Dopo quasi vent’anni, i problemi di affidabilità tornano ad essere un problema vero e determinante per le classifiche di gara e del mondiale
Il ritiro tra le fiamme di Carlos Sainz nel corso del GP d’Austria ha ancora una volta messo in risalto un elemento che, tra tutti quelli fonte di discussione in questa nuova generazione di monoposto, era forse quello meno citato. Vale a dire l’affidabilità.
Le vetture 2022 sono state stravolte rispetto alle 2021 su molteplici aspetti, rendendole completamente diverse nell’estetica rispetto a quelle della precedente era e con un concetto aerodinamico totalmente differente. L’unica macroarea sulla quale si era deciso di mantenere una sorta di filo conduttore rispetto al passato era quella delle Power Unit, specialmente per quanto riguarda la loro architettura, che sarà poi rivista a partire dal 2026.
Nessuno o quasi si aspettava quanto sarebbe poi successo. La possibilità di apportare modifiche alle Power Unit, con l’omologazione per il quadriennio 2022/2025, ha portato ad un fatto fondamentalmente imprevisto, ovvero l’aumento dei ritiri per motivi di affidabilità.

Nei primi 11 appuntamenti della stagione 2021 i ritiri sono infatti stati 8 e spalmati su 6 appuntamenti, il che significa che in cinque gare non si sono verificati guasti dovuti all’affidabilità.

Nel 2022 i casi di ritiro per guasti riconducibili all’affidabilità si sono quasi triplicati, con 21 episodi totali sempre dopo 11 appuntamenti. Solo nel GP di Emilia Romagna non ci sono stati ritiri da segnalare.
Questi invece sono gli elementi delle varie Power Unit a disposizione prima dell’undicesimo appuntamento nel 2021 e 2022.


Da queste tabelle è evidente come ci sia un uso maggiore delle componenti della PU. Nel 2021 solo Russell, Ocon e Vettel erano passati alla terza unità di ICE, TC e MGU-H, mentre nel 2022 questo è valevole per sette piloti (Sainz, Ocon, Gasly, Bottas, Zhou, Schumacher e Magnussen) mentre altri tre (Leclerc, Alonso, Tsunoda) sono passati già alla quarta andando in penalità.
L’unica PU che non ha visto cambiare il suo utilizzo da un anno con l’altro è quella Mercedes, per il team ufficiale e per i clienti McLaren, Williams e Aston Martin. Questo potrebbe in qualche modo coincidere col fatto che le prestazioni di questi quattro team sono calate rispetto alla concorrenza. Concorrenza che, eccezion fatta per Red Bull, al momento in linea con il consumo dei vari componenti, ha forse forzato di più gli sviluppi prima dell’omologazione, con il rovescio della medaglia di una PU ancora non affidabile al 100%.
Dal punto di vista sportivo tutto questo significa che l’affidabilità nel 2022 è tornata ad avere un ruolo chiave nelle sorti del campionato. Questa era una prerogativa di un passato risalente a quasi vent’anni fa, quando la prima preoccupazione di team e piloti era, ancor prima delle prestazioni, portare le macchine al traguardo. L’ultimo grande caso di una monoposto fortissima ma inaffidabile, costata al suo pilota il titolo mondiale, è la MP4-20 del 2005 con Kimi Raikkonen. Si era agli albori delle standardizzazioni e delle parti contingentate, ma ricordano tutti un mondiale nel quale il finlandese ha sofferto guai quasi ad ogni gara su una monoposto di livello altissimo in termini di prestazione pura.
La lotta tra Red Bull e Ferrari passa, quindi, anche dall’affidabilità. Al momento Red Bull sembra meglio gestire le sue componenti, ma abbiamo visto come le cose possano cambiare in fretta. Un elemento in più, di ritorno se vogliamo, per un mondiale che, comunque, sta divertendo e regalando sorprese gara dopo gara.
Immagine: ANSA
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