F1 | Intervista a Cesare Fiorio: 35 anni dopo Rio, la sua Ferrari

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Tempo di lettura: 8 minuti
di Andrea Ettori @AndreaEttori
15 Febbraio 2024 - 16:00
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P300.it ha intervistato Cesare Fiorio, personaggio di spicco del motorsport italiano con un trascorso importante in Ferrari. Ecco cosa ci ha raccontato di quel periodo

Cesare Fiorio lo ribadisce con grande orgoglio: “In Ferrari ho fatto 35 gare, con 9 vittorie e 25 podi”. Tutto vero, per un personaggio che non ha bisogno di presentazioni dopo gli innumerevoli successi con la Lancia nel mondiale rally. Fiorio ha avuto un grande merito, quello di riportare la Ferrari ad una dimensione vincente dopo anni difficilissimi, costruendo una storia che ancora oggi, gli stessi tifosi Ferrari, raccontano con un pizzico di malinconia. Una storia iniziata esattamente 35 anni fa e che in questa intervista, che si concentra in particolare sulla stagione 1989, leggerete attraverso le parole dello stesso Fiorio.

Dott. Fiorio, ci può dire che ambiente aveva trovato al suo arrivo a Maranello?

“Quando sono arrivato alla Ferrari ero molto timoroso di entrare in questa Università del motorismo mondiale e avevo il dubbio su come l’ambiente mi avrebbe accettato. Così per caso ho captato la conversazione di due meccanici che stavano parlando di me. Ero in una posizione dove loro non mi potevano vedere. Uno dei due disse all’altro ‘hai visto chi è arrivato?’ e l’altro rispose, ‘Stai tranquillo questo è una vita che mangia pane e corse’. Con tutta franchezza questa cosa mi ha tranquillizzato e onestamente aperto il cuore”.

Come è stato l’avvicinamento a Rio, tenendo conto che a causa della scarsa affidabilità del nuovo cambio semiautomatico, la 639 sostanzialmente non girava?

“In quel periodo la nostra macchina non percorreva più di 3/4 giri consecutivi. Già nel warm-up di Rio ci siamo ritrovati con le macchine di Mansell, Berger e anche il muletto sul carro attrezzi dopo pochi giri. Il problema non era l’affidabilità del sistema ma il sistema stesso che era inaffidabile. Nel corso della stagione avevamo introdotto delle migliorie elettroniche che permettevano al cambio di non rompersi. Bisognava anche essere molto chirurgici nel saperlo utilizzare, perché bastava cambiare 100 giri prima o 100 giri dopo che il sistema andava KO. Devo dire che Mansell, oltre ad essere stato un pilota velocissimo, è stato bravissimo nell’utilizzo perché era anche un grande esperto di meccanica. Rispetto al suo compagno Berger ha avuto meno problemi con questo sistema in particolare”.

Può raccontarci allora la splendida vittoria di Rio 1989, entrata di fatto nella storia della Ferrari?

“Dopo i problemi nel warm-up la discussione era sul quantitativo di carburante da imbarcare alla partenza. Molti mi suggerirono di far partire le macchine con poca benzina, consapevoli del fatto che avremmo fatto soltanto pochi giri in gara. Io mi opposi e decisi di fare partire le macchine con il carburante per percorrere tutta la distanza del GP. In tanti mi diedero del matto ma fortunatamente andò molto bene. Berger si ritirò dopo un incidente al via, mentre Nigel arrivò fino al traguardo. Cambiammo anche il volante al pit-stop perché da quello potevano partire di problemi. Quella vittoria fu davvero un impresa memorabile”.

Lei scavalcò anche il muretto per esultare…

“Si è presi anche una multa per quella esultanza (sorride). Oggi chiaramente non si può fare. Quel successo fantastico ci diede davvero tanto morale”

Le aspettative dopo la vittoria di Rio si erano alzate oppure il profilo doveva restare basso?

“La stagione è stata condizionata da diversi ritiri, da suddividere tra problemi al cambio e altri tecnici. Questo era dovuto in particolare dal direttore tecnico che in quel periodo era John Barnard, bravo a curare estremamente la parte aerodinamica, un pochino meno la tenuta dei materiali meccanici che stavano sotto a questa aerodinamica molto estremizzata.

L’alternatore, ad esempio, si surriscaldava troppo e mandava KO l’impianto elettrico. Decisi quindi di far aprire degli sfoghi d’aria, cosa che lui non accettava perché avrebbero rovinato l’aerodinamica, per permettere alla macchina di smaltire meglio il calore. Questa piccola modifica ci permise di aumentare l’affidabilità durante la stagione.

Io avevo una cultura, che mi sono fatto in tanti anni di motorsport, dell’affidabilità. Questa per me era un punto fermo mentre quando sono arrivato in Ferrari era qualcosa da rivedere assolutamente. Avevamo una macchina molto avanzata tecnologicamente ma carente come affidabilità. Praticamente il mio primo anno in Ferrari è stato dedicato al lavoro su questo aspetto”.

Possiamo dire che l’89 è stato la base su cui costruire il 1990..

“Nel 1989 abbiamo vinto 3 gare. Con Nigel a Rio e Budapest e con Berger all’Estoril. L’anno successivo ne abbiamo vinte 6 in un epoca dove si correvano 15/16 gare a stagione e ci siamo anche giocati il titolo mondiale. Nel 1990 la nostra monoposto era leggermente superiore alla McLaren, ma loro avevano Ayrton Senna, che io ritengo il più grande di tutti i tempi. È lui che ha vinto il titolo in quella stagione perché riuscì a portare a casa vittorie e risultati che magari altri non sarebbero riusciti ad ottenere”.

Che tipo di rapporto aveva con Barnard, che proprio a metà di quella stagione, lasciò la Ferrari?

“Barnard era indubbiamente un grande tecnico ma aveva un unico difetto, quello di voler lavorare in Inghilterra. Io invece gli dissi che le macchine andavano fatte da noi così come le presentazioni. Tra l’altro quando le cose andavano bene era merito dell’Inghilterra, quando andavano male era colpa dell’Italia.

Avevamo vedute differenti perché lui voleva restare in Inghilterra mentre io non volevo avere una parte tecnica fuori dall’Italia, anche perché lo scambio d’informazioni risultava essere molto complicato. Per queste motivazioni ci separammo e io presi Scalabroni per un determinato lavoro di cui era molto qualificato, ma soprattutto Steve Nichols in ottica di un possibile arrivo di Ayrton Senna a Maranello”.

Poi arriva Imola 1989 con l’incidente di Berger

“L’incidente di Gerhard fu terribile, la macchina prese fuoco e devo ammettere di aver tremato in quei minuti, Fortunatamente Berger ne uscì praticamente indenne e ritornò qualche gara dopo. Detto questo, Gerhard voleva rientrare praticamente subito mentre io preferivo che si prendesse qualche gara in più d’assenza per recuperare al meglio.

Io commisi un piccolo errore quando accettai le sue condizioni di rientro, dove mi assicurava di essere pronto. Lui però non aveva ancora la lucidità in quelle gare che poi sarebbe tornata nei GP successivi”.

Nel corso della stagione venne ufficializzato Prost con una trattativa chiusa nel week-end di Hockenheim

“Esattamente, ci incontrammo in un un albergo fuori dal circuito in grande segreto”

I contratti di Prost e Mansell erano identici?

“Dal punto di vista dei piloti devo dire subito una cosa. Anche i grandi piloti di quel periodo, come già i campioni del mondo, o chi lo sarebbe diventato successivamente, subivano una vera attrazione da parte della Ferrari. Quando io parlavo con loro la disponibilità di venire a Maranello era totale con condizioni anche d’ingaggio adeguate alle aspettative che avevano. Aspiravano alla Ferrari”.

Il suo obiettivo, come in tanti sanno era comunque Ayrton..

“Esattamente, Senna sarebbe venuto molto volentieri alla Ferrari già nel 1990 ma il suo contratto con la McLaren era blindato. Lui e Alain insieme a Nigel erano i grandi piloti di quel periodo”.

Sarebbe stato però impensabile avere una coppia Senna/Prost nel 1991..

“Questo effettivamente era un problema che io mi ero posto e avevo anche una possibile soluzione a riguardo”

Una soluzione poteva essere quella di Prost di ritorno in McLaren..

“Ehm.. guardi su questo ancora non le posso rispondere nello specifico”

Parliamo della vittoria di Mansell a Budapest

“Ancora oggi quel sorpasso di Nigel su Senna, che aveva esitato in un doppiaggio, me lo ricordo e lo ricorderò tutta la vita. Quella vittoria aveva anche confermato che la nostra macchina era competitiva e la gestione della squadra adeguatamente forte. Potevamo quindi affrontare l’anno successivo con maggiori possibilità di conquistare dei buoni risultati”

Come prese Mansell l’arrivo di Prost alla Ferrari come compagno di team?

“Nigel era velocissimo e con una conoscenza della meccanica anche superiore a quella di Prost. Alain però rispetto a lui era… politicamente più furbo e si sapeva muovere molto bene. Con i suoi movimenti in grande stile riusciva a mettere in difficoltà spesso gli avversari. Era comunque molto veloce in pista e molto bravo anche a livello comunicativo”.

In conclusione che annata è stata quella del 1989 per lei?

“È stata una stagione sicuramente positiva, perché la Ferrari non vinceva in modo costante da diversi anni e perché avevamo riportato l’affidabilità, a cui tenevo molto, a buoni livelli. Inoltre anche in ottica ’90 avevamo dimostrato di essere veloci”.

Cosa ha significato per lei essere al “timone” della Ferrari in quel periodo?

“Per chi come il sottoscritto ha fatto quel mestiere tutta la vita, la Ferrari è stata un grande punto di arrivo. Ero felicissimo dopo 30 anni di motorsport alle spalle di poter gestire e contribuire a riportare la Ferrari ai massimi livelli”.

Un ringraziamento a Cesare Fiorio per la sua disponibilità.

Immagine: Wikimedia Commons

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