F1, MotoGP e le Sprint Race: sinonimo di necessità economiche e non sportive

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di Alessandro Secchi @alexsecchi83
24 Agosto 2022 - 01:05
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Le Sprint Race arrivano anche in MotoGP svelandosi per quello che sono. Finalmente

La discesa in campo (ops, forse non sarebbe il caso di usare questo termine) della MotoGP sul fronte delle Sprint Race e in termini assoluti, con TUTTE le gare dal 2023 che avranno la loro mini race al sabato pomeriggio, ha finalmente aperto il vaso che con la F1 era rimasto parzialmente chiuso.

La conferenza stampa indetta da Ezpeleta, Viegas e Poncharal in quel dell’Austria non poteva che essere più chiara riguardo alle motivazioni che hanno portato alla decisione di aggiornare il format della MotoGP. Che poi la motivazione è una e si è capito molto bene: gli introiti derivanti da televisioni sponsor e tutti i soggetti coinvolti in cascata.

Il Covid ha fatto male e le dichiarazioni di Viegas, capo della FIM, non sono da meno: “Pensiamo che dopo due anni di Covid, durante i quali tutti noi abbiamo dovuto fare grandi sacrifici per il bene di questo campionato, sia tempo di dare più esposizione al campionato attraverso le televisioni, ma anche per gli spettatori, abbiamo bisogno di più spettatori, di uno show migliore e dobbiamo rimpolpare il palinsesto dei sabati. […] Penso che ognuno di noi sia d’accordo nel dire che il momento più eccitante della gara sia la partenza. Le stiamo raddoppiando e questo è incredibile, inoltre con metà giri queste gare saranno estremamente eccitanti da guardare, ne sono sicuro”.

In questo stralcio di dichiarazione ci sono alcuni punti di cui parlare. Il primo riguarda la chiara svendita del prodotto MotoGP alle televisioni, o più diplomaticamente la necessità di fornire più contenuti alle stesse per ottenere più introiti e reggersi in piedi in un periodo nel quale il Covid ha sicuramente creato un innegabile buco. Al tempo stesso, però, è difficile provare che lo show possa diventare “migliore” solo aggiungendo una gara a weekend.

Lo sport resta lo stesso, con le stesse regole, le stesse moto e gli stessi piloti. Quello che si sta facendo è raddoppiare l’offerta, non far vedere qualcosa di diverso al sabato. La storia del fornire al pubblico uno sport più eccitante è una favoletta per addolcire la novità, perché dal punto sportivo non ci sarebbe alcuna necessità di aggiungere una gara. Semmai, se è vero come si dice che c’è stato un calo di interesse nei confronti del Motomondiale (non su tutte le piste, a dire il vero), quello va ricercato nell’attuale panorama di piloti e personaggi che popolano il paddock.

sprint race

Perché, con tutto il rispetto (e questa è pura opinione personale) l’attuale generazione, figlia di un ricambio fisiologico quanto epocale, non può essere paragonata a quella che incendiava le piste anche fino a cinque anni fa con i vari Lorenzo, Márquez, Rossi, Pedrosa e anche Dovizioso nel suo momento di massimo splendore agonistico. Gente dal carisma conclamato quanto lo erano i loro successi. Mentre ora i titoli mondiali in pista, in attesa del ritorno definitivo di Márquez – sul quale si aggira sempre un punto di domanda – sono due: uno a testa per Quartararo e Mir.

L’addio di Rossi, telefonatissimo con il passaggio in Yamaha Petronas, ha comunque portato via parecchio interesse soprattutto nel nostro paese. Cosa prevista ma forse non con la dovuta consapevolezza, anche perché fino a quando Valentino è stato in pista ha comunque catalizzato il 100% dell’attenzione mediatica, non solo nostrana, nonostante ormai fosse chiaro che la sua carriera era giunta al termine. E questo lo si capisce dal fatto che ancora adesso, che ha appeso il casco al chiodo – almeno quello della moto – i media ne parlano come se fosse ancora presente con continui riferimenti, paragoni e via dicendo. Come se fosse difficile “mollare il colpo”.

Tornando al discorso principale, nelle dichiarazioni di Ezpeleta e di Viegas ci sono una verità ed una scusa poco bevibile, la necessità di introiti ed il “lo facciamo anche per gli spettatori”. Sarebbe stato più onesto omettere la seconda parte, per quanto sia stata comunicata in via diplomatica, ma capisco che non si possa chiedere tutto. Irricevibile sotto qualsiasi aspetto è invece il virgolettato “Penso che ognuno di noi sia d’accordo nel dire che il momento più eccitante della gara sia la partenza“.

Viegas pensa male, se pensa questo è un problema vista la carica che ricopre perché, come ragionamento, non è molto diverso dal dare valore ad un giro più veloce quando si perde una gara di mezzo minuto. La partenza, semmai, è il momento più pericoloso soprattutto in una corsa motociclistica e, dal punto di vista sportivo, raddoppiarle crea qualche preoccupazione oltre a quelle sollevate dai piloti.

Quanto meno, e questo è positivo rispetto a quanto fatto in F1, la Sprint Race della MotoGP non conterà come griglia per la gara della domenica. Questo è già un passo avanti, anche se una magra consolazione. Fa sorridere comunque chiamarla Sprint Race, quando una gara “vera” dura circa 40 minuti.

L’ammissione di Dorna e FIM sulla necessità di rimpinguare i conti ed il contemporaneo glissare sul parere di tifosi (tramite sondaggi) e piloti fa capire quanto anche la Formula 1 si sia ritrovata con necessità simili dopo i due anni di Covid, gestiti tra l’altro molto bene dal punto di vista organizzativo. Correre 17 gare nel 2020 è stato praticamente un miracolo.

Ma, anche qui, è più che evidente come quella della Sprint sia vista come una necessità più economica che sportiva, perché in una categoria con 70 anni di storia si tratta davvero di un qualcosa che ribalta tutti i concetti. E, a posteriori, va dato atto che il tentativo al momento è molto timido, sebbene abbia il terrore che da qui a 5 anni potrebbe succedere di tutto, griglie invertite comprese.

Spiace che le nuove generazioni non vogliano capire (o non siano interessate a farlo) quanto sia importante la tradizione negli sport. La sequenza prove-qualifiche-gara nella F1 è una colonna portante tanto quanto il numero e la larghezza delle porte da calcio o quello dei giocatori in campo. Dato che – ora l’abbiamo capito grazie alla MotoGP – l’introduzione delle Sprint Race non ha a che fare con una necessità sportiva ma con la vendita del prodotto alle televisioni, lo snaturamento dello sport in favore di queste crea solo rabbia e non ammette qualsivoglia perdono.

Non si tratta di essere boomer o vecchi rincoglioniti, ma di riconoscere il valore assunto da uno sport proprio grazie alla sua evoluzione e ad una storia basate su principi netti e non discutibili. Altrimenti, da qui a dieci anni, potremmo trovarci con i piloti a giocare a basket sulla griglia di partenza, con la motivazione “sapete quanti soldi ci danno le TV?”.

Oppure, se il Bahrain decidesse di sganciare 10 miliardi di dollari in un anno ponendo come condizione “noi ve li diamo ma il mondiale lo correte solo da noi in 3 gare”, immaginate che bello vedere Verstappen e compagnia fare tre Gran Premi a 3 mesi di distanza uno dall’altro sulle tre versioni diverse di Sakhir. Non so se mi sono spiegato.

Inutile quindi raccontare le favole del voler dare qualcosa di più in termini di emozioni, perché si stanno solo raddoppiando quelle che già ci sono e non per migliorare lo sport. Se si volesse questo, limitandomi alla F1, basterebbe ad esempio togliere il Parco Chiuso e far lavorare veramente i team, non con gli assetti preparati al simulatore e bloccati al sabato mattina. Anche qui, storie vecchie di cui si parla da tempo.

Se prima non era chiaro, comunque, adesso non ci sono più dubbi sulle motivazioni della presenza delle Sprint, che non sopporto e continuerò a non sopportare. E continuare a farsele piacere solo perché “è il progresso” anche no, grazie.

Immagine: Media Red Bull

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