quali Schumacher aumenta ancora il suo vantaggio su tutti. A metà gara Hill è a mezzo minuto. Ralf Schumacher (terzo) è a quasi 50 secondi dal fratello.

Sembra tutto incredibilmente sotto controllo. Anche troppo. La situazione resta stazionaria fino a quando Schumi, che di secondi di vantaggio su Hill ormai ne ha quasi 40, si avvicina alla McLaren di Coulthard nel corso del 25° passaggio. Lo scozzese è in ottava posizione ma è da doppiare: la cara, vecchia, ingombrante grafica del tempo rimarca i 2 minuti e 13 di ritardo dello scozzese dalla Ferrari in testa. Una formalità, no? Cosa potrà mai succedere? D’altronde Coulthard ha già ampiamente regalato spettacolo e poi Jean Todt, per precauzione, ha già fatto visita al muretto McLaren per accertarsi che il doppiaggio fili liscio come l’olio.

Appunto. Neanche il tempo di pensarlo ed ecco Schumi che si stampa contro un muro. E il muro, in questo caso, è proprio la McLaren di Coulthard. Nell’allungo verso Pouhon lo scozzese alza il piede in traiettoria con una nuvola d’acqua dietro di sé. Lasciare il gas in F1 non è come su una macchina normale, la velocità scende tantissimo. Quanto basta affinché il tedesco non abbia se non il tempo di tentare un minimo scarto a sinistra prima di centrare in pieno il posteriore della MP4-13, strappando a lei l’ala posteriore e a se stesso tutta l’anteriore destra, che schizza via impazzita per atterrare chissà in quale luogo del mondo.

È il finimondo. La restante parte di pista viene affrontata con Schumi che su tre ruote letteralmente vola tra un gestaccio e l’altro (e con team radio il cui contenuto, vietato ai minori, sarà rivelato tempo dopo), lungo Stavelot e Blanchimont seguito dalla McLaren azzoppata. Ancora dopo venticinque anni c’è chi ironizza sul fatto che avrebbe potuto continuare così senza andare molto più lento degli altri.

L’incidente, ovviamente è un regalo indiretto per Mika Hakkinen. Il fatto che in mezzo ci sia Coulthard scatena l’ira dei ferraristi, certi che lo scudiero si sia immolato per la causa nel modo peggiore. Tra televisioni pesanti (quelle a tubo catodico) lanciate dalla finestra, calendari terminati in anticipo e commentatori che non credono a quello che stanno vedendo da due ore, Schumacher e Coulthard arrivano in pitlane.

Il tedesco scuote la testa prima di infilarsi di muso nel suo box, con la McLaren che prosegue. Schumi lancia via il volante non appena la F300 è ferma e scende al volo. Casco ancora in testa, si fionda fuori dal garage. Bastano pochi secondi per capire: un giovane Stefano Domenicali, che a sua volta deve aver capito, scende dal muretto e cerca di fermare Michael da quello che è l’obiettivo, farsi giustizia da solo. Il tedesco, in versione Hulk, si toglie casco e sottocasco con gesti eloquenti: è letteralmente incazzato come una vipera.

Domenicali tenta di fermarlo ma viene spinto via dalla furia di uno Schumacher mai visto in questo stato, né prima e né dopo durante tutta la sua carriera. Via anche gli auricolari, Schumi tenta di lanciarsi dentro al box della McLaren ma, a questo punto, le persone Ferrari attorno a lui per fermarlo si sono moltiplicate e sono diventate cinque.

Tra lui e Coulthard, a sua volta agitato, si frappongono anche un paio di energumeni della McLaren ad evitare il peggio. Tra insulti e gesti chiari il tedesco accusa lo scozzese di aver tentato di ucciderlo. Poi, viene convinto a tornare al suo box e il suo volto, nella camminata di rientro (immagine di copertina) esprime tutte le emozioni del momento. Rabbia, paura, frustrazione. Schumacher andrà a lamentarsi in direzione gara ma nessuna penalità verrà inflitta al pilota della McLaren.

In pista, intanto, i botti non sono finiti. Fisichella centra in pieno Nakano alla Bus Stop e disintegra la Benetton, chiamando in pista ancora la Safety Car. Con otto giri al termine, a trovarsi in testa è la coppia Jordan con Damon Hill davanti a Ralf Schumacher. E qui si accende un’altra guerra, stavolta interna. È un’altra storia nella storia di questo GP infinito.

Il fratello minore di Michael ha un passo decisamente migliore e può attaccare il Campione 1996. Via radio Hill viene informato che Ralf è almeno tre secondi più veloce. Ma Damon, una volta saputo che il suo ex rivale in rosso è fuori dalla gara, usa tutta la sua intelligenza politica per consigliare via radio ad Eddie Jordan di bloccare le posizioni.

“Adesso sto per dirvi una cosa ed è meglio che ascoltiate. Se io e Ralf lottiamo potremmo finire senza niente, quindi sta ad Eddie decidere. Se non lottiamo tra noi abbiamo la possibilità di finire primo e secondo. È una vostra scelta”.

Il messaggio è sufficientemente chiaro da impartire a Schumacher l’ordine di non provare a superare il compagno. Il tedesco conferma, dopo qualche reminder ansioso, di aver ricevuto la missiva. La gara finisce con la prima vittoria nella storia della Jordan e coincide con l’ultima della carriera per Damon Hill. Sul terzo gradino un commovente Jean Alesi con la Sauber, all’ultimo podio della sua avventura in F1.

Il post gara è incandescente. Se la corsa si fosse svolta di questi tempi, nell’era dei social, è difficile immaginare la portata dell’evento se ancora, dopo venticinque anni, il suo ricordo è così nitido. Per la Ferrari e Schumacher è un colpo bassissimo in ottica mondiale dopo la straordinaria vittoria ungherese. Il tedesco è passato dalla possibilità di portarsi in testa alla classifica piloti ad uno zero impossibile da digerire. Inoltre la gara è terminata con la vittoria dell’ex rivale Damon Hill e con il fratello bloccato dal team. A proposito di questo, Michael fu poi riportato come alterato a sua volta con Eddie Jordan e fautore, diciamo così, dell’uscita di Ralf in direzione Williams per il 1999.

L’incidente con Coulthard, per il quale i commissari di Spa non ravvisarono irregolarità al momento, vide poi un confronto tra i due piloti prima della successiva gara di Monza; incontro culminato con una pace politica e un Michael che sollevò il collega dalle colpe del botto; tra l’altro, tirandosene alcune su di sé da parte di chi sosteneva che dovesse porre più attenzione al doppiaggio. Anni dopo fu però lo stesso scozzese ad ammettere le proprie responsabilità per aver alzato il piede in traiettoria con visibilità nulla. E, ancora più in là con il passare del tempo, i due sarebbero anche diventati buoni amici.

Due settimane dopo Spa la F1 si sarebbe trovata a casa della Ferrari, per un GP d’Italia a sua volta pieno di emozioni. Ma questa è un’altra storia che ricorderemo, a 25 anni da un’estate bollente per una Formula 1 lontana ma che genera, ancora oggi, tantissima nostalgia.

Immagine: ANSA

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