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F1 | GP Qatar 2023, la galleria degli orrori. Svenimenti, gomme, cordoli, Sprint nel deserto: quello che non ha funzionato a Lusail. Ovvero, tutto

di Alessandro Secchi
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Pubblicato il 9 Ottobre 2023 - 15:20
Tempo di lettura: 11 minuti
ARTICOLO DI ARCHIVIO
F1 | GP Qatar 2023, la galleria degli orrori. Svenimenti, gomme, cordoli, Sprint nel deserto: quello che non ha funzionato a Lusail. Ovvero, tutto
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Il GP Qatar 2023 verrà ricordato più per il suo grottesco svolgersi che per l’assegnazione del terzo titolo a Max Verstappen

Non c’è dubbio alcuno che il GP Qatar 2023 appena andato in archivio resterà nella storia ma non in positivo. Tutto quello che è successo a Lusail rappresenta esattamente tutto quello che dovrebbe essere evitato in un mondiale di F1 che si definisce “Pinnacle of Motorsport”. Il Circus, negli ultimi anni, riesce a collezionare almeno una figuraccia all’anno. Spa nel 2021, Suzuka nel 2022, in questo caso si è triplicato: dopo le follie australiane e la questione Track Limits in Austria, in Qatar le situazioni controverse sono state multiple. In ordine cronologico andiamo a rivedere tutto quello che è successo dal principio, in una escalation che poteva portare anche a problemi gravi.

Il Format Sprint nel deserto e con asfalto nuovo

Partiamo dal principio. Per inaugurare un nuovissimo contratto dal 2023 al 2032, il circuito di Lusail si è fatto il lifting. 350 milioni di euro di lavori stimati, nuove costruzioni dei box e Paddock, riasfaltatura completa e nuovi cordoli, in linea con gli standard FIA come sottolineato da Mario Isola, Motorsport Director di Pirelli, ai microfoni di SKY.

Il primo errore è stato quello di optare per il formato Sprint in un weekend completamente al buio. La F1 aveva corso in Qatar nel 2021, con la vecchia generazione di monoposto, un altro asfalto e un mese e mezzo dopo rispetto all’edizione 2023. Non c’era quindi nessun riferimento che potesse essere utile ai team al di là delle prove al simulatore, che non potevano comunque essere veritiere.

In aggiunta a questo, le piste desertiche possono avere un problema sconosciuto alle altre: la sabbia. Team e i piloti, quindi, si sono trovati ad affrontare una sola ora di prove libere venerdì prima di deliberare gli assetti con sabbia in pista, senza riferimenti e correndo ad un orario che niente aveva a che fare né con le qualifiche, né con la Sprint e tanto meno con la gara, specialmente in termini di temperature di asfalto e aria. Praticamente, una sessione inutile.

Si è quindi andati in qualifica venerdì sera improvvisando sotto tutti gli aspetti e qui ci si pone una prima domanda: quale può essere il senso, per un team di Formula 1, di spendere attorno ai 140 milioni di euro all’anno per competere in una categoria che porta ad inventare gli assetti per mancanza di prove in pista o per difficoltà create dal format? Ma andiamo avanti.

I Track Limits

Le qualifiche del venerdì sera, valide per la griglia della domenica, fanno emergere un altro problema che avevamo già incontrato in Austria, quello dei Track Limits in alcune curve, specialmente la 5. Sono 22 i tempi cancellati e, a farne le spese, sono un po’ tutti i piloti. Sainz se ne vede cancellare tre così come Norris. A Pèrez ne basta uno per restare escluso nel Q2 così come lo spagnolo della Ferrari. Le due McLaren vengono beccate quando Norris e Piastri sono già alle interviste e vengono retrocesse.

Nella Sprint Shootout, ancora più corta in termini di tempo, i crono cancellati sono addirittura 31. Tra gli altri, qui a farne le spese è Lewis Hamilton che resta fuori nella SQ2. Leclerc si vede cancellare 4 tempi di cui tre alla curva 5.

Una curva, la 5, dove andare troppo larghi in uscita significa più perdere tempo che altro, visto che la successiva curva 6 è opposta (a sinistra) e richiede una decisa frenata. Inserire un track limits qui pertanto poteva anche essere evitato.

Nella Sprint, corsa in regime di bandiera verde per la metà dei suoi giri totali, 19, a causa di tre Safety Car, vengono segnalati 23 track limits e il totale, prima della gara, sale a 76 in tre sessioni.

Nella gara di ieri vengono segnalate 51 infrazioni per un totale di 127 nel weekend. Sette per Gasly, sei per Pérez, cinque per Stroll e Albon e così via. Una strage che porta a 10 penalità di 5 secondi comminate nel corso del Gran Premio.

Si può discutere o meno sul fatto che alcuni piloti siano stati recidivi mentre altri non siano mai stati pizzicati. Resta il fatto che quello dei Track Limits è un problema / non problema. Prima di tutto viene gestito incoerentemente, perché non in tutte le piste vengono monitorate tutte le curve e, se da regolamento il limite della pista è la riga bianca, qualsiasi infrazione dovrebbe essere penalizzata, in qualsiasi pista, in qualsiasi momento. Non succede, pertanto le soluzioni sono due: monitorare tutto o non monitorare nulla. D’altronde i limiti se non sono quelli delle righe bianche, sono quelli fisici. Andare troppo larghi, ad un certo punto, non causa più un vantaggio sul cronometro.

Cordoli e gomme

Il sabato mattina di Lusail si tinge di giallo quando viene reso noto che Pirelli, dopo le analisi del venerdì, ha riscontrato dei danni agli pneumatici causati dai cordoli. Cordoli, come già citato, realizzati seguendo gli standard FIA come per altre piste. Il problema deriva dal fatto che quella del Qatar è una pista velocissima, con le monoposto che si appoggiano per molto tempo e ad alte velocità sui cordoli mandando carcassa e spalla in crisi.

I danni riscontrati (al microscopio, ha sottolineato Isola) consigliano a Pirelli e FIA di correre ai ripari nel corso del weekend. Le due curve ritenute più ostiche, la 12 e la 13, vengono modificate portando verso l’interno la riga bianca di 80 centimetri, stringendo quindi la traiettoria esterna. L’avviso però è chiaro: se il problema si ripresenta, si andrà verso 3 pit stop obbligatori in gara per non rischiare. Prima della Sprint Shootout di sabato pomeriggio vengono gentilmente concessi 10 minuti di prove libere extra ai piloti per provare la nuova traiettoria.

Il problema, evidentemente, non si risolve. Si arriva quindi alla decisione di imporre un limite di 18 giri per ogni set di gomme nel corso della gara che obbliga, di fatto, tutti i team a correre sulla base di tre pit stop, appiattendo la corsa e non permettendo strategie in linea con le peculiarità delle singole vetture.

Nei 57 giri totali non si riscontrano problemi agli pneumatici. Almeno da questo punto di vista la toppa funziona. Ma creerà un altro problema, ben più grave, oggetto del prossimo punto.

Nel 2021 si erano verificati problemi agli pneumatici nel corso della gara. Quella del Qatar è una pista molto veloce, lo si era già visto. Nella prima edizione le monoposto della vecchia generazione avevano un peso inferiore di circa 50 kg e, inoltre, montavano cerchi da 13″ con spalla decisamente più alta di quella attuale. Se già al tempo si erano verificati problemi, poteva essere immaginabile per gli addetti ai lavori che cordoli nuovi di zecca, con questa forma esterna “piramidale” e con punte di 50 mm, affrontati per molti metri ad alta velocità e in pieno carico laterale avrebbero potuto rappresentare un rischio concreto.

Ognuno dovrà tenere evidentemente conto delle proprie responsabilità in termini di comunicazione e prevenzione, visti i lavori svolti e la costruzione dei nuovi cordoli. Resta il fatto che il GP del Qatar di ieri è stato falsato dalla necessità di non rischiare delaminazioni, scoppi, perdite di pressione e via dicendo obbligando una strategia fissata e completamente sballata per previsioni e calcoli pre weekend.

Il rischio salute. Svenimenti e vomito in macchina: totalmente inaccettabile

Sargeant che si deve ritirare, Ocon che vomita in macchina dopo 15 giri, Russell e Norris che cercano disperatamente aria in pieno rettilineo, Alonso con le terga ustionate, Stroll che cerca aiuto da un’ambulanza appena sceso dalla macchina, Albon e Magnussen stremati, Leclerc che lascia andare il casco in curva per non forzare con il collo.

Nel 2022, per il mal di schiena di Lewis Hamilton a Baku, la FIA ha diramato una Direttiva Tecnica anti porpoising a tutti i team, anche quelli che il porpoising non l’hanno mai sofferto. Se dovessimo pensare ad un qualcosa di adeguato, a Lusail non si dovrebbe più correre.

Lando Norris ha dichiarato apertamente che alcuni piloti sono svenuti al centro medico per le condizioni atmosferiche allucinanti nelle quali si è corso il GP, con il 77% di umidità e 31/32° C nell’aria. Una specie di forno che ha portato allo stremo i piloti, unito al fatto che (e qui ci riallacciamo al problema dei tre pit stop) l’obbligo di completare stint corti ha condotto ad un ritmo più veloce del previsto, con 57 percorsi a pieno come se si fosse in qualifica su una pista velocissima e durissima sul fisico.

Una situazione intollerabile e non prevedibile quando si è deciso di optare per stint corti per evitare problemi con le gomme, poiché non verificabile a causa del format del weekend. La FP1 si è corsa sulla sabbia e con tempi sul giro lentissimi. Senza una FP2 (che si sarebbe corsa in orario gara) non è stato possibile provare i long run e la Sprint, di 19 giri, si è corsa per metà distanza sotto Safety Car. Se i piloti avessero avuto modo di provare un long run di diversi giri forse qualche avvisaglia ci sarebbe stata sebbene l’umidità al venerdì fosse al 54% e il sabato al 61%; ma il format Sprint, in ogni caso, non prevede il concetto di provare, il tutto in favore dello spettacolo e dell’imprevedibilità…

In tutto questo non ha aiutato l’anticipare di oltre un mese e mezzo la data dell’evento rispetto a due anni fa, con temperature più calde in generale. Vero è, da quello che abbiamo riscontrato, che in questo weekend particolare si è registrato un caldo record, ma tutte le premesse e le situazioni controverse dal venerdì in poi hanno contribuito ad un Gran Premio dove si sono messe a rischio in modo inaccettabile la sicurezza e la salute dei piloti. E per una Formula 1 che si è sempre vantata delle sue battaglie in nome della sicurezza, tutto questo è inaccettabile.

Il titolo assegnato da una Sprint

Nell’elenco questo dettaglio resta all’ultimo posto in termini di importanza, sovrastato da quanto di più grave è successo nel corso del weekend. Il titolo mondiale di Formula 1 assegnato in una sessione che non è una gara è un record ma anche il simbolo della F1 odierna, presa da una fame chimica di gare e “spettacolo” che poi, come abbiamo visto, spesso si ritorce contro. Sotto un certo punto di vista, però, Verstappen può essere felice di aver chiuso la pratica il prima possibile.

In conclusione

In Qatar è andata in scena una vera e propria galleria degli orrori. Lo sfarzo di Lusail e delle sue mega infrastrutture, del suo Paddock illuminato e futuristico si è scontrato con un lato sportivo imbarazzante e con la sensazione netta che, al giorno d’oggi, a chi gestisce la Formula 1 interessi quasi più la prima parte della seconda. Va da sé che, in tutto quello che è successo, l’organizzazione del Qatar ha ben poche colpe. Il clima è questo, la sabbia nel deserto c’è sempre stata e quindi non si scoprono adesso certe peculiarità.

Eventualmente resta da capire da cosa dipenda la volontà di fissare o meno la Sprint in un evento, se da una richiesta dell’organizzatore o una valutazione della F1 stessa. Indipendentemente da questo, però, fissare una Sprint in un circuito desertico appena riasfaltato è un autogol come pochi. Se già il format promuove di suo il caos per la mancanza di prove, portarlo scientemente in una situazione del genere non poteva che aggravare le cose e questo era ampiamente prevedibile pur senza essere degli addetti ai lavori da decenni.

Tutto quello che è successo successivamente è in parte conseguenza del format. Con tre ore di libere invece di una ci sarebbe stato più tempo e più giri da analizzare per quanto riguarda le gomme e anche le condizioni atmosferiche. Ridisegnare due curve è servito a poco visto che, comunque, si è poi optato per un limite di giri. Paradossalmente si sarebbero dovute ridisegnare tutte.

L’obbligo di massimo 18 passaggi ha portato ad una gara falsata: chi come Sergio Pérez è partito con le dure dalla pitlane (dopo che la sua Red Bull è stata sfondata da Ocon durante la Sprint, con penalità poi per la gara vera) non le ha potute sfruttare come in uno stint normale, costretto ad usarle per pochi chilometri e con giri di Safety Car in mezzo. Le strategie si sono dovute basare più sullo stare attenti a rientrare al giro giusto che sul marcare gli avversari e, anche questo, ha reso la gara sportivamente inutile e senza spunti di interesse vero, oltre che a tratti incomprensibile.

Sui Track Limits serve una riflessione seria. Perché se è vero che ci sono piloti più diligenti di altri, avere coscienza di dove si mettono le gomme dalle attuali monoposto al centimetro è francamente impossibile e diverse infrazioni, viste al rallentatore, gridano vendetta. Basta sedersi in una monoposto e provare solo a vedere fuori per capire che così non può funzionare.

Per il 2024 il GP del Qatar è previsto nuovamente a fine novembre, come due anni fa. Questo dovrebbe scongiurare le temperature intollerabili di questo weekend e i rischi per la salute. Restano aperti tutti gli altri punti, quello relativo al format e ai problemi tra gomme e cordoli. Indipendentemente da chi dovrà assumersi responsabilità o meno, c’è un anno di tempo per sistemare molte cose con la speranza che, una volta ogni tanto, si pensi più allo sport e meno allo spettacolo. Perché, con questa storia dello spettacolo, la corda è già stata riattaccata diverse volte negli ultimi anni.

Immagine: Media Red Bull


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