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F1 | La lezione di Max: “Otto mondiali? Non è necessario: la famiglia viene prima, non ci sono solo le corse”

di Alessandro Secchi
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Pubblicato il 28 Novembre 2024 - 09:15
Tempo di lettura: 3 minuti
F1 | La lezione di Max: “Otto mondiali? Non è necessario: la famiglia viene prima, non ci sono solo le corse”
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L’altro lato di Max Verstappen è quello di chi ha piena coscienza di sé anche fuori dalla pista

Ventisette anni, da dieci stagioni in Formula 1, quattro titoli mondiali. A questa età per Max Verstappen potrebbero non esserci limiti nella rincorsa ai record più importanti della Formula 1. Lewis Hamilton e Michael Schumacher avevano entrambi 32 anni quando hanno conquistato il quarto alloro, avendo iniziato la loro carriera nel Circus dieci anni prima.

L’olandese è in vantaggio di cinque anni e potrebbe prendersi tutto il tempo per raggiungere e superare entrambi, con 62 vittorie già in tasca. Eppure c’è un altro lato dell’olandese, più profondo. Succede a chi è feroce in pista di avere una parte nascosta che spesso non si vuole mostrare al mondo. In questo caso, però, l’insofferenza di Verstappen per il mondo della F1 e per alcune sue dinamiche sono note da tempo. Troppe gare, troppo spettacolo inutile (il suo disprezzo per le Sprint è cosa nota), troppe polemiche e critiche come in questi mesi, fino al braccio di ferro con la FIA sulla risibile questione delle parolacce.

Più volte si è sussurrato che la carriera di Max in Formula 1 potrebbe fermarsi prima del previsto, con un occhio all’Endurance che viene sempre dato volentieri. Ma non c’è solo questo. La parola chiave è “famiglia” ed è stato lo stesso Max, chiuso il capitolo del quarto mondiale, a parlarne ai microfoni della F1 raccontando le sue sensazioni e le sue priorità. Ecco un estratto:

“Otto titoli? Sì, sarebbe fantastico, ma dall’altro lato, non è davvero necessario. Voglio dire, ci sono così tante altre cose che voglio fare nella vita, o anche solo divertirmi un po’, recuperare il tempo con la mia famiglia. Sai, a volte mio padre o mia madre mi chiamano e penso: ‘Sono occupato, li richiamerò più tardi’.

Ecco, arriverà un giorno in cui non mi chiameranno più, perché non ci saranno più. E questi momenti mi fanno capire che non è tutto una questione di corse o di Formula 1: voglio passare più tempo con loro. Perché da quando avevo quattro anni tutta la nostra vita, la vita della mia famiglia, è stata dedicata a me, al successo e al tentativo di arrivare in Formula 1.

E ad un certo punto basta, devi restituire qualcosa, passare più tempo con loro. Alla fine questo è molto più importante di tutto il successo che ho qui. Voglio dire, lo adoro. Adoro essere competitivo. Adoro vincere campionati. Adoro vincere gare. Ma a un certo punto la famiglia, ancora una volta, viene prima, perché le persone invecchiano e devi assaporare certi momenti”.

Segnale dopo segnale è chiaro che arriverà un momento in cui l’olandese deciderà di dedicarsi ad altro, magari stupendo il mondo con una scelta di vita netta. Sarà anche il risultato di una carriera iniziata bruciando le tappe, con l’esordio in F1 ad appena 17 anni mentre altri colleghi navigavano ancora nelle categorie inferiori. E in un Circus che spreme molto di più le vite dei piloti rispetto a vent’anni fa, con bacl to back, triplette di gare e ritmi che lo stesso olandese ha definito più volte insostenibili, anche per gli addetti ai lavori.

Va però sottolineato come il pilota più criticato da anni a questa parte – spesso a sproposito – sia, nel bene o nel male, l’unico con una personalità che va al di là degli uffici stampa e delle mezze dichiarazioni. Uno da prendere o lasciare ma, indubbiamente, “one of a kind”. Caratteristica che, un tempo, veniva apprezzata molto di più.

Immagine di copertina: Media Red Bull


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