In Qatar la Ferrari è invisibile per tutto il weekend. Un risultato inaccettabile seppur a fine di una stagione disgraziata
Alla fine, l’unico che ne esce bene è sempre e solo Charles Leclerc. Dalla mediocrità nella quale la Ferrari è sprofondata nell’ultima parte di stagione, il GP del Qatar è il weekend principe di una situazione che appare incontrovertibile. Gli unici lampi sono quelli di un pilota, il monegasco, spinto dalla nobile passione per il rosso oltre i limiti di una monoposto lontana parente di quella dello scorso anno. Una vettura nata male, progredita peggio – alla faccia delle grandi aspettative tra inizio stagione ed aggiornamenti – che solo lui ha saputo portare, per lo più miracolosamente, più volte a podio in questa stagione disgraziata.
A Maranello non si può salvare nulla di questo anno tra squalifiche, esclusioni in Q1 e Q2, passi lontanissimi dalle monoposto di vertice e il continuo voler illudere di una situazione migliore di quella che la realtà rappresentava. È proprio questo che stona più di tutto, il totale distacco tra le parole e la realtà. Un anno di “potenziale da sbloccare” e “siamo comunque secondi nel mondiale Costruttori” davanti a tifosi che da 17 anni attendono il ritorno di un titolo mondiale. Nel 2024 si era arrivati vicini al Costruttori con una solidità in termini di piloti ormai conclamata.
Oltre a decidere un cambio di filosofia costruttiva all’ultimo anno di un ciclo regolamentare (il passaggio della sospensione anteriore da push a pull rod) si è anche scelto (o, per meglio dire, il Presidente John Elkann ha scelto) di cambiare line-up, liberandosi di Carlos Sainz per portare a Maranello Lewis Hamilton. Il quale, all’interno del macro-problema monoposto, ha aggiunto il suo personale problema di ambientamento e di una stagione irricevibile, che non ha fatto altro che peggiorare la situazione generale.
La SF-25 portata in pista a Lusail ha superato i rigidi requisiti di impresentabilità per il team più vincente della storia, con Leclerc costretto ai salti mortali per cavare i limiti della decenza rischiando di finire a muro anche dove i muri non ci sono. La svirgola in qualifica è indicativa, così come il volto del monegasco che non sa più come fare per nascondere un mood devastato davanti alle telecamere. Resta incredibilmente saldo il suo voler vincere con questo colore, ma il 2026 non può che essere l’ultimo anno per la Ferrari per dimostrare al suo ragazzo di poterlo assecondare nel suo sogno iridato. Andare avanti ancora significherebbe rovinarsi definitivamente la carriera.
Per quanto riguarda Lewis Hamilton non c’è molto da aggiungere a quanto detto nelle scorse settimane. I record che sta facendo segnare sono tutti negativi: gare senza podio dall’arrivo in Ferrari, esclusioni consecutive in Q1 e via dicendo. Un ruolino di marcia che non sarebbe sostenibile neanche per una seconda guida conclamata invece che per un sette volte campione del mondo, al quale evidentemente si deve continuare a dare fiducia in virtù di un trasferimento storico, uno stipendio stellare e un’aura intoccabile. Ora la speranza si chiama 2026, dove tutto cambierà come succede ormai ogni 5 anni.
C’è poi Fred Vasseur che, dal Qatar, si è scagliato contro le prescrizioni di Pirelli (“6 PSI in più”) come se queste fossero state dedicate solo alla Ferrari e non a tutti; con una sequenza di promesse di “potenziale da sbloccare” nel corso dell’anno che resteranno negli annali per inaffidabilità. Il tutto con Laurent Mekies che, in quattro mesi in Red Bull da Team Principal, si trova a quota cinque vittorie contro le sei del manager di Maranello, in seno al team da tre anni; per rimarcare quella lunga sequenza di persone che, passate dalla Rossa, sono poi andate altrove a riscuotere credito e, in diversi casi, successi.
Infine c’è il Presidente Elkann che, dalla sfuriata post Brasile, pensava di ottenere chissà quale svolta: la “monoposto migliorata” che ha visto solo lui, quella che (sempre secondo lui) doveva lottare nelle ultime gare per il secondo posto nel Costruttori, è ora matematicamente quarta; con un ambiente in crisi tanto e più di prima dopo parole evitabili e che hanno creato un imbarazzo non richiesto in un momento già difficile.
L’ultima gara del mondiale rappresenta, quanto meno, la speranza per chiudere questo anno maledetto con un mezzo sorriso. Almeno quello, i tifosi, se lo meriterebbero dopo una stagione iniziata su un palco e terminata in cantina.
Immagine di copertina: Media Ferrari
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