F1 | GP Monaco, i problemi non riguardano il circuito. Auto e pretesa di spettacolo a tutti i costi i veri colpevoli

Autore: Alessandro Secchi
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Pubblicato il 27 Maggio 2025 - 18:00
Tempo di lettura: 6 minuti
F1 | GP Monaco, i problemi non riguardano il circuito. Auto e pretesa di spettacolo a tutti i costi i veri colpevoli
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Il tracciato del Principato maggior indiziato per la noia. Le due soste un fallimento, ma cosa si può fare?

Ogni anno, a Montecarlo, è sempre la stessa storia. In condizioni normali, le gare sono e sono quasi sempre state noiose (a meno di una vittoria della Ferrari nel nostro paese) e il risentimento per una corsa ormai definita superata è sempre più alto. La F1 odierna, quella dell’intrattenimento, non può permettersi gare come queste e, quindi, cerca il modo per ravvivarle. L’esperimento delle due soste obbligatorie è stato un fiasco, ma allora cosa si può fare? Cerchiamo di capire lo stato attuale delle cose, i riferimenti del passato e cosa si può (o meno) cambiare in futuro.

La percezione

Con un pubblico ormai assuefatto da anni alla logica delle piste-autostrada, con rettilinei chilometrici multicorsia e DRS a supporto, è quasi normale che Montecarlo venga vista come un qualcosa di anacronistico, inutile e non funzionale alla narrazione che si vuole dare alla F1 in quanto “piattaforma di intrattenimento”. È cambiata la percezione stessa della F1, d’altronde. I cinque giri finali di Monaco 1992, con Ayrton Senna ad allargare i gomiti per non lasciar passare Nigel Mansell, vengono ricordati dopo 33 anni e altre azioni simili, per lo stesso motivo (l’impossibilità di superare) sono oggi condannate. Qual è la verità? Sono troppo romanzate le scene di allora o si sta esagerando adesso?

Probabilmente la verità sta nel mezzo, ma è indubbio che al pubblico odierno sia necessario offrire spettacolo anche a costo di renderlo finto e che, il concetto stesso di spettacolo, oggi sia completamente deturpato. Chi ricorda quel duello del 1992 lo tiene caro nei ricordi ma, per chi si è avvicinato da poco alla F1, scene del genere sono inaccettabili.

Cosa non funziona a Monaco?

E se vi dicessimo che non c’è niente che non funziona con la pista in sé? Sono ormai oltre vent’anni che la conformazione del tracciato non viene modificata e le ultime variazioni, in ordine temporale, hanno riguardato la zona delle chicane della piscina e della Rascasse. Diamo, quindi, per assodato che la sede stradale non si è ristretta con il tempo.

Guardate, invece, l’immagine di copertina riproposta qui sopra. In vent’anni le monoposto sono cresciute di quasi un metro in lunghezza, di 20 centimetri in larghezza e di 200 kg di peso. La larghezza è la misura più contestata, ma non è diversa da quanto avuto tra 1993 e 1997 ed è anche inferiore a quanto visto in anni precedenti. A rendere ostico, per le monoposto attuali, girare a Montecarlo è la combinazione tra lunghezza e peso. Il passo allungato e il peso molto più sostenuto rendono più difficile sterzare agilmente nelle curve lente, partendo dal Mirabeau fino al Portier e passando per chicane del porto, seconda della piscina, Rascasse ed Anthony Noghes.

Il problema di Monaco, quindi, non ha a che fare con la pista in sé ma con quello che ci gira sopra. Ovviamente, la F1 ha poi altri problemi riguardanti la difficoltà di superare e di stare in scia; ma questi sono argomenti che si ripetono dalla notte dei tempi e che nessun regolamento può migliorare. Tecnici ed ingegneri non lavorano di certo per regalare flussi d’aria vantaggiosi a chi segue, d’altronde.

Il vero problema è la pretesa di spettacolo

Non sarebbe corretto nemmeno sentenziare che, ai tempi delle monoposto veramente “agili”, le gare a Montecarlo fossero divertenti. Ma è la stortura del concetto odierno di spettacolo a pretendere che lo siano, e non solo nel Principato. Il GP di Monaco, soprattutto in qualifica ma anche in gara, è una sfida soprattutto con se stessi più che con gli altri piloti. Rappresenta tutti i concetti essenziali della F1 in quanto a concentrazione, precisione, ricerca del millimetro tra i muretti e resistenza. Quello di Montecarlo è il GP che più di tutti mantiene il legame con un passato che sappiamo essere sempre più in bilico; non è un caso che sia tra i circuiti apprezzati tra i piloti quando si parla di giro secco.

È poi evidente che se, per motivi di strategia, i piloti stessi vengono costretti ad un ritmo da crociera girando quattro, cinque secondi più lenti di quanto potrebbero fare, la gara diventa un trenino in cui nessuno si prende dei rischi e, per i motivi di cui sopra, il sorpasso diventa impossibile, finendo così per assistere ad eventi come quello appena passato.

Perché si continua a correre a Montecarlo?

Per rimanere nel calendario iridato, il circuito del Principato ha dovuto già abbandonare alcune delle sue tradizioni negli ultimi anni. Al di là della fee da pagare per poter ospitare il Gran Premio, Montecarlo ha dovuto allinearsi agli altri GP per quanto riguarda il format, spostando le prove libere solitamente effettuate al giovedì al venerdì. Inoltre, la cartellonistica pubblicitaria che, solitamente, a Monaco vedeva sponsor in gran parte diversi rispetto al resto del mondiale, ora è quasi completamente a disposizione della FOM. Stessa cosa per la produzione televisiva, non più locale ma gestita da F1.

Resta il nodo pista ma, come abbiamo visto, i problemi in realtà non sono imputabili al circuito. Il perché si continui a correre a Monaco è presto detto: come sopra, nel Principato hanno ceduto alle richieste di Liberty Media per continuare ad ospitare il GP e il fascino del weekend in sé, che conta tantissimi eventi collaterali di livello per VIP e personaggi facoltosi, ha ancora il suo perché. E sappiamo bene – Miami e Las Vegas ne sono un esempio – come il contorno conti moltissimo. Forse anche più di quello che succede in pista.

Qual è, quindi, la soluzione?

Alex Wurx ha proposto alcune modifiche al tracciato per far sì che ci siano più opportunità di sorpasso, come portare più avanti di circa 80 metri la chicane del porto, rendere la Rascasse una sorta di curva ad un solo apice ed eliminare la prima parte del cordolo interno al tornantino della vecchia stazione. Modifiche eventualmente valutabili, del cui risultato non c’è certezza e che non cambiano la sostanza della questione. Pretendere sorpassi a Montecarlo è come pretendere che non ce ne siano a Baku con più di 2 km di rettilineo.

Una soluzione è sicuramente quella di lavorare sulle monoposto. Con il regolamento 2026 potrebbe esserci un lieve miglioramento ma non aspettiamoci miracoli, perché saremo comunque ben lontani dai valori pre 2009, soprattutto per peso e lunghezza. E, se guardiamo a F2 e F3, la situazione non è molto diversa. Sicuramente, rimpicciolire le monoposto è comunque meglio che lavorare sul tracciato, inventando modifiche che non hanno garanzia di ottenere il risultato sperato. Un altro tema è quello delle gomme, che richiedono troppa gestione e non permettono ormai più di spingere per un intero stint. Anche questo contribuisce a quella percentuale di comfort che rende la guida meno forzata.

La soluzione definitiva, insomma, non esiste, se non quella di comprendere l’unicità di Montecarlo nel panorama del campionato. La realtà, semmai, è che Montecarlo mette in risalto non tanto i problemi ma le pretese di spettacolo a tutti i costi. Da questo nascono gli artifici come quello delle doppie soste obbligatorie che rischiano solo, com’è esattamente successo, di aggravare la situazione.

Attendiamo quindi l’edizione 2026, in attesa di capire se l’esperimento del doppio pit verrà rimosso o rimodulato per arrivare all’obiettivo spettacolo. Sempre sperando di non assistere ad un’altra gara pesantemente condizionata.

Immagine di copertina: Media Red Bull

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