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F1 | Intervista ad Alex Caffi: “La mia prima Monza”

di Andrea Ettori
AndreaEttori
Pubblicato il 9 Settembre 2021 - 21:30
Tempo di lettura: 4 minuti
ARTICOLO DI ARCHIVIO
F1 | Intervista ad Alex Caffi: “La mia prima Monza”
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Nella storia della F1 è difficile trovare un esordio come quello di Alex Caffi, a Monza 1986. Esattamente 35 anni fa, il pilota bresciano saliva sulla Osella motorizzata Alfa Romeo conquistando un 11° posto sorprendente per un debuttante.

Ecco la storia di quel magico week-end di settembre raccontata dallo stesso Caffi a noi di P300.it.

Alex, ci puoi raccontare come sei arrivato a salire sulla Osella per debuttare in F1?
“Avevo vinto nel 1985 l’europeo di F3 e in funzione dei risultati ottenuti c’era la possibilità di ottenere la superlicenza. Potete ben capire che era una grande occasione e un treno da prendere assolutamente. Allen Berg, che in quella stagione era pilota ufficiale di Osella, non aveva il budget per correre il Gran Premio d’Italia e quindi si presentò l’occasione di correre con Osella. Andai nella loro sede, trovammo l’accordo e il giovedì prima del Gran Premio feci il sedile per affrontare il weekend di gara. Per me fu una botta di emozioni incredibile, soprattutto perché non avevo avuto il tempo di metabolizzare tutto e di abituarmi alla situazione. In quei giorni ho capito realmente cosa significasse realizzare un sogno. Il modo in cui sono arrivato in F1, così in fretta, mi ha fatto vivere tante emozioni ed è stato per me un weekend perfetto”

Quale fu l’impatto con il paddock e con quel tipo di F1?
“L’impatto fu simile a quello militare, nel senso che io ero il giovane appena arrivato e i piloti già presenti da anni, e che piloti mi permetto di aggiungere, praticamente non mi hanno considerato. Conoscevo Ivan Capelli e infatti mi ritrovai con lui, ma ricordo con affetto quando venne a salutarmi Senna. Ayrton mi disse: ‘benvenuto in F1’. Per me fu il massimo, in quegli anni Senna era un pilota di grande talento ma non ancora campione del mondo. Io però in quel preciso istante mi sono sentito un pilota di F1 e il weekend poteva anche finire in quel momento (ride, ndr). È stata un po’ come una investitura dei cavalieri medievali. È un ricordo che conserverò per sempre”.

E in pista come andò la convivenza con quei mostri sacri?
“Io non volevo fare danni e soprattutto non volevo dare l’impressione di essere una sorta di chicane mobile. Allora mi sono messo da parte in pista per non disturbare, diciamo così. Beh posso dirti che nonostante questo mi sfioravano apposta per capire di che pasta ero fatto, fu incredibile”.

Tu e il tuo compagno di squadra Piercarlo Ghinzani avevate condiviso la stessa macchina durante le prove del sabato
“Esattamente. Ghinzani, che era un pilota veloce e molto concreto, aveva avuto dei problemi con la sua monoposto durante le prove e quindi gli ho ceduto la mia macchina durante le prove del sabato”.

Ricordi anche l’intervista di Ezio Zermiani in griglia prima della gara?
“Sinceramente no ma l’ho rivista recentemente e come ti ho detto prima quel weekend fu una botta di emozioni incredibile. Poi Monza era la mia gara di casa. Avevo 22 anni, negli anni ’80 noi ragazzi di quell’età vivevamo di sogni e io l’avevo realizzato”.

Raccontaci la tua gara e l’approccio per affrontarla.
“Poche volte nella mia carriera sono stato intelligente (ride, ndr) ma in quel caso lo sono stato. Avevo due possibilità: partire a tutta rischiando di non finire la gara oppure mettermi del mio passo per vedere la bandiera a scacchi. Ho scelto quest’ultima e non mi interessava finire a quattro, cinque o sei giri. Avevo un allenamento specifico per le vetture di F3 mentre quelle F1, pesanti e da 1000 cavalli, erano tremende da guidare, quindi per me era importante finire la gara. Sono stato anche l’unico pilota italiano a tagliare il traguardo, quindi andò bene e quella gara mi ha poi permesso di continuare con Osella per il 1987 e successivamente in F1″.

Come è stato l’impatto con il motore turbo?
“Sono passato dai 170 cavalli della F3 ai 1000 della F1. L’impatto fu tremendo, la macchina era inguidabile. Ricordo che per permettermi di adattarmi mi diedero una pressione del turbo da Paperino (sorride, ndr). Il mio motore pagava oltre 40 chilometri all’ora dai migliori, ma comunque era impressionante. Poi, ripeto, per me quello di Monza 1986 fu davvero un weekend perfetto, che ricordo ancora con grande affetto”.

Immagine copertina: Twitter


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