F1 | Il caso Horner: perché è più complesso di quanto sembri

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Tempo di lettura: 5 minuti
di Alessandro Secchi @alexsecchi83
19 Febbraio 2024 - 17:06
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Il caso del mese potrebbe arrivare a breve ad una conclusione, ma si tratta di una situazione molto complessa

L’account Instagram di Geri Halliwell, per chi è più vetusto ex Spice Girl e per chi meno moglie di Christian Horner, è fermo dal 29 gennaio. Niente più storie, niente più post. Sotto l’ultimo, datato appunto tre settimane fa, si sprecano commenti e il tanto famigerato odio online (sul quale, rispetto ad altri casi, nessuno si pronuncia) nei confronti del Team Principal – e non solo – di Red Bull. Ovviamente, lo stesso succede sotto il profilo del diretto interessato. Ultimo post: 27 gennaio, anche se il 31 aveva offerto una cena ad uno dei suoi piloti, Sergio Pérez.

Il caso che sta scuotendo il mondo della F1 non è ancora stato chiuso e manca di alcuni dettagli. La F1 stessa, ieri, seguita dalla FIA oggi, ha in qualche modo sollecitato che vengano prese presto decisioni in nome di correttezza e sani principi, al fine che in alcun modo l’immagine dello Sport possa essere minata dalla situazione in corso.

Quel “non solo”, riferito al fatto Horner non sia solo Team Principal e semplice dipendente del team che guida dal 2005, è una nota importante nel riepilogare tutto quello che è – o non è – successo nelle ultime settimane.

Ricollegandoci a ciò che sta succedendo sui social – e tralasciando ciò che si dice da settimane sul resto del web – ad oggi manca ancora la certezza definitiva sul comportamento illecito di Horner. Il quadro scandalistico a luci rosse è quello che va ovviamente per la maggiore: ma è giusto ricordare che, soprattutto quando si trattano certi argomenti, i condizionali restano sempre e comunque un obbligo in ambito comunicativo soprattutto se si deve riportare una notizia di tale portata.

Detto questo, il quadro generale è molto, molto complesso. Christian Horner non è solo un Team Principal a libro paga di Red Bull, ma del team campione in carica è anche CEO, oltre ad esserlo della divisione Powertrain, in procinto di avviare la collaborazione con Ford in vista del 2026.

Questo significa che la sua posizione di forza è tale da richiedere un consiglio d’amministrazione tra i soci di Red Bull per deciderne le sorti, con la parte austriaca (mondo Mateschitz) che detiene il 49% e la parte thailandese (la famiglia Yoovidhya) che ne detiene il 51%. Qualsiasi decisione, anche una semplice sospensione, passa comunque da un’entità più alta che deve scegliere come muoversi in un ambito nel quale basta un niente per rovinarsi l’immagine.

Non è dato sapere quando effettivamente l’investigazione interna a Red Bull sia iniziata: sicuramente ben prima che la notizia esplodesse fragorosamente. Nonostante questo la presentazione della RB20 non è stata minimamente intaccata dalla questione. Horner si è presentato tranquillamente nel suo ruolo, figurando anche da protagonista costante nel video celebrativo del 20° anno del team austriaco. Inoltre ha risposto alle domande dirette sull’argomento, negando tutte le accuse nei suoi confronti e dicendosi fiducioso di una conclusione a breve dell’investigazione.

Che una decisione sia necessaria entro brevi termini è auspicabile un po’ da tutti, soprattutto per evidenti questioni di immagine come F1 e FIA hanno già fatto intendere. Le presunte rivelazioni del Telegraaf, il giorno successivo alla presentazione della RB20, hanno gettato altra benzina sul fuoco: il sito olandese non solo ha indicato come veritiere le accuse più gravi, ma ha anche aggiunto il tentativo di compensare – o meglio, chiudere – la questione in anticipo dietro lauto pagamento verso la presunta dipendente molestata, prima che la bomba esplodesse pubblicamente; gettando, così, un’altra grande ombra sulla figura di Horner.

In un mondo nel quale lo scandalo fa notizia più di ogni altra cosa ogni dettaglio sussurrato non fa altro che ingigantire un caso che richiede, in realtà, un racconto dal peso adeguato alle accuse di cui si parla. In questo momento Horner si trova ad un bivio professionale ed umano di enorme importanza. Lo stesso vale per Red Bull.

Se le accuse dovessero essere confermate si tratterebbe di uno shock su più fronti. Horner vedrebbe la sua carriera – e forse non solo – compromessa se non conclusa, mentre Red Bull si ritroverebbe immediatamente senza il faro che l’ha portata dall’essere una semplice azienda di lattine ad uno dei team più titolati in Formula 1. Si tratterebbe di un vero e proprio terremoto in seno al team campione in carica, che porterebbe alla revisione di tutto il suo mondo e dei suoi equilibri. Horner è l’immagine di Red Bull nel mondo, trovare un sostituto, capace della stessa leadership, sarebbe difficilissimo, quasi impossibile.

Se le accuse, invece, dovessero essere ridimensionate ad un semplice – seppur discutibile – comportamento aggressivo nel suo ruolo di Team Principal, Horner ne uscirebbe ancora più forte, divenendo quasi intoccabile. E, inoltre, tutti i media che negli ultimi venti giorni hanno dato per scontate azioni e comportamenti di qualsiasi natura – specie sessuale – rischierebbero citazioni varie per aver divulgato notizie prive di fondamento dando il là a tutta una serie di comportamenti identificabili come odio online.

Restiamo quindi in attesa di note ufficiali da parte di chi ha il diritto di pubblicarle. Ricordando che, indipendentemente dal risultato dell’indagine e dalle conseguenze che ne potranno scaturire, non si sta parlando solo di un’azienda e di un team di Formula 1 ma anche di una o più famiglie – con figli – coinvolti in una situazione decisamente spiacevole e che meritano, almeno fino a notizie certe, il giusto rispetto. Anche perché, è giusto rimarcarlo, l’odio online non può essere citato solo quando interessa.

Immagine di copertina: Media Red Bull

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