Altra prova incolore dell’australiano, che ora vanta soltanto 14 e 40 punti di vantaggio, rispettivamente, su Lando Norris e Max Verstappen
Domenica 31 agosto 2025, Zandvoort. Oscar Piastri ha appena tagliato il traguardo da vincitore del Gran Premio d’Olanda e, cosa più importante, ha incrementato a 34 punti il vantaggio in classifica sul compagno di squadra, Lando Norris, e a ben 104 sul campione in carica, Max Verstappen. Sono passati quasi due mesi da quel weekend e le cose, per l’australiano, sono decisamente cambiate in peggio. Il trionfo in terra olandese è stato l’ultimo prima di una serie di risultati negativi, a cui si è aggiunto il quinto posto portato a casa nel GP degli Stati Uniti 2025.
Una spirale nera per il classe 2001, il quale, appena rientrato dalla pausa estiva, era forte di una leadership in apparenza difficile da incrinare. Funziona così, quando tutto gira bene e non manca né la fiducia nel proprio mezzo, né quella nella propria squadra, né, soprattutto, quella in se stessi. Tre punti fondamentali sui quali Piastri, ultimamente, sembra aver perso certezze, ritrovandosi ora non più così tanto solo al comando e con una pressione nei suoi confronti che si è improvvisamente impennata.
Non potrebbe essere altrimenti, quando si parla di un Mondiale di F1. Troppo spesso, nel corso di questa stagione, la McLaren ha dato l’impressione di voler pensare più al mantenimento di un clima sereno all’interno del proprio box, piuttosto che a chi, degli inquilini di quel box, dovesse effettivamente andare a conquistare la corona iridata. Tutti problemi che ora si ripresentano alle porte di Woking, bussando con insistenza perché in attesa di una risposta definitiva. Al momento, però, sembra ancora più difficile trovarne una.
A tale incertezza, i risultati dell’ultimo periodo di Piastri hanno contribuito notevolmente. Partendo dal principio, è innegabile che il discussissimo ordine di squadra di Monza non abbia giovato all’australiano, comunque ubbidiente e non desideroso di creare tensioni all’interno del garage papaya. Da quel famoso team radio, però, il suo andamento ha iniziato a calare. Lo abbiamo visto nervoso, non più così fluido alla guida e incline all’errore come, fin qui, non lo era mai stato. I due botti di Baku, in qualifica e in gara, sono stati il primo vero segnale che qualcosa, per Oscar, stesse iniziando a cambiare.
Ne abbiamo avuto la conferma a Singapore, weekend dove Piastri è risultato poco incisivo da subito e che è terminato con le lamentele per la mancata penalità a Norris; colpevole, agli occhi del nativo di Melbourne, di averlo speronato troppo aggressivamente al primo giro. Come si diceva, però, questa è la F1. Questo è un mondo in cui nessuno regala nulla a nessuno e dove, se vuoi qualcosa, devi prendertela con la forza, non certo con le buone maniere. Ad Austin, poi, un nuovo blackout: prima l’incidente proprio con il compagno alla partenza della Sprint, che ha messo fuori gioco entrambi, poi una qualifica e un Gran Premio che si potrebbero tranquillamente definire da comparsa.
Sembra strano a dirlo, per qualcuno che, fino all’estate, era stato uno dei protagonisti indiscussi del Mondiale. Succede questo, quando il traguardo si avvicina e la posta in gioco si alza inesorabilmente, settimana dopo settimana. Quella calma e quella compostezza tanto lodate nei primi due terzi di stagione ora sembrano lontane. Piastri, ad oggi, non è neanche lontanamente parente con il pilota aggressivo, pulito e sicuro che abbiamo potuto ammirare fino all’Olanda. Qualcosa, certamente, è cambiato e chissà che proprio Monza, in questo senso, non abbia rappresentato un viatico potenzialmente decisivo.
Mancano soltanto cinque gare alla conclusione di un Mondiale di cui Piastri è ancora leader. Il vantaggio è certamente più risicato, visti i 14 e i 40 punti che l’australiano può vantare su Norris e Verstappen, e le chance che l’olandese possa rappresentare una minaccia anche più grande rispetto a quella del vicino di box si sono alzate drasticamente. Starà ora al classe 2001 dimostrare che le ultime uscite non sono lo specchio del suo essere pilota. Se vuole conquistare il primo titolo della sua carriera e riportare l’Australia sul tetto della F1 per la prima volta dopo 45 anni, Oscar dovrà tornare lo stesso di inizio stagione. Dovrà ritrovare calma e freddezza, per non rischiare di farsi sfuggire un sogno tanto a lungo accarezzato e che potrebbe essergli strappato da chi, fino a due mesi fa, si trovava da lui a distanza siderale.
Immagine di copertina: Media McLaren
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