F1 | Red Bull RB16 Honda: l’evoluzione che porta al titolo 12 mesi dopo

Autore: Andrea Ettori
AndreaEttori
Pubblicato il 19 Dicembre 2024 - 19:10
Tempo di lettura: 5 minuti
F1 | Red Bull RB16 Honda: l’evoluzione che porta al titolo 12 mesi dopo
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RB16: la storia della monoposto che ha posto le basi alla lotta per il 2021

Il 2020 è un anno che per tutta la vita ci riporterà alla mente la terribile pandemia di Covid-19. Giorni e mesi che hanno condizionato per sempre le nostre vite così come gli sport di tutto il mondo. La stessa Formula 1 ha dovuto fare i conti con quei mesi terribili, con l’inizio delle attività in pista, dopo i test invernali e la rinuncia di Melbourne, posticipate a luglio e un mondiale cambiato nel calendario in maniera profonda. Di quella stagione ci ricordiamo il 7° titolo mondiale di Lewis Hamilton, il dominio totale della Mercedes W11, la guida di Max Verstappen; unico in grado di restare con le astronavi anglo/tedesche e di una Ferrari che aveva iniziato a “scontare” gli strascichi dell’accordo con la FIA sulla PU del 2019.

Nel 2020 abbiamo assistito anche al debutto della Red Bull Honda RB16, la monoposto che di fatto ha posto le basi al successo mondiale nella leggendaria stagione 2021 di Max Verstappen. Una monoposto che, dopo il 3° posto nel modiale 2019 dello stesso Verstappen, si presentava in griglia come prima antagonista della Mercedes, anche se il gap tecnico tra le due macchine si rivelò piuttosto importante per buona parte della stagione. Prendendo spunto da un suggerimento di “LaFamiglia Italiana di RedBull” su X abbiamo ritrovato un thread sulla storia di quella monoposto che, indipendentemente dalla P3 in campionato, ha cambiato la storia recente del team di Milton Keyens.

A primo impatto, rispetto alla RB15, la nuova RB16 progettata da Adrian Newey con l’aiuto dello staff tecnico guidato da Pierrè Wachè (che ritroveremo nel corso del racconto) presentava una sezione frontale più snella con il muso di ispirazione Mercedes rispetto a quello che poteva richiamare le forme della Ferrari della stagione 2019.

Lo sviluppo della macchina ma soprattutto della nuova ala anteriore andava alla ricerca del grip nelle curve a bassa velocità come spiegato da Wachè ma anche da Christian Horner. I test invernali a Barcellona, prima dello stop delle attività arrivato direttamente a Melbourne a causa della pandemia, avevano mostrato come al RB16 fosse particolarmente veloce ma anche nervosa nel corso dei vari passaggi in pista.

Lo stop forzato e il ritorno a Luglio del mondiale nel doppio appuntamento dell’Austria avevano permesso al team di portare diversi aggiornamenti, previsti per le gare cancellate, che avevano però messo in crisi la guidabilità della RB16 tanto da ritornare a quelli “invernali”. La causa sostanzialmente di questi problemi, oltre al gap nei confronti della Mercedes, stava nella correlazione dei dati tra galleria del vento e pista come confermato da Horner e Wachè. In poche parole: la nuova ala anteriore produceva più velocità ma nelle curve lente ma il diffusore posteriore non riceveva abbastanza aria per rendere la monoposto stabile alle basse velocità.

Su questo aspetto, il team di Milton Keynes iniziò a lavorare portando un upgrade in Turchia con lo scopo di rendere più “robusto” il flusso d’aria diretto al diffusore a bassa velocità. Venne introdotta una sorta “mantella” su entrambi i lati della pinna in modo da portare il flusso d’aria direttamente verso il fondo piatto e non sopra i bargeboard. Una delle ali scartate in Austria venne modificata e riportata in pista con lo scopo di aumentare il carico all’anteriore.

Anche il posteriore della RB16 venne aggiornato nel corso del campionato con la finalità di far “combaciare” la parte aerodinamica della vettura con quella meccanica, la quale da sempre aveva regalato soddisfazioni al team. Lo staff tecnico aveva inoltre lavorato sulla posizione degli scarichi in modo che, tramite l’MGU-H, una certa quantità di aria calda venisse inviata al diffusore. Il posizionamento degli scarichi in basso consente un flusso d’aria più potente verso il diffusore, migliorando la deportanza della monoposto, ricredano (anche se in modo molto minore) quello che avevano visto con gli scarichi soffianti che andavano a soffiare nel diffusore.

Lato PU sappiamo tutti che, da quando Honda è rientrata in F1 nel 2015, oltre ai disastri del triennio Mclaren, non è mai stata la più veloce (nella tabella sottostante nell’ordine Mercedes, Honda, Renault e Ferrari). Nel corso degli anni però lo sviluppo della PU giapponese è stato importante e, anche in questo caso, il 2020 ha segnato un punto importante per i successi del 2021. Tra l’altro non tutti sanno che nel corso dei mesi del Covid in casa Honda era ventilata l’ipotesi di lasciare la F1 per (ovviamente) una questione di costi. Una decisione che poi non venne presa e permise agli ingegneri giapponesi di concentrare le forze sulla splendida PU del 2021.

In ordine, dall’alto al basso, le caratteristiche in CV delle PU Mercedes, Honda, Renault e Ferrari)

La versione RA620H venne progettata con l’idea di dare più “spinta” alla qualifica con uno sviluppo incentrato maggiormente sulla parte dell’ICE rispetto a quello del recupero dell’energia, più importante durante un GP. Una scelta che poi, nel corso della stagione, non si rivelò corretta perchè venne introdotta nel corso del campionato la regola che vietava l’utilizzo delle mappe specifiche da qualifica nel corso del week-end di gara.

La RB16 nel corso delle 17 gare del 2020 ha ottenuto: 2 vittorie, 13 podi, 1 pole position e 319 punti mondiali.

Qui alcune immagini della controparte virtuale della RB16 tratte da F12020.

Immagine di copertina: Media Red Bull

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