Il sette volte iridato ne fa 40 con il regalo più bello per un pilota: diventare uomo Ferrari
Lewis Hamilton compie 40 anni. Difficile immaginare, quella mattina di Melbourne del 2007, che la carriera di quel 22enne esordiente in McLaren, a fianco del bicampione in carica Fernando Alonso, sarebbe stata così longeva.
Era la F1 appena orfana di Michael Schumacher (ritirato a fine 2006) e con, appunto, il bicampione in carica spagnolo appena arrivato a Woking. Il timore – sportivo – era quello che, con il team di Ron Dennis, Alonso avrebbe infilato un filotto di successi iridati per avvicinarsi ai record del tedesco. Invece la storia cambiò proprio a partire da quella stagione, con Hamilton entrato sin da subito nelle grazie di Dennis grazie alle sue prestazioni top e Alonso costretto a fare le valigie dopo una sola stagione. Un 2007, tra l’altro, caratterizzato dalla Spy Story, dalle famose fotocopie della F2007 (oggi, sarcasticamente, qualcuno suggerisce che Hamilton stia per correre per la seconda volta con la Ferrari…) da mail ammesse e non ammesse e dall’esclusione dal campionato Costruttori, con il Piloti vinto da Kimi Raikkonen per un solo punto proprio su Hamilton e Alonso, 110 a 109.
Il 2008 è l’anno del riscatto, almeno per Hamilton che diventa campione iridato per la prima volta con la McLaren sul bagnato di Interlagos, dopo una stagione in cui la Ferrari cambia cavallo su cui puntare a metà stagione – Raikkonen si addormenta, Massa diventa pretendente al titolo – e Singapore diventa crocevia ancora chiacchierato oggi, con il brasiliano a chiedere giustizia per una gara falsata e su cui si è volutamente glissato per non minare l’immagine della F1. L’incidente di Piquet Jr. per favorire il (poi) vincitore Alonso, per il quale Flavio Briatore e Pat Symonds furono radiati (e poi riammessi) dalla FIA è ancora oggi materia legale. Hamilton corre con costanza, infila un paio di magie tra Monaco e Silverstone e, alla fine dei conti, il Brasile restituisce il maltolto dell’anno precedente.
Il 2009 coincide con l’arrivo di nuovi regolamenti che stravolgono la F1 e i valori in campo. La nuova McLaren fatica e il numero 1 sulla monoposto di Hamilton non brilla, specialmente ad inizio anno. Lewis si macchia di una squalifica per aver mentito spudoratamente ai commissari di Melbourne, prima gara della stagione, e per metà anno fatica fino a quando il team di Woking non mette a posto la MP4/24. Nella seconda metà di stagione, il campione in carica torna ai livelli conosciuti, non senza qualche errore come il botto di Monza.
Il mondiale viene vinto da Jenson Button con l’incredibile BrawnGP e, con il team venduto a Mercedes – che fa il suo ritorno ufficiale nel Mondiale dopo decenni – l’iridato in carica si accasa a Woking al posto del troppo lento (anche per essere un secondo pilota) Heikki Kovalainen. Il triennio 2010 – 2012 vede in McLaren la coppia di piloti più forte ma non basta, perché il genio di Adrian Newey ha dato il là per il filotto di successi Red Bull con Sebastian Vettel. Gli ultimi tre anni di Hamilton alla corte di Dennis lo vedono in corsa per il titolo nel 2010 e 2012, ma oltre ad una monoposto non a livello sono anche gli errori a pesare in momenti decisivi, specialmente nel 2010. Il 2011 è l’anno peggiore, con Button che lo surclassa in classifica e tanti incidenti – chiedere a Felipe Massa, con il quale Lewis arriva a contatto più volte – che rendono l’anno da dimenticare.
Che l’avventura a Woking sia arrivata al termine lo si capisce, ma è la destinazione futura a lasciare tutti a bocca aperta. Niki Lauda mette insieme il colpo del decennio, spingendo Hamilton verso quella Mercedes che, nei primi tre anni dal rientro, è sì migliorata ma dopo tante fatiche con il rientrante Michael Schumacher e con Nico Rosberg. Il tedesco sette volte iridato si ritira per la seconda e definitiva volta e lascia il sedile proprio a Hamilton, che si accasa a Brackley con il suo amico d’infanzia come compagno di squadra.
Il 2013 è l’anno migliore del team, giunto secondo alle spalle della Red Bull dominatrice e con Hamilton e Rosberg che arrivano vicini in classifica; non senza polemiche, come per il famoso test poco legale di 1000 km a Barcellona, che scuote il Paddock e diventa punto di svolta della stagione. Ma quello che succede dal 2014 in poi è letteralmente storia.
La Formula 1 entra infatti definitivamente nell’epoca ibrida dopo un primo periodo di avvicinamento con il solo Kers. Le Power Unit diventano i nuovi motori dopo anni chiacchierati e Mercedes diventa l’assoluta dominatrice, incontrastata, della scena. Tra 2014 e 2016 il team di Woking vince 51 sulle 59 gare in programma. La questione iridata è ristretta ai soli piloti di Brackley. Hamilton, dopo sei anni dal primo, vince il suo secondo titolo all’ultima gara di Abu Dhabi, caratterizzata dall’oscena decisione di assegnare punteggio doppio che, grazie ai problemi tecnici di Rosberg, fortunatamente diventa ininfluente. Nel 2015 non c’è storia, con Hamilton che corre meglio del compagno e vince, ad Austin, il suo terzo iride. Proprio da Austin parte la vendetta di Rosberg, da quel cappellino lanciato nel retropodio che diventa, idealmente, la miccia che fa scattare la voglia di rivalsa.
Rosberg vince le ultime tre gare del 2015 e le prime quattro del 2016, proponendosi ancora come pretendente al titolo. In realtà in pochi ci credono ma l’importante è che il primo a farlo sia lui. Con una tenacia incredibile e non senza esclusione di colpi (clamoroso il doppio ritiro di Barcellona) il tedesco resiste fino a fine anno e strappa il titolo dal compagno in un’intensissima finale ad Abu Dhabi. Hamilton recrimina per un motore saltato in Malesia, ma contano anche le diverse partenze sbagliate con punti regalati a Nico. Il triennio vede l’amicizia tra i due incrinarsi dopo una lunga serie di episodi controversi.
Lewis, però, può tirare un sospiro di sollievo almeno nel box, perché Rosberg si ritira da campione in carica. Dopo 23 vittorie, 30 pole e un mondiale Nico chiude con la F1 e lascia il posto a Valtteri Bottas, finlandese della scuderia di Toto Wolff che trova l’America (ma anche 20 pole e 10 vittorie nelle cinque stagioni a Brackley). Hamilton, finlamente nel ruolo di numero 1 del team, trova la Ferrari come contendente al titolo nel 2017 (anno di nuovi regolamenti che non cambia il valore Mercedes) e 2018 con Sebastian Vettel. Lewis corre due stagioni perfette, vincendo quinto e sesto titolo senza troppe difficoltà specialmente nelle seconde parti di stagione, approfittando anche di alcuni errori di Vettel nel 2018 e di una Ferrari confusionaria dal punto di vista interno.
Arriviamo a 2019 e 2020, anno questo funestato dal Covid: stagioni dominate senza appello da Mercedes e da Hamilton, con Bottas che arriva secondo nel mondiale. Lewis vince sesto e settimo titolo, che lo porta al pari di Michael Schumacher. L’inglese ha ormai frantumato la maggior parte dei record e punta all’ottavo iride per diventare, dopo il recordman di vittorie e pole, anche quello dei mondiali conquistati. Forte di una popolarità ormai inarrestabile a 35 anni, per via dei suoi successi e delle sue attività social extra pista, l’unico tassello per diventare unico è quello, l’ottavo mondiale.
L’appuntamento è al 2021, anno di transizione verso la rivoluzione del 2022 che potrebbe rappresentare, apparentemente, una nuova passeggiata per Lewis. Tra l’inglese e la storia si mette però di mezzo Max Verstappen. L’olandese, dopo anni a rincorrere con una Red Bull mai al livello della Mercedes, diventa da subito pretendente per il titolo con la forza e l’arroganza sportiva di chi vuole scalzare il re dal proprio trono. La stagione potrebbe essere raccontata in un libro per la sua intensità, per le polemiche, per gli scontri (Silverstone su tutti) e per il finale di Abu Dhabi che, ancora oggi, miete vittime tra tifosi e media. Hamilton perde il titolo all’ultimo giro con il Direttore di Gara Michael Masi indicato come mandante del furto del secolo, Verstappen diventa, in una stagione, il nemico più odiato della griglia.
Lewis subisce il colpo, medita il ritiro ma resiste. Cambiano i regolamenti, arrivano le monoposto ad effetto suolo: Mercedes fatica, Hamilton di più anche nei confronti del nuovo compagno George Russell. L’inglesino è l’unico che riesce a vincere una gara per il team in Brasile, in un 2022 da dimenticare mentre Verstappen vince ancora il titolo. Il 2023 vede un Hamilton ringalluzzito almeno nei confronti del compagno, mentre la Mercedes sbaglia ancora macchina e non può lottare, un po’ come tutti. È l’anno dei record per Red Bull e Verstappen.
Il nuovo colpo di scena arriva tra la fine del 2023 e l’inizio del 2024. Lewis, che quel tarlo dell’ottavo titolo non se lo toglie dalla testa, decide di cambiare aria cogliendo di sorpresa anche Toto Wolff. La sua nuova destinazione è la Ferrari che, per accogliere l’inglese, sceglie di privarsi di Carlos Sainz e comunica, con un anno di anticipo, l’ingaggio del sette volte iridato. L’ultima stagione, nella quale Hamilton torna alla vittoria dopo un digiuno di due anni e mezzo, è quella dell’addio a Mercedes con cui ha vinto sei titoli e conquistato oltre 80 vittorie. Una stagione dai due volti, con spunti del giovane Lewis ma anche momenti di difficoltà palesi, non nascosti dallo stesso inglese.
Arriviamo ai giorni nostri e ad oggi in particolare. A 40 anni, Lewis si fa il regalo più bello per un pilota: correre per la Ferrari, il team per il quale tutti, si dice, vogliano vestire almeno una volta in carriera. Dodici anni dopo la scelta clamorosa (ma poi vincente) di accasarsi in Mercedes, una nuova svolta nella vita di Lewis, che dovrà anche affrontare un nuovo stile di vita in un nuovo paese. L’impresa è sicuramente ardua: Lewis ha dalla sua l’esperienza, il palmares, il carisma, l’essere accentratore. Di contro ci sono l’età, un 2024 non brillantissimo anche a detta sua, l’ambientamento necessario ed un compagno di squadra, Charles Leclerc, se non al livello di Max Verstappen molto vicino.
Sarà sicuramente un 2025 interessante per scoprire, fuori dai confini di casa, il peso di Lewis Hamilton. Intanto, auguri per gli anta, finalmente colorati di rosso e non di un grigio che, alla lunga, stanca.
Immagine di copertina: Media Mercedes
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