F1 | Il GP di Miami mostra quanto la F1 sia costosa e come un’altra F1 sia possibile

F1GP Miami
Tempo di lettura: 5 minuti
di Lorenzo Roversi @lorenzor92_
7 Maggio 2022 - 15:00
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Il GP di Miami è stato oggetto di discussioni tra migliaia di appassionati e addetti ai lavori da molto prima che il weekend di gara iniziasse, già dall’inizio della costruzione del circuito e delle strutture attigue. Al centro di esse due aspetti fondamentali: il marketing portato all’estremo e i prezzi dei biglietti alle stelle.

Mai così tanto come in questi ultimi giorni si è parlato di un Gran Premio senza parlare del Gran Premio stesso. Tralasciando le diatribe sul fatto che il circuito fosse costruito su un parcheggio o meno, abbiamo visto tutti le foto dell’ormai famosa sui social fake marina, ufficialmente MSC Cruises Yatch Club, un’area attorno al tracciato su cui stazionano alcune barche che, circondate da una superficie solida che imita il colore dell’acqua, daranno l’illusione a chi si è aggiudicato i relativi pacchetti ospitalità, di seguire una gara a bordo di uno yacht, come succede di solito nella più famosa Montecarlo.

Immagine ANSA

Risvolti comici a parte, iniziative di questo tipo non meritano di passare inosservate: il GP di Miami 2022 rappresenta un modello di business inedito per la F1 moderna, esso infatti è l’unico Gran Premio del calendario la cui organizzazione è frutto di investimenti praticamente solo privati, in controtendenza con ciò che succede tipicamente in Europa, Asia o Medio Oriente dove le gare sono in larga parte sovvenzionate dallo stato o dai governi locali.

Tralasciando alcuni paesi arabi, in cui la finalità del Gran Premio sta nella promozione all’estero dell’immagine del paese ospitante, questa differenza è di cruciale importanza, perché laddove c’è un investimento privato, c’è la necessità di rientrare da esso, ovvero la necessità di trarre un profitto incassando il più possibile dalla vendita dei biglietti. Cosa che vale anche per i GP europei, intendiamoci, ma in questi casi ciò può passare in secondo piano in favore di un aumento dell’indotto locale (incassi di hotel, ristoranti, turismo, ecc.).

Secondo un articolo di CNBC, il prezzo medio di un biglietto per la domenica del GP di Miami è pari a 2.179 $, il triplo rispetto ad Austin, con pacchetti di ospitalità VIP che variano da 25.000 $ a 120.000 $.

Considerando che la capienza massima è stata fissata a 80.000 posti, è facile dedurre come l’ordine di grandezza del fatturato di questo evento sia delle centinaia di milioni di dollari. Per avere un termine di paragone, negli ultimi anni l’incasso del Gran Premio d’Italia si è sempre attestato intorno ai 20 milioni di euro.

Un aspetto interessante dal punto di vista economico del GP di Miami è come gli organizzatori dell’evento siano i proprietari delle strutture circostanti, tra tutti l’ideatore di questo evento e magnate del settore immobiliare Stephen M. Ross, proprietario dei Miami Dolphins e dell’Hard Rock Stadium in cui questi ultimi giocano le partite e attorno al quale è stato costruito il circuito. Non è un caso che Hard Rock International sia entrata tra i funding partner dell’evento prestando il proprio nome a vari pacchetti di ospitalità, tra cui l’Hard Rock Beach Club, e mettendo a disposizione alcuni tra i propri hotel e casino per eventi collegati al Gran Premio.

Altri hotel della zona propongono esperienze simili, uno su tutti il Faena Hotel Miami Beach, che per 120.000 $ a notte offre anche l’ingresso all’hospitality Red Bull (anch’essa funding partner).

Hard Rock Beach Club twitter/f1miami

Uno altro stratagemma spesso utilizzato per attrarre il maggior numero di persone a seguire un evento, e che abbiamo visto anche qui in Europa, è quello di proporre eventi collaterali di richiamo, nella fattispecie concerti. Miami non fa eccezione: la lineup è tra le più ricche mai viste nella storia della F1 con star del calibro di Post Malone, Tiesto, Maluma, The Chainsmokers, Zedd, Cedric Gervais fino al nostrano Gianluca Vacchi dando vita a un vero e proprio festival musicale intorno al Gran Premio.

In totale sono attese 300.000 persone nell’arco del weekend e si stima che l’indotto del GP sulla città di Miami sia pari a 400 milioni di dollari. Sempre per fare un raffronto, per il Gran Premio d’Italia si stima un indotto annuo fino a 120 milioni di euro.

Il Gran Premio di Miami, attraverso i suoi numeri esagerati e fuori scala rispetto agli standard a cui la F1 ci ha abituato, ci mette di fronte a una crudele realtà, di cui forse fino ad oggi la maggior parte degli appassionati non aveva tenuto conto: la Formula 1 è un business costoso, che richiede ingenti investimenti e dai quali è necessario rientrare, soprattutto se questi provengono da privati, e come ciò inevitabilmente si rifletta sul prezzo dei biglietti e quindi sul consumatore finale ovvero l’appassionato.

Un’altra lezione, a cui forse noi europei non eravamo ancora pronti, è che un’altra Formula 1, basata su un modello di business diverso da quello che prevede che siano le istituzioni pubbliche e i quindi contribuenti di quegli stati, è possibile. Se ciò sia un bene o un male, la risposta risiede nella coscienza dei singoli: alcuni preferiscono prezzi più abbordabili ma a spese della collettività, altri non vorrebbero vedere le proprie tasse destinate ad arricchire la F1 anche a fronte di biglietti più costosi.

Il Gran Premio di Miami ha fatto da apripista sotto questi aspetti, ne è una prova l’istituzione del Gran Premio di Las Vegas per il 2023 su basi analoghe: infatti, tra gli organizzatori, troviamo tutti i più importanti hotel e casinò della Las Vegas Strip, e a giudicare da un recente investimento immobiliare, pare proprio che la F1 sia intenzionata a rimanerci a lungo. Se questo modello sarà una prerogativa solo degli appuntamenti americani o se le cose cambieranno anche in Europa è ancora presto per dirlo.

Immagine di copertina Twitter/ScuderiaFerrari

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