L’estensione del già lungo contratto con la gara della Florida ha scatenato un’ondata di sdegno rara, anche per la F1 odierna
Se l’estensione del contratto del GP di Miami al 2041 è un evento senza precedenti, lo è anche l’ondata di sdegno andata in scena sui social all’annuncio trionfale del prolungamento da parte della F1. Su Facebook, X e Instagram sono infatti migliaia i commenti negativi al rinnovo, o meglio dire all’estensione dal 2031 per altri 10 anni del contratto già in essere. Ed è difficile, difficilissimo, riuscire a trovarne uno positivo alla notizia.
L’americanizzazione della F1 è ormai in atto e lo sappiamo, con due GP (Miami nel 2022, Las Vegas nel 2023) che si sono aggiunti ad Austin, presente già da prima dell’arrivo di Liberty Media (2012), a rimpolpare la presenza USA nel calendario. Il tutto mentre la presenza di Imola e, in generale, di “due GP in Italia” è a rischio per via dei tanti paesi interessati ad ospitare un Gran Premio, per voce della stessa Liberty Media. Quello che colpisce è il totale scollamento tra le dichiarazioni trionfalistiche che annunciano questa o quella novità ed il tenore dei commenti. Nel caso di Miami, ne riportiamo giusto alcuni:
“Uno dei peggiori circuiti in calendario, come l’Arabia Saudita, pessimi per una gara”.
“Hanno messo Spa a rotazione, ma poi tengono un parcheggio con una finta marina per altri 16 anni”.
“Pensavo fosse un account finto, pessimo circuito”.
“Il weekend di Miami è il prototipo di tutto quello che è sbagliato con l’attuale F1. Dovrebbe essere cancellato immediatamente”.
“F1, inizia a leggere i commenti, nessuno vuole Miami in calendario. Tracciati storici come Imola stanno lasciando il calendario, mentre Miami resta al suo posto fino al 2041. Questo prova che non ascoltate la vostra fanbase”.
Ne abbiamo ripresi solo alcuni, potremmo andare avanti a tradurne centinaia e centinaia su questa falsariga, ma sarebbe inutile. Tutto è tranquillamente verificabile sui post di Facebook, X e Instagram, dove i commenti sono oltre 15.000 e praticamente tutti dello stesso tenore. E, per quanto il campione sia ovviamente limitato rispetto alla fanbase totale del Circus, non può non essere notato come la percentuale negativa di commenti sia ampiamente sopra il 95%.
La stragrande maggiornata delle critiche verte sulla spinta importante su tracciati come quello di Miami (c’era davvero bisogno di rinnovare per altri 10 anni un contratto in scadenza tra 6?!) mentre altri luoghi, tra cui alcuni storici, sono costretti a negoziare, lasciare o addirittura decidere per una turnazione al fine di restare presenti in qualche modo.
Qualcuno chiama in causa una “F1 che non ascolta la sua fanbase” e qui si potrebbe aprire un lungo discorso. Liberty Media ha portato avanti un’operazione eccezionale nel lanciarsi nel mondo social, aprendosi alla possibilità di raggiungere milioni e milioni di potenziali (che non vuol dire reali) fan in tutto il globo, raggiungendoli con contenuti ad hoc per poterli catturare che spesso vertono più sul contorno del mondo della F1 che sulla componente racing.
L’obiettivo è perfettamente riuscito, anche grazie ad operazioni come Drive To Survive. Liberty si è creata, quindi, una fetta di pubblico funzionale all’operazione F1 in termini di puro asset finanziario. Compro qualcosa, aumento il suo valore, lo rivendo quando raggiungo il limite prefissato. In tutto questo, lo sport in sé conta zero.
Miami e Las Vegas sono le operazioni principe a dimostrazione del modus operandi di Liberty. In questo caso il parere dei tifosi interessa relativamente (a maggior ragione, figuriamoci le critiche) perché l’evento si ripaga in modo incredibile in termini di sponsor e opportunità commerciali; contribuendo, quindi, ad accrescere il valore della F1 in quanto asset, indipendentemente dal contenuto dell’evento, ovvero la gara. In eventi come questi la corsa è il pretesto per fare business (Las Vegas è organizzata praticamente dalla stessa F1), tutto il resto conta molto poco.
Da qui, lo scollamento tra dichiarazioni che fanno sembrare Miami come Suzuka e i commenti ricevuti è assolutamente naturale e fa parte, purtroppo, della F1 di oggi; un mondo auto celebrativo, una specie di circolo dove tutti quelli che ne fanno parte sono contenti, ne parlano benissimo a prescindere e poco importa cosa succede al di fuori.
E non è ancora finita, perché l’obiettivo dello spettacolo a tutti i costi sta già iniziando a mettere i suoi paletti: a Montecarlo debutteranno le due soste obbligatorie e si parla di aumento del limite di velocità ai box, in alcuni circuiti, per avere soste più corte ed invogliare a fermarsi di più. Si va quindi verso la personalizzazione del singolo evento per cercare di trarne il massimo beneficio in termini di show, come se non bastassero le Sprint e le condizioni in cui vengono corse.
Quanto successo con il rinnovo di Miami, insomma, è lo specchio della F1 odierna. Un treno in corsa verso un obiettivo preciso (far fruttare il business) condito da una comunicazione trionfante e spudoratamente forzata. Considerati i tempi e la composizione del pubblico odierno stupisce, però, vedere un mood così negativo. Evidentemente ci sono dei limiti che neanche la migliore comunicazione del mondo può superare. La corda è resistentissima, ma tutte hanno un limite.
Immagine di copertina: Media Ferrari
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