La storia dell’ultimo atto Renault negli anni ’80, in una situazione complicata che ricorda un po’ l’attualità di casa Alpine
Le ultime due stagioni in casa Renault/Alpine sono una centrifuga di errori, idee, ripensamenti e cambi di ruolo in corso. Il quasi certo addio ai motori Renault per fare spazio a quelli Mercedes mette la casa francese davanti a possibili scenari, soprattutto di politica interna, parecchio incandescenti.
Ma in casa Renault non sono nuovi a lotte di potere e disastri tecnici. Già a metà anni ’80, dopo aver portato il motore turbo in F1 nel 1977, il costruttore francese era andato incontro alla delusione del titolo sfuggito in modo clamoroso nel 1983 con Alain Prost. Quella stagione in particolare, piena di voci e dicerie, che anche lo stesso Eddie Cheever (secondo pilota in quell’anno) ci aveva raccontato in questa intervista, aveva di fatto sancito il lento declino della Renault, culminato con l’addio come team (ma non come motorista) alla fine a fine 1985.
Prost aveva lasciato il team per iniziare il ciclo vincente in McLaren accanto a Niki Lauda, mentre Tambay e Warwick (Cheever si era accasato all’EuroAlfa), nonostante le premesse, non riuscirono a conquistare nessuna vittoria con la Renault al 5°posto finale nel mondiale costruttori. Una vera e propria delusione soprattutto in patria Francia, con i media scatenati contro uno dei loro costruttori di maggior successo, messo in contrapposizione alla Peugeot che, in quel periodo, stava iniziando a dettare legge nel mondiale rally.
I due colpi di scena più clamorosi arrivarono a fine 1984, con l’addio in direzione Ligier di Gerard Larrousse, direttore delle attività sportive della Regie, e di Michel Tetù, direttore tecnico della squadra. Due pezzi da 90 che abbandonarono la squadra in un periodo in cui le voci su un possibile abbandono del costruttore francese erano sempre più insistenti.
Larrousse, agli occhi dei vertici, pagava il fallimento della trattativa per portare Niki Lauda in squadra. Infatti, la cifra faraonica offerta da Larrousse al tre volte campione austriaco, venne spifferata ai media francesi (pare da qualche dirigente interno alla struttura) scatenando la reazione dei sindacati transalpini che, storicamente, hanno sempre avuto una certa rilevanza in ogni settore. Anche lo stesso Guy Ligier, venuto a conoscenza (attraverso amici giornalisti) di certi dettagli, scatenò la stampa contro il suo futuro uomo di punta per convincerlo a cambiare aria e trasferirsi alla sua corte. Un vero e proprio giallo a tinte giallo/nere, che metteva Renault ancora maggiormente con le spalle al muro in ottica 1985.
Il posto di Larrousse venne preso dallo “sconosciuto” 43enne Gerard Toth che, da subito, aveva il compito di trovare un sostituto da inserire al posto del partente Tetù, soprattutto per dare una direzione tecnica alla squadra; tenendo conto, tra l’altro, che la RE60 per il 1985 era già pronta. Anche sull’addio del tecnico francese le voci erano davvero incandescenti. Oltre a seguire l’amico Larrousse, Tetù non aveva mai perdonato al team la volontà di prendere uno dei tecnici più in auge degli anni 80, quel Gerard Ducarouge che, alla fine decise, di restare alla Lotus per conquistare nel triennio 85/86/87 le ultime vittorie della “Ferrari inglese” con l’astro nascente di quegli anni, Ayrton Senna.
Nel giorno della presentazione della RE60 Gerard Toth, mise subito le cose in chiaro: “Questa macchina non diventerà campione del mondo ma vincerà qualche GP iridato”. Dichiarazioni quasi di resa ancora prima di mettere la macchina in pista, che rappresentavano il sentiment perfetto della situazione Renault all’inizio del 1985. Confermati Warwick e Tambay, la RE60 disegnata dal partente Tetù era una macchina diversa da quella che l’aveva preceduta. Molto affusolata e curata nell’aerodinamica, aveva teoricamente nel suo motore turbo la sua arma di forza.
Un motore completamente rivisto rispetto alla versione 1984, che doveva dare quel boost in più ad un team che, dal 1983, stava vivendo mesi di depressione totale. La nuova gestione interna vedeva Jean Marc d’Adda come responsabile dello sviluppo, Patrice Ratti nel reparto d’esperienza e il duo Dudot/His allo sviluppo del propulsore. I due ingegneri di Tambay e Warwick erano Tommaso Carletti e John Gentry, arrivato dall’EuroAlfa. Con tutti questi cambiamenti la stagione 1985 stava per partire in modo ufficiale.
I primi test di Rio, sotto il sole cocente del Brasile, avevano in programma lo sviluppo del nuovo motore EF15 che avrebbe esordito nel corso della stagione, quando l’affidabilità lo avrebbe consentito. Nel frattempo la Renault, oltre ad una nuova versione degli scarichi, aveva messo in pista una versione intermedia del motore 1984 chiamato EF14bis, pronto per l’esordio stagionale.
Nonostante questo i primi km si rivelarono un vero flop per la nuova RE60, più lenta anche della RE50 portata in pista per un confronto con la monoposto che avrebbe affrontato la nuova stagione. Un vero problema per i tecnici francesi che, in quei mesi del 1985, stavano cercando di mettere in pista una monoposto competitiva in grado di convincere i vertici del costruttore francese a restare in F1 e non, come poi succederà di lì a pochi mesi, a lasciare la categoria come team.
Quello che metteva maggiormente in imbarazzo la Renault era il confronto con la Lotus che disponeva dello stesso propulsore. Il gap nei test di Rio era di circa 3 secondi a favore della monoposto inglese, mentre nei test successivi di Imola, con il ritorno degli scarichi soffianti introdotti nel 1983 (ma che non avrebbero dovuto esserci nella macchina versione 85) il distacco era leggermente superiore ai 2 secondi.
La stagione si rivelò un vero fiasco così come da premesse. Nonostante due podi su tre gare conquistati da Patrick Tambay, con la P3 di Imola acquisita grazie alla squalifica di Prost, la RE60 dimostrò tutte le sue carenze, sia aerodinamiche che di motore. Il telaio non reagiva alle regolazioni e, nonostante i tentativi di copiare alcune soluzioni aerodinamiche soprattutto dalla Lotus, la RE60 continuò ad essere difficile da guidare.
Anche il motore nella versione EF15 non fu esattamente quello che in casa Renault si aspettavano. Lo sviluppo del nuovo turbo richiese parecchio tempo, sia per colpa dell’affidabilità ma anche per la potenza che, quasi inspiegabilmente, era inferiore rispetto a quella degli altri motorizzati dal costruttore francese. Era soprattutto il distacco dalle Lotus, sempre nell’ordine dei 2 secondi, a mettere in grande imbarazzo la Renault che, nel frattempo, continuava la sua lotta interna con i vari fronti che spingevano per uscire dalla F1.
Le prime nubi iniziarono da addensarsi sopra la Renault quando il presidente Besse, uomo di fiducia del governo francese, dichiarò che le corse erano troppo costose e che il ritorno d’immagine, di contro, era praticamente nullo. Tra l’altro, gli oltre due miliardi di dollari di deficit e il licenziamento di 21 mila dipendenti rendevano insostenibile il progetto F1. Tutto questo avvenne nel week-end del GP di Detroit, poche settimane prima della gara di casa del Paul Ricard dove avrebbe debuttato la versione B della disastrosa RE60.
Con un solo esemplare nella mani di Tambay, la RE60B manteneva solo il telaio identico alla versione precedente con tutto il resto, soprattutto la parte aerodinamica, completamente rivista. Anche la versione EF15, fatta debuttare in qualifica, non portò i risultati sperati. In gara la numero 15 di Tambay deluse con un sesto posto finale che, ovviamente non poteva soddisfare le alte aspettative che il team aveva riposto in questa nuova monoposto. Al Nurburgring Francois Hesnault, con la vecchia RE60, entrò nella storia della F1 per aver portato nelle case degli italiani per la prima volta gli onboard live. Tra l’altro, quella gara di 39 anni fa, è stata anche l’ultima in cui un team ha schierato tre monoposto in griglia.
Con un comunicato stampa firmato direttamente dal presidente Besse, il 26 Agosto del 1985 la Renault annunciò l’uscita dalla F1 a fine stagione. Soltanto gli impegni presi come motorista sarebbero stati rispettati ma il contraccolpo in fabbrica fu enorme. 2800 miliardi di vecchie lire di deficit, licenziamenti in tronco e sindacati sul piede di guerra. Una situazione economica e interna terribilmente complicata, con il presidente Besse mai troppo convinto della F1 che decise di “risparmiare” anche i 30 miliardi di lire destinati alla F1.
Da Monza e fino ad Adelaide, la Renault ebbe il compito di provare a chiudere la stagione in modo dignitoso. Purtroppo, con il team completamente in disarmo, i risultati furono veramente precari con un sesto posto conquistato in Belgio. La stagione dell’arrivederci alla F1 della Renault si concluse con un mesto 7° posto nel mondiale costruttori, dietro soprattutto a Lotus e Ligier e con soltanto 16 punti conquistati in altrettante gare. Un ultimo giro di walzer davvero triste per una storia, quella della Renault, che ha vissuto sempre di alti e bassi.
Immagine: WikiCommons
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