F1 | La VSC e la ricostruzione della vittoria Ferrari a Melbourne

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Tempo di lettura: 6 minuti
di Andrea Gardenal
27 Marzo 2018 - 09:00
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L’argomento portato alla ribalta dal Gran Premio d’Australia è sicuramente quello della Virtual Safety Car, che ha indiscutibilmente giocato un ruolo fondamentale nel successo finale della Ferrari di Vettel. Se ne sono lette e sentite di tutti i colori a proposito dei meriti del tedesco e della sua squadra, capaci di ribaltare in loro favore una gara che sembrava persa in partenza: la teoria più fantasiosa è sicuramente quella delle “traiettorie strette” seguite da Vettel che gli avrebbero permesso di guadagnare su Hamilton quei decimi che si sono poi rivelati fondamentali per il sorpasso al termine del pit stop. Nulla di tutto ciò.

Partiamo da una premessa: ogni pista del mondiale di Formula 1 non è divisa solamente nei tre canonici settori, utilizzati a scopi televisivi già dai primi anni novanta, ma anche in un gran numero di micro-settori, denominati “marshalling sectors”; i marshalling sectors coprono in modo molto più fitto ogni circuito, permettendo così un monitoraggio più accurato della velocità mantenuta da un pilota nei vari tratti della pista. Quella che segue, ad esempio, è la mappa dettagliata del circuito dell’Albert Park; con i tratti arancioni è segnata la suddivisione della pista nei suoi vari micro-settori

Durante la Virtual Safety Car ad ogni pilota è richiesto di rispettare un certo “delta time”: il tempo utilizzato per percorrere un certo marshalling sector deve essere non inferiore ad un determinato valore che viene stabilito dalla centralina elettronica e mostrato sul display del volante; per dare un’idea del rallentamento richiesto ai piloti, il tempo necessario per percorrere un giro di pista con la VSC è superiore del 35-40% rispetto a quello che si impiega in condizioni di gara libera.

Come detto, dal momento in cui è azionata la VSC i piloti devono alzare il piede; ciò però porta con sé una conseguenza non proprio intuitiva, ovvero una naturale “dilatazione” dei distacchi (misurati in tempi) tra un pilota e l’altro. Vediamo di capire cosa succede con un esempio preso direttamente dalla gara di domenica: nelle due immagini seguenti sono inseriti il live timing e la posizione in pista dei piloti in due secondi successivi, uno immediatamente precedente e uno immediatamente successivo all’introduzione della VSC.

Ripescando la precedente mappa del circuito, possiamo dedurre che, al momento dell’esposizione del segnale “VSC”, Vettel e Hamilton stessero uscendo rispettivamente dal MS08 e MS05; questo significa che, nel corso del giro 26, il ferrarista è stato soggetto al controllo della velocità a partire dal MS09, mentre l’inglese ha dovuto rallentare già dal MS06.

All’atto pratico, la porzione di pista coperta dai Marshalling Sectors MS06-MS08 è stata percorsa a velocità di gara da Vettel e a velocità controllata da Hamilton. Questo fatto può essere osservato facendo avanzare di pochi secondi il live timing:

Vettel ha percorso il primo settore in 30.3, tempo assolutamente in regola con quelli visti nei giri precedenti, dato che la VSC non era ancora scattata. Hamilton, per contro, è stato costretto a percorrere la curva 5 e il rettilineo che porta alla curva 6 a velocità controllata e infatti il suo tempo risulta essere più alto di circa 5 secondi; peggio ancora è andata a Raikkonen, costretto a percorrere un ulteriore Marshalling Sector a velocità controllata: in quell’unica porzione di pista il suo ritardo da Hamilton è salito di tre secondi, passando da 6,5 a 9,5 secondi.

Comincia quindi a delinearsi quel che è accaduto: rispetto al rivale, Vettel ha potuto percorrere ben tre marshalling sectors a velocità più sostenuta, guadagnando così alcuni secondi che poi si sono rivelati decisivi. Teniamo d’occhio anche i distacchi: nel momento dell’introduzione della VSC Hamilton aveva 11,6 secondi di distacco da Vettel; 20 secondi dopo, in condizioni stabilizzate, i due erano separati da 18,6 secondi con un guadagno netto di sette secondi da parte del tedesco della Ferrari. In corrispondenza del secondo intermedio e delle due successive curve veloci il distacco tra i primi due ha subito alcune oscillazioni, al termine delle quali è però tornato su un valore prossimo a quello assunto in precedenza.

L’ultimo rilevamento cronometrico, effettuato quando Vettel era già in pit lane, è il seguente:

All’ingresso della curva Stewart Hamilton aveva addirittura ridotto il proprio distacco da Vettel, portandosi a 17,3 secondi, mentre il ritardo di Raikkonen dal proprio compagno di squadra era rimasto sostanzialmente invariato. Già il fatto che Hamilton fosse riuscito a guadagnare qualcosina su Vettel nell’ultima parte della pista fa intendere quanto siano campate per aria certe dichiarazioni in merito alle “traiettorie strette ed aggressive” tenute dalla Ferrari #5 prima del rientro ai box.

È in questo momento che avviene il pit stop di Vettel: il tedesco è molto aggressivo all’ingresso della pit lane, questo è fuori da ogni discussione, e sfrutta fino all’ultimo centimetro l’opportunità di non essere più soggetto al controllo dei tempi; il resto lo fanno i meccanici del Cavallino, che durante la sosta non commettono errori permettendo a Vettel di raggiungere rapidamente la pista. Alla prima fotocellula la situazione è la seguente:

Hamilton si trova a soli sette decimi da Vettel, con Raikkonen a 7,7 secondi dall’inglese. Per prevenire possibili domande, spieghiamo in poche parole perché il ritardo di Raikkonen dalla prima posizione non è uguale alla somma dei distacchi Vettel-Hamilton e Hamilton-Raikkonen. Molto semplicemente il ritardo tra i primi due è stato misurato in corrispondenza del termine della MS20, mentre il ritardo di Raikkonen sia dal primo in classifica che dal pilota che lo precedeva è stato misurato sulla linea del traguardo. Pochi secondi dopo, al passaggio sulla successiva fotocellula, i dati numerici relativi al finlandese parleranno di 9,2 secondi di ritardo da Vettel e di 8,5 secondi di ritardo da Hamilton, in totale coerenza con i 7 decimi di distacco tra i primi due visti poco sopra.

Questo è in sintesi il riassunto della situazione: Vettel è stato abilissimo a sfruttare al massimo le fasi di ingresso ed uscita box, ma non ha assolutamente guadagnato sei secondi in virtù di fantomatiche traiettorie particolarmente veloci tenute durante le fasi di neutralizzazione; va inoltre rimarcato il fatto che con la VSC viene prescritto al pilota un tempo minimo in cui percorrere determinate porzioni di pista, non una velocità massima: tradotto, traiettorie che portino i piloti a percorrere meno strada richiedono al tempo stesso una minore velocità al fine di non sforare il delta time.

La Mercedes, dal canto suo, sembra aver sbagliato completamente il modo di calcolare il distacco massimo da tenere nei confronti del leader per prevenire la situazione che si è verificata domenica, stimato attorno ai 15 secondi in base alle parole di Toto Wolff. Vien da pensare che la squadra non abbia considerato la dilatazione dei distacchi provocata dalla VSC, che ha permesso a Vettel di portare il proprio vantaggio da 11 a 17 secondi.

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