F1 | Il 2019 sarà un anno zero per la McLaren

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Tempo di lettura: 7 minuti
di Gianluca Zippo @GianlucaZippo
27 Agosto 2018 - 22:08
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Insieme alla Williams, che vive un’annata davvero mortificante, la McLaren rappresenta l’emblema della nobile decaduta in Formula 1. I numeri sono impietosi e, a meno di cataclismi, è estremamente complicato che la MCL33 possa consentire a Fernando Alonso e a Stoffel Vandoorne di modificare lo stato delle cose.

A Woking vittoria e pole position, rispettivamente con Jenson Button e Lewis Hamilton, mancano dal Gran Premio del Brasile 2012, quello che consegnò il terzo titolo mondiale a Sebastian Vettel; il podio manca invece dal Gran Premio d’Australia 2014, debutto dell’era ibrida, con Kevin Magnussen e lo stesso Button piazzatisi alle spalle dell’allora vincitore Nico Rosberg.

La realtà attuale, soprattutto agli appassionati di lungo corso (non per forza sostenitori del team inglese), è dolorosa. Parliamo comunque di un team che, a livello di bacheca, solo la Ferrari può permettersi di guardare dall’alto. C’è un passato glorioso, con 12 titoli mondiali piloti, 8 titoli mondiali costruttori, 182 vittorie, 155 pole position ed altrettanti giri veloci, 485 podi, 47 doppiette e 5.198,5 punti totali. Il tutto, aggiornato al Gran Premio del Belgio 2018, in 834 gran premi e 53 stagioni complessive in Formula 1.

Eppure, a partire dalla gestione Whitmarsh in poi, è stato tutto un susseguirsi di errori e scelte sbagliate, su tutte la partnership 2.0 con la Honda, accolta tra mille proclami e strombazzamenti nell’inverno 2014-15 ed interrotta dopo un triennio colmo di fallimenti e brutte figure. Nemmeno il passaggio ai propulsori Renault, avvenuto prima della stagione in corso, ha portato benefici tangibili.

Un susseguirsi di delusioni di cui ha fatto le spese Eric Boullier, sostituito da Gil de Ferran, con Zak Brown, CEO del McLaren Technology Group, a parlare di recente e apertamente di struttura organizzativo-direzionale del team poggiante su basi sbagliate e fuorvianti, tali da richiedere una rivoluzione interna, la quale produrrà effetti a medio-lungo termine. Una situazione che ha spinto Fernando Alonso, subito prima di Ferragosto, ad annunciare il suo addio alla Formula 1. Con la conferma di Stoffel Vandoorne legata ad un filo, il team di Woking si appresta a modificare profondamente anche la propria coppia di piloti.

Annunciato nei giorni scorsi Carlos Sainz Jr., in uscita da Renault e, più in generale, dal programma Red Bull, si attende la seconda mossa, con Lando Norris che riveste il ruolo di grande favorito e il belga Vandoorne che corre il serio rischio di restare a piedi dopo appena due stagioni complete. Una line-up Sainz-Norris (o anche Vandoorne, in caso di rinnovo) porterebbe la McLaren in una situazione nuova, quantomeno dando uno sguardo all’ultimo quarto di secolo.

A meno di ‘genialate’ al momento impronosticabili dello spagnolo da qui ad Abu Dhabi al volante della R.S.18, infatti, dopo tanti anni la McLaren comincerà la stagione senza piloti che vantino almeno una vittoria in Formula 1 nel proprio palmares. Bisogna risalire al 1994 per ritrovare una situazione simile per il team che fu di Ron Dennis. Anche in quel caso si trattava di un ‘anno zero’, il primo del post Ayrton Senna, fresco di passaggio in Williams. Al volante della MP4/9 motorizzata Peugeot, infatti, si ritrovavano l’allora giovane rampante Mika Hakkinen e l’esperto Martin Brundle, con il francese Philippe Alliot che sostituì il finnico (squalificato) in occasione del Gran Premio d’Ungheria.

Particolare la situazione del 1995. Dennis convinse il Campione del Mondo 1992, Nigel Mansell, a firmare un contratto. Durante i test invernali, però, la MP4/10 evidenziò seri problemi sia di prestazioni che di affidabilità, spingendo il Leone inglese a prendersi una pausa e a saltare i primi due appuntamenti, dove viene sostituito da Mark Blundell. Mansell si presentò in pista ad Imola, al volante della rinnovata MP4/10B; i problemi, però, non furono affatto risolti e l’ex Williams, dopo un ritiro nella successiva gara di Barcellona, sfruttò una clausola del contratto e si defilò, lasciando definitivamente il sedile a Blundell da Monaco in poi.

Nel 1996 si costituì quella che divenne una coppia storica della McLaren, con Mika Hakkinen che, reduce dal tremendo incidente ad Adelaide nell’ultimo appuntamento del 1995, si trovò al suo fianco lo scozzese David Coulthard. Un pilota, l’ex Williams, avente in quel momento in palmares una vittoria (Portogallo 1995) e 5 pole position. I due, dal 1998 in poi fieri rivali di Michael Schumacher e della Ferrari, conquistarono insieme qualcosa come due titoli piloti (entrambi di Hakkinen, 1998 e 1999), uno Costruttori (1998, l’ultimo), 30 vittorie, 33 pole ed 84 podi complessivi. Il tutto in sei annate.

Per un finlandese che saluta, ce n’è un altro che arriva. E’ quanto accadde nel 2002 dove, al fianco di Coulthard, ecco un imberbe ma velocissimo Kimi Raikkonen. Nei tre anni assieme, l’ex Sauber sfiorò subito un titolo (2003) ottenendo due vittorie, stesso numero di Coulthard il quale, nel Gran Premio d’Australia 2003, centrò l’ultimo successo personale. Passiamo al 2005, quando Dennis formò una coppia sulla carta con un potenziale enorme: quella composta dallo stesso Iceman e dal fumantino colombiano Juan Pablo Montoya, in uscita dalla Williams, con la quale ottenne 4 vittorie, 11 pole e 23 podi, lottando per l’iride nel 2003.

Mentre Kimi si giocò il Mondiale 2005 con Fernando Alonso, il feeling di Juancho con il team non decollò mai, perdendo subito due gare per un misterioso infortunio ad una spalla giocando a tennis (sostituito in Bahrain da Pedro de la Rosa e ad Imola da Alexander Wurz), per poi salutare a metà 2006, cedendo il volante ancora a de la Rosa. Il 2007 fu forse l’anno più turbolento della storia della McLaren. Com’è noto nella mente di tutti, a farla da padrone furono lo scandalo della Spy Story (che porterà all’esclusione del team dalla Classifica Costruttori, oltre a 100 milioni di dollari di multa) e l’esplosione di una virulenta rivalità tra il due volte Campione del Mondo in carica Fernando Alonso, ingaggiato per riportare a Woking il titolo, e il rookie Lewis Hamilton, la sensazione della stagione.

I continui scontri e dispetti tra i due costarono alla McLaren il titolo piloti, portando Alonso a fare i bagagli a fine 2007. Per la stagione successiva (e fino al 2009), a guidare la Freccia d’Argento venne chiamato un altro giovane (in quella fase) di belle speranze, ovvero il finlandese Heikki Kovalainen. Il campionato 2008, combattutissimo fino all’ultima curva di Interlagos (come ben sanno Felipe Massa e i tifosi Ferrari), vide Hamilton laurearsi per la prima volta Campione, regalando alla McLaren l’ultimo alloro iridato; Kovalainen, dal canto suo, in Ungheria conquistò la sua prima ed unica vittoria.

Dopo un complicato 2009, per la stagione 2010 la McLaren decise di comporre una line-up tutta Made in Britain, affiancando a Hamilton il Campione in carica, Jenson Button. Per la prima volta dal 1989 (Senna-Prost) il team di Woking schierò due piloti ad avere in palmares almeno un Mondiale a testa. Lewis e Jenson fecero coppia fissa fino alla fine del 2012; un periodo ricco di spunti, che vide una Mclaren spesso velocissima ma frustrata da un’affidabilità spesso carente, rendendo vano qualsiasi assalto al titolo.

Come sottolineato più su, da questo momento in poi il team inglese comincia un progressivo declino, che porta al quadro attuale. Nel 2013, a Button viene affiancato l’allora irruento Sergio Perez, silurato dopo una sola annata; una storia che, grossomodo, si ripete l’anno dopo con Kevin Magnussen. Il 2015 vede il chiacchierato ritorno a Woking di Fernando Alonso, con i risultati che tutti conosciamo. Per il 2017, infine, il belga Stoffel Vandoorne viene chiamato a prendere il posto del ritirato Button.

Da appassionati di questo sport, oltre che nostalgici del periodo a cavallo della fine degli anni ’90 e l’inizio del nuovo Millennio quando era l’argentea McLaren a contendere, il più delle volte, lo scettro alla Rossa e al Kaiser, non possiamo non augurarci che, un giorno, il team fondato ormai 55 anni fa da Bruce McLaren (l’anniversario cade il prossimo 2 settembre) possa tornare ai fasti di un tempo. La strada è dura e maledettamente in salita, come un Mortitolo o uno Zoncolan; ma la speranza è l’ultima a morire…

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