F1 | Perché non si può più girare con la pioggia? Sicurezza e regolamenti tecnici tra le cause

AnalisiF1
Tempo di lettura: 6 minuti
di Alessandro Secchi @alexsecchi83
18 Ottobre 2022 - 15:21
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La pioggia in F1 è ormai vista come un danno e non più come una possibilità. Vediamo il perché

Se una volta la prospettiva di una gara condizionata dalla pioggia accendeva gli animi degli appassionati in attesa di un evento sicuramente spettacolare, ora le cose in F1 sono cambiate drasticamente e in peggio. Non appena si vocifera che un Gran Premio potrebbe vedere il meteo come protagonista si entra nell’incubo di dover assistere a lunghe attese, bandiere rosse e, nei casi peggiori, gare mai partite.

Gli eventi degli ultimi anni sono prove inconfutabili di un problema per il quale sembra difficile trovare una soluzione. Solo in questa stagione (per non tornare alla pantomima del Belgio del 2021) tre gare sono state posticipate o sospese con bandiera rossa e poi portate a termine, non senza difficoltà, sulle quattro che sono state condizionate dal bagnato: Monaco, Singapore, Giappone. Ad Imola, invece, la corsa è stata regolare.

Quali sono gli elementi che hanno portato a questa situazione? Proviamo a riassumerli.

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Visibilità: è questa la parola magica

Il più grande problema di queste monoposto è la scarsa visibilità in caso di pioggia. Nonostante l’introduzione dei led verticali sulle paratie dell’ala posteriore in aggiunta a quello centrale, datata 2019, resta difficilissimo vedere se si guida alle spalle di un’altra monoposto.

Scarsa visibilità è sinonimo di quantità d’acqua che viene sollevata in aria dalle vetture in velocità e, su questo, abbiamo a disposizione alcuni numeri.

Le attuali gomme da bagnato per le F1 prodotte da Pirelli sollevano, a 300 km/h, una certa quantità d’acqua, identificata in 30 litri per gomma al secondo per quanto riguarda le intermedie e 85 per le full wet. Parliamo di 120 litri o 340 al secondo sulle quattro ruote in base alla mescola montata. Una quantità enorme, aumentata oltretutto con il cambio regolamentare tra 2016 e 2017, che ha portato le monoposto ad avere una carreggiata più larga (da un metro e 80 centimetri a due metri netti) e gomme a loro volta allargate, passate da 245 a 305mm all’anteriore e da 325 a 405 al posteriore.

Gomme più larghe uguale più acqua sollevata in caso di pioggia. Nel cambio di regolamento le intermedie sono passate da 25 a 30 litri evacuati al secondo per gomma, le full wet da 65 a 85.

In parole povere, dal 2017 le gomme da bagnato sollevano il 20% d’acqua in più con le intermedie e il 25% in più con le full wet. Questo, sicuramente, non aiuta. Si tratta però di un effetto collaterale ben conosciuto al momento della decisione di rivedere le dimensioni globali degli pneumatici, un rischio preso per aumentare la velocità delle monoposto in curva che ha, però, prodotto anche degli effetti negativi.

Monoposto 2022: gomme più basse, assetti più estremi

Le vetture figlie dei nuovi regolamenti del 2022 hanno aggiunto due elementi che potrebbero aver aggravato ulteriormente la situazione. L’introduzione dei cerchi da 18″, con spalla delle gomme ribassata, ha reso le monoposto ancora più rigide rispetto alla precedente generazione, quasi eliminando quell’effetto “sospensivo” che la spalla più alta poteva avere su cordoli ed asperità del terreno. In condizioni di pioggia questo significa che le reazioni possono essere ancora più imprevedibili.

Altro dettaglio da tenere in considerazione è l’altezza da terra, i cui valori sono cambiati nel 2022 rispetto alle monoposto precedenti. Sono infatti spariti i famosi assetti “rake”, con il davanti più basso e il retro sollevato: con il ritorno dell’effetto suolo le vetture sono piantate per cercare di mantenere quanto più possibile il fondo vicino al terreno e questo, di riflesso, può aumentare il rischio di aquaplaning con il pattino.

Parco Chiuso: niente modifiche se piove

Il Parco Chiuso, in tutto questo, non aiuta. Il regolamento che non permette modifiche agli assetti tra qualifiche e gara è un boomerang quando le condizioni diventano avverse e le monoposto sono preparate per l’asciutto. Non potendo agire su altezza da terra, incidenza delle ali e rigidità delle sospensioni, i piloti si trovano a dover fronteggiare tracciati bagnati con assetti opposti.

Tutto il contrario rispetto ad una volta, quando le ultime modifiche si potevano apportare fino al mattino della domenica anche in base al tempo previsto. Era così che, in alcuni casi, alcuni risultati del sabato venivano ribaltati con un’intuizione dell’ultimo minuto.

La soglia del rischio

La tragedia di Jules Bianchi nel 2014 ha alzato il livello di attenzione e la soglia oltre la quale non vale la pena rischiare di mandare i piloti in pista in condizioni difficili. I confronti con il passato, fatti di video di gare corse comunque nonostante autentici diluvi in corso, c’entrano ma se li limitiamo ad alcune casistiche. L’attuale consapevolezza del rischio è aumentata a dismisura nelle ultime stagioni così come le responsabilità che si deve assumere la Direzione Gara nel decidere se mandare avanti una gara o meno.

La direzione, in ogni caso, deve essere unita perché scene come quelle di Suzuka, con le gru in pista mentre passano le vetture, non sono ormai più tollerabili in un ambiente che promuove la sicurezza come prima priorità da seguire.

Manca anche consapevolezza da parte di una fetta del pubblico che accusa i piloti di non avere il coraggio di anni fa. Anche in questo caso va ricordato come le condizioni fossero completamente diverse ai tempi e, paradossalmente, forse più semplici rispetto ad ora. Il solo poter lavorare sugli assetti garantiva la possibilità di avere una monoposto quanto meno più adatta a determinate condizioni di pista. Cosa non da poco.

Cosa si può fare?

Premesso che la soglia del rischio non potrà mai essere abbassata, ciò su cui si deve puntare sono le questioni tecniche e sportive. Per quanto riguarda le gomme, è difficile pretendere qualcosa di diverso. Full Wet e Intermedie sono costruite per avere la possibilità di passare da una mescola all’altra senza un divario enorme in termini di tempo sul giro e, comunque, creare una gomma che possa evacuare più acqua significherebbe solo peggiorare ulteriormente la visibilità, agendo al contrario rispetto all’obiettivo.

Piuttosto, sarebbe utile cercare una soluzione che possa aiutare ad evacuare in modo più intelligente la stessa quantità d’acqua, eventualmente con l’ausilio di una carenatura particolare che punti a spingere il flusso verso l’esterno più che verso l’alto, liberando la visibilità frontale.

Anche il Parco Chiuso andrebbe rivisto (per molti potrebbe essere tolto senza problemi), con delle eccezioni applicabili in caso di gara bagnata per quanto riguarda le modifiche di assetto. Non solo per una questione prestazionale ma di sicurezza, per fare in modo che i piloti possano sentirsi più fiduciosi alla guida senza doversi lamentare spesso (a ragione) con il proprio team.

Ovviamente, un’altra necessità sempre in direzione della sicurezza è quella di rivedere gli ingressi dei mezzi di servizio in pista in condizioni difficili. Suzuka dovrebbe aver reso bene l’idea dei rischi che si possono correre per aver aspettato solo qualche secondo in mano.

Non si tratta comunque di un argomento semplice. Al tempo stesso, la Formula 1 non può permettersi di macchiarsi l’immagine ogni volta in cui piove. Un tempo le gare bagnate erano teatro di gesta eroiche, l’abbiamo detto: l’obiettivo, tenendo sempre presente che la sicurezza è fondamentale, dovrebbe essere quello di permettere che queste gesta possano essere ancora apprezzate prima o poi. Ci vuole, come sempre, il benestare di tutti, ma così è difficile andare avanti. Prima si agisce, meglio è.

Immagine: Red Bull Media

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