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F1 | Il 1985 di Stefan Bellof. A 40 anni dalla scomparsa del fenomeno tedesco

Autore: Andrea Ettori
AndreaEttori
Pubblicato il 1 Settembre 2025 - 10:00
Tempo di lettura: 4 minuti
F1 | Il 1985 di Stefan Bellof. A 40 anni dalla scomparsa del fenomeno tedesco
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Un ricordo del pilota tedesco a 40 anni esatti dalla tragica giornata di Spa-Francorchamps

Nel 1985 erano due i talenti più cristallini nel mondo del motorsport. Il primo era Ayrton Senna, mentre il secondo Stefan Bellof. Se per il brasiliano l’anno post 1984, dove aveva mostrato con la Toleman al mondo il proprio talento, poteva essere quello della svolta grazie alla possibilità di guidare per un team importante come la Lotus, per Bellof le prospettive erano meno rosee.

La riconferma in Tyrrell, dopo un 1984 sciagurato per la squadra per le note vicende legate alla questione del “peso”, era arrivata con la promessa di avere i turbo BMW da subito. In realtà la situazione si complicò ulteriormente dopo i test di Rio de Janeiro a inizio stagione, con le polemiche che avevano coinvolto lo stesso Bellof e il boscaiolo Ken Tyrrell, appunto per le problematiche riguardanti il motore. La Tyrrell ad inizio stagione era equipaggiata dal vecchio, vetusto ma storico Ford aspirato DFY che di fatto faceva sembrare la 012 più simile ad una F2 rispetto alle vetture F1 che montavano i motori turbo.

L’allontanamento di Bellof, per la prima gara della stagione in Brasile, arrivò soprattutto per delle garanzie tecniche e contrattuali che secondo il pilota tedesco, spinto dal proprio manager, Tyrrell non aveva rispettato. Garanzie che, per il patron del team inglese non avevano fondamento e che, di fatto, lo avevano costretto a richiamare Stefan Johannson per sostituire il tedesco.

La pace con Tyrrell arrivò qualche settimana più tardi grazie all’arrivo dei turbo Renault e ad una presa di coscienza di Bellof che, di fatto, chiese scusa per il suo atteggiamento poco professionale nei confronti di Tyrrell. Messa da parte questa situazione, per Bellof il mondiale endurance era il giardino di casa, dove trovare serenità e prestazioni alla luce delle vittorie e dei record (in particolare quello memorabile del Nurburgring) degli anni precedenti. Bellof, dopo aver vinto il titolo nel 1984, con il team Porsche ufficiale, era passato per il 1985 con “Brun Motorsport” per portare in pista la 956B.

Il podio al Mugello (ultimo nel campionato sport prototipi) arrivato dopo aver gettato via la vittoria, a causa di un errato calcolo del consumo di carburante, e la squalifica di Monza, a causa di un rifornimento troppo veloce, avevano di fatto messo nelle condizioni il pilota tedesco di non poter difendere il titolo conquistato l’anno precedente.

Al contrario in F1, nonostante le difficoltà tecniche, Bellof conquistava il 6° posto sotto il diluvio dell’Estoril nella gara della prima vittoria di Senna in F1, con una macchina che pagava 40 km/h di differenza rispetto ai motorizzati turbo. La non qualifica di Monaco (unica in carriera) fece da preludio al primo test con la nuova Tyrrell 014, motorizzata Renault, che però dalla gara successiva di Detroit, ovvero al Paul Ricard, venne affidata soltanto al suo compagno di team Martin Brundle. Fu proprio la gara americana una di quelle che ancora oggi vengono ricordate dagli appassionati soprattutto della carriera del compianto pilota tedesco.

Il 4° posto ottenuto con la “F2” 012 dimostrava al mondo come Bellof fosse un pilota dotato di qualcosa di speciale e differente rispetto a tanti suoi colleghi. In Francia, con Brundle alla guida della 014, le velocità di punta ottenute sul rettilineo del Mistral mostrarono chiaramente la differenza di classi nella stessa categoria. I 323km/h di Brundle contro i 277km/h di Bellof erano piuttosto indicativi del mezzo a disposizione del pilota tedesco.

Un ulteriore test con la 014 venne svolto successivamente al GP di Francia, in attesa dell’esordio con la nuova macchina programmato per il GP di Germania proprio al Nurburgring. Bellof chiuse in ottava posizione, a cui fece seguito una P7 in Austria e il ritiro a causa di un guasto al turbo nella gara di Zandvoort in Olanda. Questo GP è ancora oggi rappresentativo per due motivazioni: l’esordio di entrambe le Tyrrell 014 affidate a Brundle e Bellof, ma soprattutto l’ultima gara in F1 della sua breve vita terrena del pilota tedesco.

Il 1° settembre di 40 anni fa, dopo una stagione complicata anche nel campionato del mondo endurance, Bellof in coppia con l’amico Thierry Boutsen sulla Porsche 19 stava lottando contro l’ufficiale guidata da quella leggenda che di nome fa Jacky e di cognome Ickx. In ingresso a Eau Rouge una manovra di difesa del pilota belga nei confronti di un tentativo di attacco da parte di Bellof portò al contatto con la Porsche del team “Brun”, che si andava a schiantare contro il rail ad una velocità di circa 260km/h. Un impatto tremendo che di fatto, nonostante dei drammatici tentativi di rianimazione, uccise sul colpo lo sfortunato pilota tedesco. Un incidente che ancora oggi dà voce a polemiche e analisi per una manovra che sicuramente poteva essere evitata da parte di Ickx.

Con Bellof morivano anche le speranze della Germania di avere un potenziale campione del mondo di F1 in casa. Speranze che vennero poi riposte e soddisfatte, 9 anni più tardi, con il primo titolo mondiale di Michael Schumacher. Di Bellof, oltre alle tante testimonianze e reperti che si trovano in rete, è rimasto un articolo scritto dal pilota tedesco dopo l’ultimo test con la 014 e pubblicato nel numero 37 di Autosprint del 1985.

Un documento eccezionale di cui vi lasciamo un piccolo estratto, dalla penna dello stesso Stefan Bellof: “Questa vettura non ama le curve lente. Un po’ me l’ero immaginato ma sono rimasto sconvolto lo stesso quando, nello slalom di 360 metri sul rettilineo del Nurburgring, la mia media di 55,1km/h è stata di poco inferiore a quella di una Renault 25 di serie. E nel confronto con la Renault 25, la mia Tyrrell ha fatto una brutta figura anche in altri punti: il diametro di sterzata, 14,2 metri infatti è quasi da camion e la visibilità dell’abitacolo è molto limitata. Davanti vedo solo le ruote e dietro niente. Con la cintura di sicurezza a sei punti allacciata, la testa la giro appena di lato. Per fortuna nel parco chiuso dopo la corsa si parcheggia avanti, sempre sperando di essere tra i primi ad arrivare”.

Immagine: Media Porsche

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