F1 | GP Qatar 2025: Lusail, un mondo parallelo (ma non compatibile) alla Formula 1

Autore: Simone Casadei
Pubblicato il 2 Dicembre 2025 - 10:00
Tempo di lettura: 5 minuti
F1 | GP Qatar 2025: Lusail, un mondo parallelo (ma non compatibile) alla Formula 1
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Il tracciato qatariota, ancora una volta, ha mostrato tutti i propri limiti nell’ospitare una categoria come la F1, tra una gestione complicata degli pneumatici e scarse opportunità di sorpasso

Quando, nel 2021, il circuito di Lusail ha debuttato nella massima serie, in molti si sono chiesti se un tracciato simile, pensato in origine per le gare motociclistiche, potesse ben adattarsi anche ad un palcoscenico totalmente diverso come quello della F1. Ebbene, a quattro anni di distanza e con quattro eventi alle spalle, si potrebbe quasi essere certi della risposta ad una simile domanda. A seguito del GP del Qatar 2025, infatti, diversi sono i fattori che fanno presupporre che l’impianto mediorientale sia tutto fuorché in linea con le esigenze che il Circus richiede al giorno d’oggi.

Innanzitutto, da sottolineare, c’è una gestione degli pneumatici a dir poco complicata, che ha portato Pirelli, in due edizioni su quattro, ad imporre un limite di giri massimo per ogni copertura. Già nel 2023, al ritorno a Doha dopo un anno di assenza in calendario, l’azienda italiana si era accorta di quanto i cordoli del tracciato qatariota potessero essere pericolosi per le proprie mescole, portandole ad un’usura eccessiva che ne avrebbe causato, probabilmente, anche lo scoppio. Due anni più tardi, la situazione non è affatto cambiata, nonostante le modifiche apportate all’impianto, e abbiamo assistito nuovamente ad una corsa “falsata” da un obbligo imposto a tutte le squadre.

Se, per gestire il drastico calo delle gomme, l’unica opzione a disposizione degli organizzatori e del fornitore degli pneumatici risulta essere una limitazione sul loro utilizzo, è facile intuire come ci sia ben più di un problema alla base. A maggior ragione se, su 24 tappe stagionali, quella del Qatar è la sola nella quale si deve ricorrere a simili strategie. Strategie che, alla fine, non fanno che limitare l’ingegno dei muretti, perché diviene impossibile anche solo ipotizzare un piano diverso da quello di un rivale; un azzardo che, potenzialmente, può portare a guadagnare posizioni importanti.

Il secondo fattore da tenere in considerazione è, poi, l’enorme difficoltà nell’effettuare manovre di sorpasso. Ora, è risaputo quanto, nella F1 di oggi, le staccate al limite e le magie in curva siano praticamente ridotte al minimo. Monoposto dal peso esorbitante, nonché più lunghe e più larghe che mai, unite ad un’aerodinamica sempre più influente quando si insegue la vettura davanti a sé hanno fatto sì che, anche nei tracciati più accomodanti dal punto di vista dell’azione in pista, le gare si siano trasformati in interminabili processioni. È però giusto sottolineare come, seppur in numero minore, siano presenti in calendario impianti spettacolari ancora oggi, nei quali sono individuabili almeno due o tre punti in cui i piloti possono lasciarsi andare a mosse più azzardate, che portano spesso e volentieri a sorpassi dinnanzi ai quali si può soltanto alzarsi in piedi per applaudire.

Ebbene, tutto ciò, a Lusail, è impossibile. Non esiste una curva nella quale risulti anche soltanto fattibile buttarsi dentro in frenata, non c’è un tratto nel quale, nonostante una gomma di 15 giri più fresca e una vettura più rapida di sei decimi al giro, si possa pensare di allungare anche di poco la staccata per superare il rivale davanti a sé. Il DRS stesso, che spesso arriva in soccorso sui tracciati meno inclini ad offrire opportunità di manovra ai piloti, diviene irrilevante, non solo perché il suo utilizzo è stato limitato rispetto al passato – l’unica zona presente in Qatar è stata accorciata di 150 metri – ma anche perché la prima staccata, per conformazione, non incoraggia i sorpassi in nessuna delle due traiettorie disponibili.

Non all’interno, visto che si tratta di una curva a lunga percorrenza che, tra l’altro, vede la successiva girare dal lato opposto, non all’esterno, data la presenza di un tratto di ghiaia nel quale è facile ritrovarsi se l’avversario allarga di pochi centimetri la propria linea. Esclusa dunque l’unica frenata che segue una zona di DRS, tutte le altre risultano eccessivamente oltre il limite anche dell’azzardo. La carreggiata è stretta, le curve quasi sempre da percorrere a media/alta velocità, e le poche, vere staccate arrivano sempre dopo spezzoni di tracciato nei quali risulta complicato seguire la vettura davanti a causa dell’eccessiva aria sporca, derivante, appunto, dal restare incollati in una sezione da oltre 200 chilometri orari.

Proprio da queste ultime caratteristiche, troviamo il terzo fattore che limita l’azione a Doha: un tracciato che, per conformazione, riduce quasi a zero l’impatto che il pilota può avere rispetto alla prestazione della propria monoposto. La F1, negli anni, ha raggiunto fama e fascino grazie a circuiti in cui, ancora oggi, l’apporto umano risulta quasi alla pari, se non addirittura superiore, a quello del mezzo a sua disposizione. Piste come Suzuka, Imola, Montecarlo, ma anche le più moderne Jeddah e Austin, richiedono agli assi del volante di giocare ogni carta del proprio repertorio, per strappare quei millesimi necessari ad assicurarsi una Pole mozzafiato, di quelle che risultano persino più spettacolari della vittoria di una singola gara.

Tutto questo, in Qatar, non è rilevabile. Non è un caso che, dopo alcuni fine settimana non proprio semplicissimi, la McLaren, di gran lunga la miglior monoposto presente sull’intero schieramento, sia tornata a dominare dal punto di vista della performance, monopolizzando la prima fila al sabato ed esprimendo, in media, il passo più veloce del lotto la domenica. Nonostante una supremazia tecnica messa in bella mostra fin dall’esordio in Australia, è capitato che, in alcune trasferte, questo margine fosse messo in discussione da alcuni dei rivali, tra chi si è preso la scena il giorno della gara (Verstappen a Suzuka) e chi ha sferrato un colpo magico in qualifica (Leclerc in Ungheria e Russell a Singapore).

Insomma, ciò che ci portiamo dietro da questo GP del Qatar 2025 è qualcosa che, in fondo, già potevamo immaginare. Il tracciato di Lusail non si sposa minimamente con nessuna delle caratteristiche della F1 moderna, tra strategie pilotate in partenza a causa di cordoli eccessivamente nocivi per gli pneumatici e una pista che esalta più la bontà della monoposto che non il genio del pilota, passando per una presenza praticamente nulla di effettivi punti di sorpasso. Il contratto di Doha con la F1 scade tra 7 anni, nel 2032. E, nonostante il bassissimo tasso di spettacolarità offerto, è difficile ipotizzare che non possa essere ulteriormente rinnovato, grazie a doti, quelle sì, che pochi altri circuiti al mondo possono vantare. Doti che, però, hanno poco e nulla a che vedere con la vera essenza dello sport.

Immagine di copertina: Media McLaren

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